Lettere al Direttore
I medici di famiglia stanno scomparendo. E non è una buona notizia per i cittadini
di Ornella MancinGentile direttore,
i medici di famiglia stanno scomparendo affossati da una campagna mediatica denigratoria senza precedenti, subissati da una burocrazia che non demorde, impoveriti da costi di gestione sempre più alti a fronte di stipendi sempre uguali da anni , travolti dal burnout per un lavoro denigrato e insoddisfacente che ha ridotto al lumicino la vita privata.
I numeri parlano chiaro : mancano attualmente più di 4000 medici di famiglia ( dati del Ministero della salute) e si calcola che nei prossimi anni ,a causa dei pensionamenti previsti, 15 milioni di italiani rischiano di restare senza mmg ( Qs 24 gennaio ) dal momento che i giovani medici che scelgono questa professione sono sempre meno e lo confermano i dati dell’ultimo concorso che dicono che il 40% delle borse messe a disposizione per il corso di formazione rimane non coperto (dichiarazione di Scotti segretario Fimmg)
La professione non è più attrattiva: il mmg fa sempre più fatica a fare il medico, compresso tra le richieste inappropriate dei pazienti e le spinte economiciste delle Asl, la burocrazia che erode sempre di più il tempo destinato alla clinica e una vita privata orami ridotta all’osso.
In tutto questo risultano un po' patetiche sia le dichiarazioni del dr. Scotti segretario nazionale Fimmg che lamenta l’aumento dei posti in specialità e l’abbandono delle cure primarie (“Non è vero che non ci sono medici, il problema è che l’Italia sta formando una marea di specialisti …, ma l’offerta specialistica si può immaginare di presentarla come cura primaria? Alla fine, le cure primarie scompariranno”), sia gli appelli del ministro Schillaci ai medici di famiglia perché aiutino a ridurre gli accessi al Ps, dopo che un ministro del governo di cui fa parte qualche anno fa aveva decretato l’inutilità dei medici di famiglia (“chi va più dal medico di famiglia?”).
Il declino della figura del medico di famiglia e la perdita d’appeal di questa professione ha radici lontane e trovano ragione in una incapacità della politica e della governance della professione di riconoscere la necessità di avviare già in passato dei cambiamenti strutturali capaci di rinnovare in profondità la medicina territoriale.
La politica a un certo punto ha addirittura ritenuto di poter fare senza i mmg, non ha investito nel territorio dopo aver chiuso ospedali e ridotto al minimo i posti letto, ha rovesciato sui medici di famiglia ogni forma di incombenze e di burocrazia soffocando il lavoro clinico in una montagna di carte. Fare il medico di famiglia oggi vuol dire accollarsi un lavoro in gran parte amministrativo-burocratico. Siamo stati ridotti a impiegati della Regione (deriva che personalmente denunciai già nel 2017 -QS del 6 gennaio- quando in Veneto si cercò di introdurre l’ennesima incombenza burocratica nota come l’oltre Cup, con la compiacenza della Fimmg).
Dal canto suo la Fnomceo, che ha l’obbligo di vegliare sulla professione, non ha saputo portare a termine il lavoro di rinnovamento annunciato dal presidente Anelli all’inizio del suo mandato, quel cambio di passo che doveva rappresentare lo snodo essenziale per ridare valore alla professione. La “questione medica” posta al centro del programma del primo mandato di Anelli ha avuto un primo interesse con gli Stati generali ma poi è stata abbandonata. Lo svilimento della professione che si voleva combattere, l’autonomia e l’indipendenza della professione che si voleva recuperare, la lotta alla medicina “amministrata” … tutto questo è stato lasciato languire fino ad essere dimenticato. Oggi fare il medico di famiglia vuol dire sottostare ai diktat della Regione che esige riduzione della spesa sanitaria, che controlla ogni singola prescrizione di farmaci o di visite specialistiche e che di fatto impedisce l’esercizio autonomo della professione. Oggi curare in scienza e coscienza è diventato anacronistico con il beneplacito degli Ordini professionali.
Non certo immune da responsabilità è la Fimmg che, come sindacato maggioritario, ha guidato la medicina di famiglia in tutti questi anni, portandola passo dopo passo ai risultati attuali. Fra le responsabilità maggiori di questo sindacato a mio avviso, ci sono quelle di aver voluto mantenere il corso di formazione di medicina generale senza permettere che diventasse un corso di specializzazione: corso che ha sempre meno iscritti perché pagato meno, perché non ha una valenza universitaria e perché ha perso attualmente ogni valore formativo visto che è stato consentita l’assunzione già al primo anno di iscrizione senza alcuna preparazione specifica. A questa si aggiunge il fatto che la Fimmg ha osteggiato in tutti i modi ogni forma possibile di cambiamento del contratto di lavoro difendendo a spada tratta il rapporto fiduciario e la Convenzione che negli anni è stata sempre più stravolta e trasformata in una dipendenza mascherata senza i benefici della dipendenza. Chi vorrebbe mai lavorare subendo ricatti dal paziente e gli ordini dalle Asl e senza neanche avere il vantaggio di ferie e malattia? Chi ha voglia di imbarcarsi in un lavoro dove non è neanche possibile organizzarsi le ferie perché non hai chi possa sostituirti?
L’immobilismo della nostra governance, l’arroccarsi di un certo sindacalismo su posizione desuete e l’ignavia della politica hanno decretato la fine della medicina di famiglia.
Al ministro Giorgetti che qualche anno fa annunciava l’inutilità del mmg proclamando alla sua platea: “Chi va più da medico di famiglia?” possiamo ora rispondere: “E chi più vuole fare il medico di famiglia?”.
Il cerchio si è chiuso, una certa politica ha vinto; non so però con quali vantaggi per i cittadini.
Ornella Mancin