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Atassia di Friedreich. Una ‘sfida’ fra specialisti evidenzia luci e ombre nella gestione dei pazienti 


Dai primi sintomi come la scoliosi alla gestione della presa in carico dei pazienti, l’iniziativa ha coinvolto cardiologi, ortopedici, fisiatri e neurologi, sottoponendo un questionario riguardando un ‘caso clinico’ tipo. Il commento degli esperti.

20 DIC -

L'Atassia di Friedreich (AF) è una malattia genetica autosomica recessiva, rara e neurodegenerativa. A causa di questa patologia il sistema nervoso e altri organi, come il cuore e il pancreas, entrano in sofferenza a causa di un cattivo funzionamento del metabolismo cellulare, che determina una diminuzione nella produzione di energia e un patologico accumulo di ferro all’interno delle cellule. Come spiega l’Istituto superiore di sanità, gli organi danneggiati da questo processo smettono, quindi, di funzionare in modo corretto, determinando i sintomi atassici – che sono legati all’equilibrio, al movimento dei muscoli del corpo, degli occhi, e dell’articolazione della parola – e, in molti casi, insufficienza cardiaca e diabete.

L’atassia di Friedreich è progressiva, i suoi sintomi tendono cioè a diventare più gravi nel corso del tempo. In generale la severità dei sintomi può variare molto da un paziente all’altro. I primi sintomi compaiono generalmente durante l'infanzia o la prima adolescenza e comprendono la progressiva perdita di coordinazione, debolezza muscolare, problemi alla vista, all'udito, difficoltà nell’articolazione verbale e nella deglutizione, patologie cardiache, diabete e scoliosi. La AF è associata a ridotta aspettativa di vita e molti pazienti necessitano di ausili per la deambulazione ed, entro 10-20 anni dalla diagnosi, dell’utilizzo di una sedia a rotelle. Un quadro clinico complesso, quindi, che richiede una presa in carico multidisciplinare e coinvolge oltre al neurologo, altri specialisti tra cui il cardiologo, l’ortopedico e il fisiatra.


Per analizzare il livello di awareness fra neurologi, cardiologi, ortopedici e fisiatri relativi a questa patologia e per individuare criticità legate alla diagnosi e alla presa in carico dei pazienti con AF, Sics-Homnya con il contributo non condizionante di Biogen ha dato vita a una ‘sfida’ che ha coinvolto 1.200 specialisti presenti all’interno della community di WelfareLink. Ai medici è stato sottoposto per via telematica un caso clinico e rivolte domande sulle scelte da intraprendere per arrivare alla corretta diagnosi di Atassia di Friedreich. Le risposte raccolte rappresentano un utile strumento di riflessione per chi intercetta questi pazienti, i loro sintomi, e ha la possibilità di farli arrivare velocemente a una diagnosi, per intraprendere il percorso terapeutico più adatto alle loro esigenze.

