È stata pubblicata lo scorso 16 dicembre la sentenza con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha respinto il ricorso dell’associazione ‘Cuori Liberi’ e delle altre associazioni di protezione animale che chiedevano un risarcimento per l’abbattimento dei maiali detenuti nel “santuario” di Zinasco.
E’ quanto comunica in una nota la FNOVI. I fatti risalgono al 2023 quando la Polizia fu costretta ad intervenire, in tenuta antisommossa, per dare la possibilità agli operatori dell’Ats di Pavia di dare esecuzione all’ordinanza che, essendo stato riscontrato un focolaio di peste suina africana (PSA), aveva disposto l’abbattimento, sotto controllo ufficiale, di tutti i suini del rifugio, con distruzione delle carcasse, pulizia e disinfezione dei locali. L’ATS aveva altresì disposto il sequestro del presidio.
La vicenda aveva sollecitato reazioni all’interno della categoria veterinaria e anche FNOVI aveva assunto una presa di posizione a tutela dei Veterinari ufficiali. Nel respingere la domanda risarcitoria dedotta in giudizio dai ricorrenti, il TAR ha ritenuto che l’operato delle amministrazioni coinvolte nel giudizio, in primis dell’ATS di Pavia, che ha ordinato l’abbattimento dei suini presenti nello stabilimento, non è passibile di censura.
Dopo aver ricordato che la disciplina del controllo e dell’eradicazione della peste suina africana (PSA) è contenuta nel regolamento 2016/429/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, contenente la “normativa in materia di sanità animale”, nonché nel regolamento della Commissione europea 2020/687/UE, “che integra il regolamento (UE) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme relative alla prevenzione e al controllo di determinate malattie elencate”, il TAR ha dichiarato che – contrariamente a quanto sostenuto - le norme applicabili non recano un elenco alternativo, bensì cumulativo, delle azioni da intraprendere a fronte di un focolaio (di PSA) e annoverano, in primis, l’abbattimento “quanto prima” di “tutti gli animali” della specie interessata dalla malattia presenti nello “stabilimento colpito”.
Per il TAR la soppressione dei capi non era una opzione facoltativa, bensì era imposta dalla stessa normativa europea, quale prima misura da attuare all’interno del presidio in cui si è manifestata la malattia e le alternative per evitare la soppressione degli animali (ai sensi dell’art. 12, par. 4, e dell’art. 13 del regolamento 2020/687/UE) non erano applicabili al caso in esame.
“Pur laddove vi fossero stati dei margini di apprezzamento relativi alle misure da intraprendere – si legge ancora nella sentenza - l’abbattimento immediato non si sarebbe rivelato esorbitante dal canone della ragionevolezza e della proporzionalità, tenuto conto della notoria capacità di diffusione del virus, della sua aggressività per gli animali che lo contraggono e dell’assenza di cure, nonché della primaria esigenza di eradicare, il prima possibile, i focolai in essere, in modo da evitare che la PSA si espanda al di fuori degli stabilimenti colpiti, compromettendo sia la salute pubblica sia il benessere degli altri animali presenti nella zona sia le attività zootecniche presenti nel circondario”.
Gli originari ricorrenti hanno già annunciata la volontà di ricorrere dinanzi al Consiglio di Stato. La decisione del TAR ha confermato la correttezza dell’operato delle autorità competenti che si sono trovate di fronte a una situazione di emergenza sanitaria animale e hanno adottato le misure necessarie per tutelare la salute del patrimonio suino nazionale.
“La PSA, infatti, rappresenta una grave minaccia per l’intero settore suinicolo, con potenziali impatti economici e sociali devastanti” e FNOVI ritiene che ”la prevenzione resti l’arma più efficace per contrastarne la diffusione. È fondamentale continuare a investire in attività di biosicurezza nelle aziende, serve rafforzare i controlli e promuovere campagne informative rivolte agli allevatori e ai cittadini”.