Dispositivi medici. Lombardia leader per numero di imprese. Qui il 49% del fatturato italiano
Il Rapporto di Assobiomedica con Assolombarda e Regione. Boggio: “Un settore da volorizzare”. Bifulco: “Defiscalizzare investimenti in ricerca”. Melazzini: “Lavorare in squadra”. La massima concentrazione di imprese nella provincia di Milano.
12 DIC - La Lombardia è la prima regione italiana per numero di imprese di dispositivi medici, grazie alle sue oltre 800 imprese, 30mila dipendenti e il 49% del fatturato nazionale. La conferma arriva dal rapporto “Produzione, ricerca e innovazione nel settore dei dispositivi medici in Lombardia”, elaborato dal Centro studi di Assobiomedica con Assolombarda e la regione Lombardia e presentato a Milano.
La provincia meneghina è l'area a maggior concentrazione, con oltre il 61% delle imprese lombarde e quasi l'80% del fatturato prodotto nella regione. Seguono le province di Monza e Brianza (8,6%), Brescia (6,4%), Bergamo (6,1%) e Varese (4,8%). Tuttavia, se per numero di imprese queste province sono sostanzialmente pari tra loro, per fatturato prodotto spicca invece quella di Monza, con il 9,4% del totale regionale, contro poco più del 2% di Brescia, Bergamo e Varese.
La Lombardia annovera per la maggior parte, come avviene a livello nazionale, imprese di micro o piccole dimensioni, e aziende di dimensioni medio-grande in proporzione superiore alla media nazionale. In particolare c'è una notevole presenza di multinazionali del settore, controllate da capitali esteri per il 76% in tutta la regione. Ad arricchire poi il tessuto produttivo lombardo c'è anche una forte componente di imprese di produzione per conto terzi, che rappresentano il 25% del totale, contro il 17% osservato complessivamente in Italia. I comparti maggiori, per numero di imprese produttrici, sono il biomedicale e il biomedicale strumentale, anche se a livello regionale e provinciale, risulta superiore alla media la presenza di imprese produttrici di dispositivi medici a base di sostanze farmaceutiche, cosmetiche, alimentari ed elettromedicali diagnostici.
''Si tratta di un tessuto industriale - commenta
Luigi Boggio, vicepresidente di Assobiomedica - che va valorizzato, perché produce innovazione tecnologica e contribuisce all'eccellenza del Paese''. Per
Rosario Bifulco, consigliere di Assolombarda per competitività territoriale, ambiente ed energia, ''la Lombardia è l'ecosistema ideale per lo sviluppo del settore biomedicale. Dovremo spingere perché si investa a livello regionale e nazionale. Ci sono vari strumenti utili, ma quello fondamentale è la defiscalizzazione delle spese per la ricerca, visto che i soldi sono pochi. Bisogna selezionare i settori su cui investire e i soggetti a cui elargire i finanziamenti. Inoltre servirebbero incubatori specializzati di imprese per le start up''.
Numeri molto significativi, li ha definiti l'assessore alle Attività produttive,
Mario Melazzini, “che noi vogliamo non solo mantenere, ma incrementare in termini di qualità e innovazione. Per fare questo occorre abbattere alcune barriere culturali, agire in maniera non frammentata e lavorare in squadra. Così facendo, sono certo che potremo far sì che gli investimenti in ricerca, innovazione e sviluppo passino dall'1,6% al 3% del Pil in 5 anni, come prevede il nostro programma di governo”.
Spostando lo sguardo dal panorama lombardo a quello nazionale, è emerso poi che sul fronte dei crediti vantati dalle imprese del settore biomedicale verso asl e pubbliche amministrazioni, la situazione è migliorata, ma si è ancora lontani dall'essere soddisfatti.
''Il 2013 è stato un anno positivo tutto sommato – precisa Boggio - perché si è passati dai 300 giorni del 2012 entro cui le imprese erano pagate, a 220 giorni rilevati a ottobre 2013. I crediti vantati dalle imprese ammontano ora a 4 miliardi di euro, contro i 6 miliardi precedenti''. Un miglioramento da ascrivere, secondo Boggio, sia ''agli stanziamenti del Governo, sia alla pressione fatta dalle aziende e la 'sensibilità' portata nelle regioni''. Tuttavia l'emergenza non è certo finita e gli imprenditori sono preoccupati da un nuovo fattore: ''i crediti freschi di quest'anno, che avrebbero dovuto essere pagati entro 60 giorni - continua - come previsto dalla legge, non sono mai stati pagati in questi termini. Solo il Trentino l'ha fatto, ma lo faceva già da prima, mentre la Lombardia continua a rimanere sui 90 giorni. Nessuno quindi sta applicando la legge''.
La preoccupazione delle imprese è che, finita l'ondata di finanziamenti che ha consentito agli enti pubblici di pagare una parte dei crediti, ''il monte credito riprenderà ad aumentare - conclude Boggio - Aspettiamo i nuovi finanziamenti, che dovrebbero arrivare all'inizio del 2014 e darci un po' di respiro. Ma, anche se la situazione è migliorata, siamo ancora lontani dall'obiettivo''.
A.L.
12 dicembre 2013
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