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Epilessia. Dopo i 60 anni, l’ictus cerebrale è la causa delle crisi nel 40% dei casi


Evidenze scientifiche confermano che l’ictus può aumentare il rischio di Epilessia che sarà tanto più grave, quanto più grave è il danno cerebrale.  A.L.I.Ce. Italia Odv e LICE puntano i riflettori sulla relazione complessa e ancora poco conosciuta tra Ictus cerebrale ed epilessia

17 DIC -

Ictus cerebrale ed Epilessia, una relazione complessa. Evidenze scientifiche, infatti, confermano che l’ictus può aumentare il rischio di Epilessia che sarà tanto più grave, quanto più grave è il danno cerebrale.

Tra i fattori causali dell’Epilessia, infatti, l’ictus cerebrale è quello più comune nelle persone over 60, dove l'ictus è la causa delle crisi in più del 40% dei casi di Epilessia. L’Epilessia in questa fascia d’età, presenta importanti specificità sia in termini di trattamento in acuto che di trattamento cronico: in generale, le crisi isolate si riscontrano in circa il 10% delle persone colpite da ictus, quelle ricorrenti solo nel 2-3% dei casi.

A puntare i riflettori sulla relazione complessa e ancora poco conosciuta tra Ictus cerebrale ed epilessia sono A.L.I.Ce. Italia Odv e LICE.

Quando si parla di crisi, bisogna distinguere tra crisi precoci, entro una settimana dall’ictus, dovute alle modificazioni del tessuto nervoso conseguenti al danno, e crisi tardive, che si presentano almeno una settimana dopo, spesso a distanza addirittura di mesi o anni dall’ictus. Le prime non necessitano di profilassi, ma la persona affetta deve essere monitorata per verificare l’eventuale recidiva di crisi, la cui probabilità si riduce all’allontanarsi dall’evento. Le crisi ad esordio tardivo, invece, sono indicative dello sviluppo di una epilettogenesi sulla “cicatrice” residua all’insulto vascolare: queste hanno un rischio elevato di ripetersi nel tempo, già configurano una “Epilessia da causa vascolare”, e un trattamento con farmaci anticrisi deve essere preso in considerazione e valutato dallo specialista neurologo.

“Alcuni tipi di ictus comportano maggiore rischio di sviluppare crisi, tra cui le emorragie cerebrali, gli ictus di vaste dimensioni, con deficit clinici più gravi, la presenza di preesistente declino cognitivo, la presenza di malattie concomitanti (come, ad esempio, le infezioni) – dichiara Massimo Del Sette, Direttore U.O.C. Neurologia Policlinico San Martino I.R.C.C.S. di Genova. Le epilessie di nuova diagnosi sopra i 60 anni di età riconoscono l’ictus cerebrale come eziologia in oltre il 40% dei casi e la loro insorgenza ne accresce il burden socio-economico già elevato”.

La valutazione della opportunità di introdurre una terapia farmacologica anticrisi deve essere una scelta concertata tra il neurologo esperto di malattie cerebrali vascolari e l’epilettologo: oggi sono disponibili molti farmaci anticrisi, ciascuno con differenti profili di efficacia e diverse interazioni farmacologiche. Poiché la persona con ictus spesso già assume altri farmaci (in particolare antiaggreganti piastrinici, anticoagulanti, antidiabetici, antipertensivi) e può presentare patologie concomitanti (ad esempio cardiopatie, diabete, ipertensione), le interazioni farmacologiche e il quadro clinico complessivo devono essere valutati con attenzione prima di scegliere il farmaco più appropriato.

“Appare evidente come tra malattia cerebrovascolare ed Epilessia, due delle più comuni malattie neurologiche, vi sia una relazione complessa e ampiamente bidirezionale” – sottolinea Carlo Andrea Galimberti, Presidente LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia) e Responsabile del Centro per lo Studio e la Cura dell’Epilessia della Fondazione Mondino, Pavia. “Anche alcuni comuni indirizzi di prevenzione sono particolarmente importanti: solidi rilievi epidemiologici indicano, ad esempio, nell’ipertensione arteriosa di per sé un fattore di rischio per lo sviluppo di crisi epilettiche in età adulta e senile, non necessariamente in presenza di un ictus e dei suoi esiti. Vi sono inoltre indizi di un rischio più elevato di ictus tra le persone con alcuni tipi di epilessia, potenzialmente in relazione alla ricorrenza delle crisi e agli stili di vita relativi. Infine, è noto che alcuni farmaci anticrisi possono influire negativamente su fattori endogeni di rischio per le malattie cerebrovascolari”.

Nei Paesi a reddito medio-alto, l’ictus cerebrale rappresenta - per prevalenza - il primo disturbo neurologico. Le Epilessie, con 500.000-600.000 casi stimati in Italia, sono il terzo: esse seguono le demenze, ma un’ampia quota di queste ultime riconosce un’origine cerebrovascolare e può manifestarsi anche con crisi epilettiche.

Una persona con malattie cerebrovascolari è spesso un soggetto fragile, soprattutto in età avanzata, maggiormente esposto a malattie intercorrenti, con necessità di politerapie e più sensibile agli effetti avversi dei farmaci. La scelta dei farmaci anticrisi più appropriati è, in questi casi, generalmente più complessa, condizionata dalle possibili interazioni tra le diverse condizioni patologiche in comorbilità e i molteplici farmaci utilizzati.

“Molti farmaci anticrisi di nuova generazione – spiega Laura Tassi, past president LICE e neurologo presso la Chirurgia dell'Epilessia e del Parkinson del Niguarda, Milano -possono apparire preferibili in questi contesti rispetto ai farmaci di vecchia generazione, non tanto per una maggiore efficacia, quanto per le ridotte interazioni con altri farmaci indispensabili e per una migliore tollerabilità in termini di effetti sulla vigilanza, sulle funzioni motorie e quelle cognitive, talora già compromesse in varia misura dalla malattia cerebrovascolare”.

“Questa prima collaborazione tra A.L.I.Ce. Italia Odv e LICE rappresenta un’alleanza fruttuosa e sinergica che rafforza e arricchisce il network di risorse disponibili per il paziente, creando continuità tra cura clinica ed extra-clinica per ottimizzare la gestione delle patologie e la qualità della vita del paziente e dei suoi familiari – commenta Andrea Vianello, Presidente dell’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale – siamo fermamente convinti che, partendo da questo denominatore comune, sia possibile avere una ricaduta forte e diretta sui pazienti, anche attraverso la condivisione di esperienze e di buone pratiche che contribuiscono a colmare alcuni specifici bisogni informativi”.



17 dicembre 2024
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