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La crisi del Ssn: un test di Rorschach in cui ognuno vede qualcosa di diverso

di Claudio Maria Maffei

14 GIU -

Gentile direttore,
mi ha colpito la lettura del Documento pubblicato pochi giorni fa su Qs del Gruppo di Studio per la Salute del Futuro. Questo Documento parte dal cosiddetto appello o Manifesto “degli scienziati” pubblicato su Scienza in Rete (d’ora in poi” “il Manifesto”) e ricolloca i dieci punti in cui esso si articola in una nuova visione d’assieme che parte da due criticità di fondo definite come “le cause reali della crisi del nostro Ssn”, l’aziendalizzazione e la privatizzazione. Due processi che, si dice nel Documento del Gruppo di Studio per la Salute del Futuro (d’ora in poi “il Documento”), sono alla base del modello di sanità italiano e di cui però non si ravvisa traccia nel Manifesto degli Scienziati.

Il Documento del Gruppo di Studio per la Salute del Futuro merita di essere letto (e riletto) con attenzione, cosa che personalmente ho fatto ricavandone una impressione che provo a condividere: tutte le analisi delle criticità del Ssn che tendono ad essere “complete” e quindi in qualche modo “esaustive” non riescono a esserlo, pur se ricche e in larga misura condivisibili, e tendono a riflettere il significato che quella crisi ha nella esperienza di chi fa quella analisi. Insomma, la crisi del Ssn può essere vista come un test di Rorschach in cui ognuno vede qualcosa di diverso in base al proprio vissuto di, nel caso dei redattori del Documento, studiosi e operatori della sanità.

Provo a spiegarmi con un esempio. Il primo punto dei dieci presi in considerazione dal Manifesto che il Documento rilegge criticamente è quello della edilizia sanitaria, di cui il Manifesto dice che non risulta credibile che una sua soluzione possa avere a che fare con la minor tutela delle persone sempre più abbandonate a sé stesse e più fragili a causa di quel modello di sanità che l’aziendalizzazione e la privatizzazione definiscono. Trovo questa posizione del Documento profondamente e pericolosamente sbagliata, almeno per quello che riguarda il mio vissuto, quello di “studioso” (le virgolette nel mio caso sono d’obbligo) e operatore della sanità con una specifica esperienza di programmazione e gestione (e quindi analisi) della sanità pubblica delle Marche, una sanità pubblica in cui si esprime in una versione “in purezza” la sanità populista dell’attuale Governo. In questa sanità i programmi di edilizia sanitaria svolgono un ruolo centrale nello sbarrare l’accesso alle cure delle persone che il Documento pone al centro della propria analisi e della propria proposta.

Chi ha il “mio” vissuto sa che in due passi un programma di edilizia sanitaria esercita, come sta appunto, succedendo nelle Marche un effetto deleterio sui livelli di tutela della salute dei cittadini: sposta ancora di più l’equilibrio ospedale/territorio a favore dell’ospedale e sottrae di fatto risorse ai servizi territoriali (sia distrettuali che di prevenzione) che nel modello di sanità che il Documento persegue dovrebbero svolgere un ruolo centrale. Altra cosa di cui il Documento non tiene conto è che un programma di edilizia sanitaria “sbagliato” ingessa in modo duraturo il sistema sanitario in una struttura dell’offerta sbagliata e vincolante e che allo stesso tempo è un programma capace di garantire un successo elettorale altrimenti impensabile. L’andamento delle elezioni europee di pochi giorni fa nelle Marche lo dimostra in modo esemplare: in un piccolo Comune di meno di 6.000 abitanti un progetto di adeguamento dell’Ospedale ha portato a prendere quasi il 50% dei voti al Partito dell’attuale Assessore ai Lavori Pubblici della Regione Marche (Fratelli d’Italia) che quel progetto l’ha imposto e finanziato con quasi 40 milioni di euro provenienti in gran parte da fondi europei. Un progetto che non rispetta le norme tanto quanto porta voti.

Questo “mio “vissuto, che ho esposto con uno dei tanti possibili esempi, dimostra, o meglio suggerisce, che il Documento offre un punto di vista certamente utile e stimolante, ma anche potenzialmente fuorviante nel momento in cui identifica come unici grandi, o comunque principali, responsabili della crisi del Ssn la aziendalizzazione e la privatizzazione. Nella sanità populista del centrodestra che io vivo nella sua espressione in purezza l’aziendalizzazione e la privatizzazione trovano pochissimo spazio: le Direzioni Generali sono sostanzialmente prive di autonomia e i privati a parole sono addirittura osteggiati.

Messaggio da portare a casa: la crisi del Ssn ha molte facce e molte cause e il tentativo di darne una lettura complessa nei metodi, ma semplificata nelle conclusioni, con pochi nemici chiari (anche se veri, come la privatizzazione non governata) tende involontariamente ad assomigliare all’approccio populista alla sanità che io ho conosciuto e vivo ogni giorno nelle Marche. Qui il successo elettorale è stato garantito dalla lotta a due problemi inesistenti o sopravvalutati, gli ospedali unici provinciali e l’Azienda Sanitaria Unica Regionale. A livello nazionale contributi importanti e autorevoli come il Documento e il Manifesto hanno bisogno di essere integrati in modo da arrivare a disegnare una analisi e a formulare una proposta capaci di tener conto di altri “nemici” tra cui il populismo locale favorito dalla assenza (o complicità) del livello centrale, che sono i due elementi che mi balzano subito agli occhi nel mio personale test di Rorschach sulla crisi del Ssn.

Claudio Maria Maffei

Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche



14 giugno 2024
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