La Fondazione GIMBE ha presentato oggi presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica il 6° Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN): "I princìpi fondanti del SSN, universalità, uguaglianza, equità – ha esordito il Presidente Nino Cartabellotta – sono stati traditi. Oggi sono ben altre le parole chiave che definiscono un SSN ormai al capolinea e condizionano la vita quotidiana delle persone, in particolare delle fasce socio-economiche meno abbienti: interminabili tempi di attesa, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, inaccettabili diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria, aumento della spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure".
"Considerato che il progressivo indebolimento del SSN dura da oltre 15 anni, perpetrato da parte di tutti i Governi – ha affondato Cartabellotta – non è più tempo di utilizzare il fragile terreno della sanità e i disagi della popolazione per sterili rivendicazioni politiche su chi ha sottratto più risorse al SSN. Perché stiamo inesorabilmente scivolando da un Servizio Sanitario Nazionale fondato sulla tutela di un diritto costituzionale a 21 sistemi sanitari regionali regolati dalle leggi del libero mercato. Con una frattura strutturale Nord-Sud che sta per essere normativamente legittimata dall’autonomia differenziata".
Complessivamente, rispetto alla media dei paesi europei, nel periodo 2010-2022 la spesa sanitaria pubblica italiana è stata inferiore di $ 363 miliardi (pari a € 345 miliardi). E, per colmare il divario pro-capite con la media dei paesi europei attestato nel 2022 ($ 873, pari a € 829), al 2030 si stima un incremento totale di $ 122 miliardi (pari a € 115,9 miliardi), ovvero a partire dal 2023 un finanziamento costante di $ 15,25 miliardi, pari a € 14,49 miliardi per anno. "Se queste cifre da un lato sono palesemente irraggiungibili per la nostra finanza pubblica – ha commentato Cartabellotta – dall’altro forniscono la dimensione di quanto tutti i Governi abbiano utilizzato la spesa sanitaria come un bancomat, dirottando le risorse su altre priorità mirate a soddisfare il proprio elettorato. Considerando sempre la spesa sanitaria come un costo e mai come un investimento e ignorando che la salute e il benessere della popolazione condizionano la crescita del PIL".
LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA. L’obiettivo dichiarato di “continuo aggiornamento dei LEA, con proposta di esclusione di prestazioni, servizi o attività divenuti obsoleti e di inclusione di prestazioni innovative ed efficaci, al fine di mantenere allineati i LEA all’evoluzione delle conoscenze scientifiche” non è mai stato raggiunto. Il ritardo di oltre 6 anni e mezzo nell’approvazione del Decreto Tariffe ha reso impossibile sia ratificare i 29 aggiornamenti proposti dalla Commissione LEA, sia l’esigibilità delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di protesica inserite nei “nuovi LEA”. Queste ultime, ha spiegato il Presidente «nonostante la pubblicazione del DM Tariffe il 4 agosto 2023, rimarranno ancora in stand-by sino al 1° gennaio 2024 per la specialistica ambulatoriale e al 1° aprile 2024 per l’assistenza protesica». La sezione sul monitoraggio dei LEA analizza in dettaglio l’adempimento al mantenimento dei LEA, effettuata con la “griglia LEA” per il periodo 2010-2019 e tramite il Nuovo Sistema di Garanzia per gli anni 2020-2021. Tutte le analisi confermano una vera e propria “frattura strutturale” tra Nord e Sud: negli adempimenti cumulativi 2010-2019 nessuna Regione meridionale si posiziona tra le prime 10. Nel 2020 l’unica Regione del sud tra le 11 adempienti è la Puglia; nel 2021 delle 14 adempienti solo 3 sono del Sud: Abruzzo, Puglia e Basilicata. Sia nel 2020 che nel 2021 le Regioni meridionali sono ultime tra quelle adempienti. Il focus sulla mobilità sanitaria documenta che i flussi economici scorrono prevalentemente da Sud a Nord: in particolare nel 2020, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto “cubano” complessivamente il 94,1% del saldo di mobilità attiva.
REGIONALISMO DIFFERENZIATO. La “frattura strutturale” tra Nord e Sud compromette l’equità di accesso ai servizi sanitari e gli esiti di salute e alimenta un imponente flusso di mobilità sanitaria dalle Regioni meridionali a quelle settentrionali. Di conseguenza, l’attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificare le diseguaglianze registrate già con la semplice competenza concorrente in tema di tutela della salute. "Ecco perché – ha ribadito Cartabellotta – in audizione presso la 1a Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica abbiamo proposto di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie, perché l’autonomia differenziata in sanità legittimerebbe normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute".
