Le attuali terapie per il tumore della prostata hanno come target il testosterone, di cui le cellule tumorali necessitano per crescere. Spesso, però, il tumore della prostata diventa resistente a questi trattamenti, lasciando ai medici poche opzioni per bloccarne la progressione.
Come altri tumori, le cellule tumorali di questa neoplasia hanno bisogno di molti nutrienti – gli aminoacidi – per far crescere rapidamente la massa. Man mano che gli aminoacidi si esauriscono, la proteina GCN2 segnala alle cellule di produrre più “carburante” per la crescita.
Un team di ricerca della Indiana University School of Medicine – guidato da Kirk Staschke – in uno studio su modello animale ha inibito l’espressione della proteina GCN2 . Tuttavia non tutto è andato come auspicato. “Inibire GCN2 ha rallentato la crescita delle cellule tumorali, ma non le ha uccise. È stato allora che abbiamo scoperto che il cancro ha un piano B”, spiega Staschke.
Il piano B
Il piano B, secondo il team di ricerca, è rappresentato dalla proteina p53, che è presente nella maggior parte delle forme tumorali alla prostata, con il compito di limitare la divisione cellulare e raccogliere i nutrienti. Il tumore della prostata, dunque, potrebbe essere efficacemente neutralizzato inibendo sia GCN2 che p53. “Nello studio abbiamo sfruttato i tipici punti deboli metabolici del cancro alla prostata, per privarlo di nutrienti essenziali e uccidere le cellule tumorali”, conclude Staschke.
Fonte: Science Signaling 2024
https://www.science.org/doi/10.1126/scisignal.adp1375