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Potenziare gli Enti intermedi per l’efficienza, l’appropriatezza e il governo delle liste d’attesa

di Antonio Salvatore 

17 GIU - Gentile direttore,
da circa trent’anni quasi tutte le Regioni d’Italia si sono dotate di strutture a supporto degli enti del SSN. Sono i c.d. “enti intermedi”, fortemente eterogenei quanto a natura giuridica, autonomia e funzioni, collocati comunemente tra i Dipartimenti regionali della salute e gli enti del SSR.

In base ad un recente studio condotto da Agenas, nel 2022, si contano in Italia 32 enti intermedi in 16 Regioni diverse, con funzioni e responsabilità notevolmente cresciute nel corso del tempo. Si va da Holding regionali, alle Tecnostrutture, alle Centrali di servizio e finanche ai Network aziendali.

L’ente intermedio più diffuso è la Centrale di servizio, e la scelta della sua configurazione dipende in gran parte dalle specificità dei sistemi sanitari regionali. Inoltre, in alcune Regioni, sono presenti più enti intermedi, come in Lombardia, Piemonte, Veneto e in Emilia – Romagna. In ciascuna di queste regioni è comunque presente almeno una Centrale di servizio.

Tuttavia l’ampiezza delle funzioni attribuite alle Centrali di servizio varia da regione a regione. La “centralizzazione degli acquisti” e lo “sviluppo dei sistemi ICT” rappresentano le funzioni attribuite a quasi tutte le Centrali di servizio attualmente costituite. Tali funzioni sono presenti in tutte e sei le holding regionali che si occupano anche di valutazione HTA, di logistica e di sistemi informativi.

Alle cinque Tecnostrutture, invece, sono affidate perlopiù funzioni di supporto tecnico-scientifico alla programmazione regionale ed al controllo epidemiologico.

Notevoli sono i benefici conseguiti dai sistemi sanitari regionali grazie alla preziosa attività svolta dagli enti intermedi. In Campania, ad esempio, la centralizzazione dei pagamenti su SORESA Spa ha consentito di ridurre drasticamente i tempi di pagamento portandoli a poco più di 20 giorni.

Insomma, gli enti intermedi hanno un ruolo fondamentale nell’ambito dei sistemi sanitari regionali, e lo avranno ancora di più con l’implementazione dei servizi assistenziali territoriali.

A parere di chi scrive, una delle aree di miglioramento potrebbe essere costituita dal potenziamento delle funzioni attribuite a tali enti in materia di CUP, FSE e di attività di controllo e vigilanza anche in ordine ai criteri di efficienza e di appropriatezza nella erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sul corretto funzionamento del sistema di gestione e di governo delle liste d’attesa.

A tal riguardo, giova ricordare che il DL 7 giugno 2024 n. 73 (il Decreto) prevede, tra l’altro, la istituzione, presso il Ministero della Salute, di un Organismo di verifica e controllo dell’assistenza sanitaria erogata dagli operatori pubblici e dai privati accreditati.

Tuttavia, analizzando la relazione tecnica posta a sostegno del Decreto, emerge che il fabbisogno di spesa per il personale aggiuntivo previsto per l’operatività dell’Organismo ascende – a regime – a circa 2,7 mln di euro l’anno, inclusi i costi dei concorsi pubblici per il reclutamento del personale.

Ciò induce fondatamente a ritenere che l’assetto organizzativo di tale Organismo potrebbe essere inadeguato rispetto all’ampia platea dei soggetti da verificare, rendendo parzialmente efficace la sua istituzione e la conseguente attività ispettiva.

Antonio Salvatore
Direttore del Dipartimento Salute di ANCI Campania
Vicepresidente della Fondazione Triassi per il management sanitario

17 giugno 2024
© Riproduzione riservata

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