PERSONALE DIPENDENTE. "Le fonti disponibili – spiega Cartabellotta – non permettono di analizzare in maniera univoca, sistematica e aggiornata la reale “forza lavoro” del SSN impegnata nell’erogazione dei LEA. Inoltre, i dati relativi al 2021 verosimilmente sottostimano la carenza di personale, in conseguenza di licenziamenti volontari e pensionamenti anticipati negli anni 2022-2023. Ancora, le differenze regionali sono molto rilevanti, in particolare per il personale infermieristico, maggiormente sacrificato nelle Regioni in Piano di rientro. Infine, i benchmark internazionali relativi a medici e infermieri collocano il nostro Paese poco sopra la media OCSE per i medici e molto al di sotto per il personale infermieristico, restituendo di conseguenza un rapporto infermieri/medici tra i più bassi d’Europa".
Medici. Nel 2021 sono 124.506 i medici che lavorano nelle strutture sanitarie: 102.491 dipendenti del SSN e 22.015 dipendenti delle strutture equiparate al SSN. La media nazionale è di 2,11 medici per 1.000 abitanti, con un range che varia dagli 1,84 di Campania e Veneto a 2,56 della Toscana con un gap del 39,1%. L’Italia si colloca sopra la media OCSE (4,1 vs 3,7 medici per 1.000 abitanti), ma con un gap un rilevante tra i medici attivi e quelli in quota al SSN.
Infermieri. Nel 2021 sono 298.597 gli infermieri che lavorano nelle strutture sanitarie: 264.768 dipendenti del SSN e 33.829 dipendenti delle strutture equiparate al SSN. La media nazionale è di 5,06 per 1.000 abitanti, con un range che varia dai 3,59 della Campania ai 6,72 del Friuli Venezia Giulia con un gap dell’87,2%. L’Italia si colloca ben al di sotto della media OCSE (6,2 vs 9,9 per 1.000 abitanti).
Rapporto infermieri/medici. Nel 2021 il rapporto nazionale infermieri/medici tra il personale dipendente è di 2,4, con un range che varia dagli 1,83 della Sicilia ai 3,3 della Provincia autonoma di Bolzano, con un gap dell’80,3%. Fatta eccezione per il Molise, le Regioni in Piano di rientro si trovano tutte sotto la media nazionale, dimostrando che le restrizioni di personale hanno colpito più il personale infermieristico che quello medico. L’Italia si colloca molto al di sotto della media OCSE (1,5 vs 2,7) per rapporto infermieri/medici, in Europa davanti solo a Spagna (1,4) e Lettonia (1,2).
PNRR MISSIONE SALUTE
Criticità di implementazione. Sono in larga parte relative alla riorganizzazione prevista dal DM 77/2022: dalle differenze regionali (modelli organizzativi dell’assistenza territoriale, dotazione iniziale di case di comunità e ospedali di comunità, percentuale di over 65 in assistenza domiciliare nel 2019, attuazione del fascicolo sanitario elettronico) al fabbisogno di personale per il potenziamento dell’assistenza territoriale; dalle modalità di coinvolgimento di medici e pediatri di famiglia alla carenza di personale infermieristico; dagli ostacoli all’attuazione della telemedicina al carico amministrativo di Regioni e Aziende sanitarie.
Stato di attuazione. I target europei sono stati tutti raggiunti entro le scadenze fissate. Dei target italiani, che rappresentano scadenze intermedie, relativi al 2023 sono state differite le scadenze per 1 milestone e 7 target. Rispetto allo stato di avanzamento sulle strutture da realizzare, secondo il monitoraggio Agenas al 30 giugno 2023 sono funzionalmente attive 187/1.430 Case di Comunità, 77/611 Centrali Operative Territoriali e 76/434 Ospedali di Comunità. "Complessivamente – ha commentato il Presidente – il monitoraggio conferma il netto ritardo delle Regioni del Sud".
Proposte di rimodulazione. Vengono sintetizzate e valutate le proposte di rimodulazione del PNRR presentate il 27 luglio 2023 alla Commissione Europea (attualmente non ancora ratificate) in ragione dell’aumento dei costi dell’investimento e/o dei tempi di attuazione oltre che dei ritardi nelle forniture e delle difficoltà legate all’approvvigionamento di materie prime. Complessivamente si propone di espungere 414 Case di Comunità, 76 Centrali Operative Territoriali, 96 ospedali di Comunità e 22 interventi di anti-sismica. Vengono anche richiesti tre differimenti temporali delle scadenze: 6 mesi per le Centrali Operative Territoriali, 12 mesi per il target delle persone assistite in ADI con strumenti di telemedicina e per l’ammodernamento parco tecnologico e digitale ospedaliero. "Le analisi effettuate sulle proposte di rimodulazione – ha commentato Cartabellotta – rilevano alcune criticità: in particolare sembra poco realistica la possibilità di finanziare le strutture espunte con i fondi per la ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico (ex. art. 20) non spesi dalle Regioni".