“L’atassia di Friedreich è una patologia ben nota al mondo della neurologia e della neuropediatria – afferma Carlo Casali, professore associato di Neurologia presso la Sapienza Università di Roma, commentando i risultati del progetto - ma molto meno in altri ambiti, nonostante sia una patologia che coinvolge altri sistemi oltre a quello neurologico. Soprattutto all'inizio, i sintomi che per primi si manifestano nella forma tipica della malattia, cioè quella infantile, vengono all'osservazione di specialisti che non sono neurologi e neuropediatri. Sotto questo profilo ho trovato molto interessante la risposta ai quesiti su come comportarsi sia di colleghi ortopedici che di colleghi fisiatri ai quali venga indirizzato un bambino intorno ai 10 anni con una scoliosi iniziale. Ora, la scoliosi di solito è la manifestazione che per prima porta i bambini con l’atassia di Friedreich all’attenzione medica. È tutto sommato ben noto che già nelle fasi iniziali di malattia esiste un lieve disturbo della deambulazione. Solo che questo disturbo sotto forma di instabilità, di perdita di equilibrio lieve, all'inizio si manifesta nella corsa o in attività motorie un po' più intensive, e può essere attribuito alla stessa scoliosi. Quindi, di fatto, è la scoliosi il primo sintomo che viene notato dal pediatra di base, ma anche nella scuola e dalla famiglia. La cosa che mi ha molto colpito è che sia per quanto riguarda gli ortopedici che per quanto riguarda i fisiatri, c’è poca conoscenza su un elemento fondamentale: che la scoliosi idiopatica possa essere sintomo di un'altra malattia. Peraltro ci sono anche altre malattie neurologiche di interesse anche neuropediatrico, per esempio alcune forme di distrofia muscolare, dove è presente un'alterazione della curvatura della colonna. Questo fatto è poco conosciuto, quindi la maggior parte dei colleghi mi sembra che si siano espressi senza porsi il problema che la scoliosi possa essere sintomo di un'altra malattia, chiedendo in alcuni casi abbastanza rilevanti altri accertamenti, anche se in effetti poi non è noto se questo voglia dire che il collega si è posto il problema di una forma di scoliosi sintomatica. Credo quindi che l'obiettivo principale per migliorare la conoscenza e soprattutto la diagnosi precoce almeno in un ambiente ortopedico e anche fisiatrico, sia la diffusione della conoscenza che le scoliosi possono essere sintomatiche di altre malattie, in primis dell’atassia di Friedreich”.

Arrivare a una diagnosi in tempi brevi consente un risparmio di tempo e risorse da parte delle famiglie. “Il bambino con atassia di Friedreich – prosegue l’esperto – oltre a scoliosi può presentare altri sintomi, segni clinici, per esempio la riflessia, il piede cavo e il disturbo dell'equilibrio, che permettono un rapido inquadramento, risparmiando alla famiglia un periodo di tempo, a volte abbastanza lungo, tra l'inizio della valutazione medica in questo caso ortopedica o fisiatrica e la diagnosi definitiva, che è molto impegnativa, con una prognosi molto importante. La diagnosi dovrebbe essere il più possibile precoce per fare in modo che la famiglia e il paziente si adattino a questa diagnosi, senza aver avuto delle delusioni diagnostiche e aver investito magari su attività fisica, corsetti o numerose visite. In questo mi è sembrato abbastanza diverso l'atteggiamento dei colleghi cardiologi, dove effettivamente la conoscenza del fatto che le cardiomiopatie sono patologie che richiedono degli approfondimenti sia di tipo genetico, ma anche consulenze di diverso tipo, anche la conoscenza della atassia di Friedreich mi sembra più diffusa. In ultimo è evidente che nella comunità dei neurologi la conoscenza della malattia sembra essere piuttosto diffusa, anche se paradossalmente la popolazione di neurologi riconosce la natura atassica del disturbo, ma poi può avere difficoltà nel rendersi conto di quale specifica forma di atassia è quella che sta vedendo, perché ne esistono moltissime. Iniziative come questa comunque concorrono alla diffusione della conoscenza e sono dunque molto positive”.

“L’atassia di Friedreich rappresenta la forma di atassia autosomico-recessiva in assoluto più frequente in Italia e anche in gran parte d'Europa – ricorda Francesco Saccà, professore di Neurologia all’Università Federico II di Napoli - e la sfida più importante è sicuramente diagnosticare la malattia in tempo e avviare i pazienti alla forma migliore possibile di terapia, che fino a qualche anno fa era puramente sintomatica, mentre oggi con le novità terapeutiche che abbiamo a disposizione lo scenario è cambiato. Atassia significa disturbo della coordinazione, ed esordisce generalmente in adolescenza. Abbiamo anche forme ad esordio tardivo, fino a 50-60 anni di età, ma rappresentano ovviamente la minor parte dei pazienti. Oltre all'instabilità posturale, la cosa importante nell’atassia è che già sin dalle prime fasi di malattia si può presentare sotto forma di scoliosi, oppure sotto forma di cardiopatia ipertrofica. Ed ecco quindi che il cardiologo entra in gioco. Quindi il motivo principale per cui altre figure devono conoscere gli aspetti clinici è perché possono indirizzare il paziente sin dall'inizio a un neurologo esperto in atassia di Friedreich. Da qui nasce la sfida” che è stata sottoposta a ortopedici, fisiatri, cardiologi e neurologi.

