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Liste di attesa: non bisogna trattarle come fossero un reato

di Claudio Maria Maffei

18 GIU -

Gentile direttore,
il Decreto sulle liste di attesa appena approvato e presentato e commentato qui su Qs è una espressione di una (in)cultura di governo della sanità che continuo a definire populista. Una (in)cultura in cui si tende alla ipersemplificazione e alla ricerca di soluzioni semplici e popolari e per questo inefficaci. Il Decreto è stato fatto uscire in un periodo elettorale ed è stato venduto dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, come si può leggere in alcune dichiarazioni riportate qui su Qs, come l’ennesima promessa mantenuta.

Vale la pena di ricordare ancora una volta come la lunghezza delle liste di attesa sia un sintomo di un problema complesso e per sua natura gestibile, ma non risolvibile. Le liste di attesa (che dobbiamo ricordare ancora una volta non sono solo quelle delle prestazioni ambulatoriali, come colpevolmente le considera il Decreto) sono una espressione di uno squilibrio di sistema che occorre continuamente ricomporre tra una domanda non governata e una risposta inadeguata e mal organizzata dentro un quadro, oggi, di grande debolezza strutturale del Ssn. Niente di tutto questo si ritrova nel Decreto che invece è pieno di passaggi che dimostrano la visione delle liste di attesa come una sorta di reato da perseguire con misure straordinarie che un Governo forte ha finalmente deciso di adottare. Ecco le misure previste dal Decreto che vanno nella direzione dei maggiori controlli e del rafforzamento delle pene:

Questa idea di puntare sulle sanzioni è stata immediatamente fatta propria dalla Regione Sicilia che, abbiamo letto ieri su Qs, ha previsto per i nuovi Direttori Generali “obiettivi specifici e concreti legati in particolare alla riduzione delle liste d’attesa, con un monitoraggio trimestrale e una verifica annuale del raggiungimento degli stessi, pena la decadenza automatica anche dopo il primo anno dall’insediamento.”

Per il resto il Decreto presenta poche vere novità e molte inutili e a volte addirittura irritanti ripetizioni di misure in atto da anni (vedi gli artt. 3e 4 sulla gestione delle agende e sull’aumento della offerta) nonostante il richiamo iniziale alla “straordinaria necessità e urgenza di definire misure volte a garantire la tempestiva attuazione di un programma straordinario per la riduzione delle liste di attesa per le prestazioni sanitarie, al fine di superare le criticità connesse all’accessibilità e alla fruibilità delle prestazioni e garantire l’erogazione dei servizi entro tempi appropriati, rispetto alla patologia e alle necessità di cura”. A questa straordinarietà del problema corrisponde l’assoluta ordinarietà delle misure adottate.

L’idea di un maggior controllo e monitoraggio sulle Regioni del livello centrale sarebbe buona, anzi doverosa. Ma questo controllo con la maggioranza delle Regioni governate dal centro-destra non si farà e faranno la fine di quelli previsti, ma non fatti o fatti in modo random, sulla applicazione del DM 70 e del Piano Nazionale della Cronicità. Del resto che senso ha monitorare le liste di attesa se non si monitorano i processi fortemente collegati del riordino delle reti ospedaliere e della presa in carico della cronicità? Il mancato riordino delle reti ospedaliere sottrae importanti risorse alla offerta ambulatoriale e la mancata operatività dei percorsi di presa in carico della cronicità trasferiscono un carico insopportabile sulle liste di attesa gestite dai CUP. Ma occuparsene è più difficile, meno “notiziabile” e soprattutto fa mettere il naso sulle Regioni “amiche” (del Governo, non dei cittadini). E quindi meglio fare la voce grossa con i medici che prescrivono troppo e fanno troppa attività libero-professionale e con i Direttori Generali chiamati a gestire reti assistenziali illogiche cui la politica non vuole mettere mano.

Claudio Maria Maffei

Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche



18 giugno 2024
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