"Se è certo che la Missione Salute del PNRR rappresenta una grande opportunità per potenziare il SSN – ha sottolineato Cartabellotta – la sua attuazione deve essere sostenuta da azioni politiche. Innanzitutto, per attuare il DM 77 bisogna mettere in campo coraggiose riforme di sistema, finalizzate in particolare a ridisegnare ruolo e responsabilità dei medici di famiglia e facilitare l’integrazione con l’infermiere di famiglia; in secondo luogo, servono investimenti certi e vincolati per il personale sanitario dal 2027, oltre che un’adeguata rivalutazione del fabbisogno di personale infermieristico; infine, occorre una rigorosa governance delle Regioni per colmare i gap esistenti. Ma soprattutto la politica, oltre a credere nell’impianto della Missione Salute, deve inserirlo in un quadro di rafforzamento complessivo del SSN: altrimenti indebiteremo le generazioni future per finanziare solo un costoso “lifting” del SSN".
La Fondazione GIMBE ha da sempre ribadito che, se da un lato non esiste un piano occulto di smantellamento e privatizzazione del SSN, dall’altro manca un esplicito programma politico per il suo potenziamento. Al fine di orientare le decisioni politiche, il Rapporto contiene il Piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale, "finalizzato – spiega Cartabellotta – all’attuazione di riforme e innovazioni di rottura per il rilancio definitivo di un pilastro fondante della nostra democrazia".
LA SALUTE IN TUTTE LE POLITICHE. Mettere la salute al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie, ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali (health in all).
APPROCCIO ONE HEALTH. Attuare un approccio integrato alla gestione della salute, perché la salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente, ecosistemi inclusi, sono strettamente interdipendenti.
GOVERNANCE STATO-REGIONI. Rafforzare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto delle loro autonomie, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi.
FINANZIAMENTO PUBBLICO. Rilanciare il finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile, al fine di allinearlo alla media dei paesi europei.
LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA. Garantire l’uniforme esigibilità dei LEA in tutto il territorio nazionale, il loro aggiornamento continuo e rigoroso monitoraggio, al fine di ridurre le diseguaglianze e rendere rapidamente accessibili le innovazioni.
PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE E INTEGRAZIONE DEI SERVIZI SANITARI E SOCIO-SANITARI. Programmare l’offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute della popolazione e renderla disponibile tramite reti integrate che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane, al fine di superare la dicotomia ospedale-territorio e quella tra assistenza sanitaria e sociale.
PERSONALE SANITARIO. Rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità: investire sul personale sanitario, programmare adeguatamente il fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari, riformare i processi di formazione e valutazione delle competenze, al fine di valorizzare e motivare la colonna portante del SSN.
SPRECHI E INEFFICIENZE. Ridurre gli sprechi e le inefficienze che si annidano a livello politico, organizzativo e professionale, al fine di reinvestire le risorse recuperate in servizi essenziali e vere innovazioni, aumentando il value della spesa sanitaria.
RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO. Disciplinare l’integrazione pubblico-privato secondo i reali bisogni di salute della popolazione e regolamentare la libera professione per evitare diseguaglianze e iniquità di accesso.
SANITÀ INTEGRATIVA. Avviare un riordino legislativo della sanità integrativa al fine di arginare fenomeni di privatizzazione, aumento delle diseguaglianze, derive consumistiche ed erosione di risorse pubbliche.
TICKET E DETRAZIONI FISCALI. Rimodulare ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale e prove di efficacia di farmaci e prestazioni, al fine di evitare sprechi di denaro pubblico e ridurre il consumismo sanitario.
TRANSIZIONE DIGITALE. Diffondere la cultura digitale e promuovere le competenze tecniche tra professionisti sanitari e cittadini, al fine di massimizzare le potenzialità delle tecnologie digitali e di migliorare accessibilità ed efficienza in sanità e minimizzare le diseguaglianze.
INFORMAZIONE AI CITTADINI. Potenziare l’informazione istituzionale basata sulle migliori evidenze scientifiche, al fine di promuovere sani stili di vita, ridurre il consumismo sanitario, aumentare l’alfabetizzazione sanitaria della popolazione, contrastare le fake news e favorire decisioni informate sulla salute.
RICERCA SANITARIA. Destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari un importo pari ad almeno il 2% del fabbisogno sanitario nazionale standard, al fine di produrre evidenze scientifiche per informare scelte e investimenti del SSN.