“Devo dire la verità – evidenzia l’esperto – e cioè che nella comunità dei medici che hanno risposto a questa sfida, il numero di risposte corrette è stato davvero sorprendente, perché un paziente giovane che si presenta con scoliosi ovviamente non deve destare in alcuna maniera un sospetto di atassia di Friedreich, a meno che questa scoliosi non va ad associarsi ad altri sintomi, quali per esempio l'instabilità posturale, oppure la disartria, difficoltà nel parlare, oppure una dismetria, quindi difficoltà nel coordinare i movimenti. Allora a quel punto, e devo dire che una fetta molto grande di specialisti ortopedici e anche fisiatri ha risposto correttamente, si indirizza il paziente, una volta che si sono presentati questi altri sintomi accessori, ad un neurologo specialista in atassia. E lo stesso potremmo anche dire sul versante cardiologico: in questo caso il quiz sottoposto alla popolazione di cardiologi è stato leggermente diverso perché si parlava di un paziente con ipertrofia del setto interventricolare in un ecocardiogramma effettuato per un motivo non specifico, quindi non patologico, ma per un'idoneità sportiva. La presenza di ipertrofia del setto non giustificata da altre patologie cardiologiche soprattutto in un bambino di 10-12 anni non è una cosa normale: i cardiologi interpellati hanno deciso in gran parte di indirizzare il paziente dal neurologo, ma non subito, quindi non nel momento in cui il paziente aveva solamente un'ipertrofia. In quel momento lì paziente rimane ancora, secondo la popolazione di cardiologi intervistati, un paziente cardiologico. Ma quando presentava poi anche sintomi neurologici, a quel punto il paziente diventava un paziente neurologico. Quello che possiamo capire da queste interviste è che è vero che da un lato questi sintomi si legano alla malattia, ma abbiamo bisogno di identificarli correttamente e di associarli a qualcos'altro di neurologico. Interessante anche la parte dei neurologi: la parte dei neurologi che si occupa di atassia di Friedreich è limitata rispetto al totale. E allora il neurologo nel momento in cui identifica alcuni sintomi, quali possono essere l'instabilità posturale, la disartria, soprattutto in una determinata fascia d'età, quella adolescenziale, allora diventa lo specialista più importante nell'indirizzare il paziente al neurologo esperto in atassia”.

Le sfide future sono “sicuramente quello di individuare dei percorsi all'interno del proprio territorio, della propria regione, o a livello macro-regionale, qualora non fossero presenti degli specialisti in atassia, ai quali indirizzare i pazienti. Quindi di fronte a un sospetto di atassia perché c'è una scoliosi e un disturbo dell'equilibrio, occorre identificare subito un percorso, indicando chi può essere lo specialista neurologo esperto in atassia e dove eventualmente effettuare un test genetico. Vale per il cardiologo, e per il neurologo non specialista in atassia: bisogna sapere identificare per ogni regione un centro di riferimento. Ovviamente da qui si può immaginare nel futuro di sviluppare dei percorsi diagnostici e terapeutici individualizzati regione per regione che vadano a tracciare tutti i passaggi obbligati prima di arrivare alla diagnosi. In futuro avremo sempre più novità terapeutiche per le atassie in generale, così come per tantissime altre malattie rare in neurologia. Quindi l'obiettivo oggi è diagnosi precoce e affidamento precoce a un centro specializzato in atassia di Friedreich”.



20 dicembre 2024
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