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Piani di rientro. Action Institute: "Tagliano la spesa ma anche i servizi. Ecco le nostre proposte"


Rivedere la struttura dei Piani, investire in capacità manageriali adeguate, ridisegnare la governance ed istituire una Bad Bank per onorare i crediti scaduti dei fornitori. Queste le quattro aree di intervento contenute nella proposta operativa dell'istituto. Nelle 8 Regioni in Piano di rientro vive il 47% della popolazione italiana.

13 DIC - In Italia, 29 milioni di cittadini (il 47% del totale) sono residenti nelle 8 Regioni in Piano di Rientro (PdR), ossia nelle Regioni che tra il 2007 e il 2010 hanno stipulato un accordo che prevede un piano di riorganizzazione, riqualificazione e potenziamento del Servizio Sanitario Regionale. Ad oltre 6 anni di distanza, Action Institute ne valuta l’efficacia e, nel Policy Brief Sanità, come spezzare il circolo vizioso, lancia realizza una proposta operativa articolata in quattro aree di intervento per migliorarne l’attuale configurazione.
 
Secondo l'istituto (che si definisce un “Action Tank” indipendente ed apolitico, presieduta da Carlotta De Franceschi, e di cui fanno parte, tra gli altri, Paolo De Santis, bisogna partire da una constatazione fattuale: i PdR, così come impostati e gestiti dalla loro nascita, non stanno funzionando come dovrebbero.
 
"Infatti - si legge nel documento - nonostante il successo dal punto di vista del contenimento contabile della spesa: le Regioni ad essi sottoposte non riescono a essere adempienti in termini di garanzia dei Lea; su 10 Regioni entrate in PdR (Puglia, Piemonte, Sicilia, Lazio, Campania, Molise, Abruzzo, Lazio, Sardegna, Liguria), 8 non ne sono mai uscite (Puglia, Piemonte, Sicilia, Lazio, Campania, Molise, Abruzzo, Lazio), e 5 vi permangono da più di 6 anni (Abruzzo, Campania, Molise, Sicilia, Sardegna); il processo di ristrutturazione industriale che avrebbe dovuto ridurre i costi diretti di produzione e riorganizzare l’erogazione dei servizi langue".

A questa constatazione si aggiunge la convinzione che nelle condizioni attuali le ridotte risorse a disposizione si traducano in minori prestazioni senza che ciò porti ad un aumento dell’appropriatezza. Tutto ciò, sottolinea l'Action Institute, "produce degli effetti perversi, come ben evidenziato dall’ampliamento della forbice dei risultati di salute, tra Regioni in Piano di Rientro e non".
 
La nota identifica quattro cause principali di questa situazione, in particolare: una struttura tipicamente centrata su misure di immediata applicazione e non su chiari obiettivi di performance sanitaria; una governance che presenta un soft consequence management per i vertici politici, tecnici e responsabili di controllo; limitate capacità manageriali; un debito pregresso nei confronti dei fornitori che accumula interessi di mora straordinari, fissati a livello comunitario, e che appesantiscono la situazione finanziaria corrente.
 
In linea con questa diagnosi, il Gruppo di Lavoro Sanità di Action Institute ha realizzato una proposta per ciascuna delle quattro aree di miglioramento. In particolare, la nota suggerisce:
- Revisione della struttura dei Piani stessi, con obiettivi chiari in termini di risultati di salute, soddisfazione dei pazienti, protezione finanziaria (con attenzione quindi agli effetti di impoverimento sulle famiglie) e di contributo alla competitività del Paese.
- Investimento in capacità manageriali adeguate, con un modello alla francese.
- Ridisegno della governance: che includa la performance sanitaria tra le cause dell’entrata in PdR, che definisca forti ripercussioni sui responsabili istituzionali che abbiano portato la Regione al PdR e che presenti una modalità di gestione della fase emergenziale improntata ad un profonda ristrutturazione industriale.
- Istituzione di una Bad Bank per saldare i crediti scaduti dei fornitori, contestualmente ad un piano di ristrutturazione finanziaria per tali debiti.
 
L’impatto di quest’ultima operazione di 24 miliardi, a tanto ammontano i crediti sanitari pregressi nelle Regioni in PdR per il 2011, secondo quanto scritto nel paper permetterebbe ai fornitori di essere pagati subito ed in un’unica soluzione. "Ciò darebbe respiro all’economia reale ed agirebbe a sostegno dell’occupazione. Inoltre permetterebbe di risparmiare cifre importanti sugli interessi di mora (che maturano all’8,25% l’anno) e darebbe un importante segnale di trasparenza ai mercati finanziari, con effetti positivi sullo spread". 

13 dicembre 2013
© Riproduzione riservata


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