Come salvare il nostro Servizio sanitario nazionale
di Emilio Didonè
25 OTT -
Gentile direttore,
per tanti politici, addetti ai lavori e giornalisti la sanità è diventata una “bella palestra” per fare audience e cercare di guadagnare consensi, ma di tutela della salute e della presa in carico delle persone non ne sento poco parlare. Nei talk show aumentano i sostenitori di tre argomenti fondamentali: sanità, scuola e trasporti pubblici locali, limitandosi però a chiedere sempre maggiori somme e finanziamenti al Governo. Dimenticandosi sempre di quanto loro hanno fatto, invece, per rendere esigibile il diritto alla salute negli anni in cui tutti hanno governato.
Per quanto riguarda la crisi della sanità, nessun leader politico, nessun presidente di regione e nessuna alta dirigenza può chiamarsi fuori dalle sue responsabilità. Come hanno fatto a non vedere e non sapere quello che tutti i cittadini italiani vedono e provano sulla propria pelle da anni? Dove erano? E, conoscendo la macchina “sanità”, mi permetto anche di sottolineare la loro incapacità di fare un minimo di autocritica, magari chiedendo scusa agli italiani per la procurata disorganizzazione e per gli errori di programmazione. Grazie al dolce far niente di tanti governi precedenti, piano piano, gli interessi di piccoli e grandi gruppi privati hanno invaso, senza regole, il Ssn pubblico cosi da contaminare ed essere in grado, oggi, di condizionare pesantemente i diritti della collettività e del bene comune.
Si sta perdendo la sanità pubblica e non intravedo ancora una concreta volontà di impedirlo. Certamente scarseggiano le risorse - almeno 1 punto percentuale in meno di Pil nei confronti della media Ue che sono circa 20 miliardi di euro - ma quello che manca davvero, oggi, è una visione di riforma complessiva, quello che manca è la determinazione e la volontà “politica” per un cambiamento culturale e strutturale del nostro Ssn pubblico. Si continua ad agire con provvedimenti tampone, che cercano di far fronte alle emergenze del momento, che saranno sempre di più. Stiamo perdendo il diritto alla salute! Dal mio osservatorio privilegiato questo è molto evidente, non posso non vederlo. Le persone più fragili, quelle che non hanno soldi o polizze assicurative, rinunciano a curarsi. Sono 4,5 milioni.
E vogliamo fare una proposta, prima che sia troppo tardi: “al Governo ... e alla sinistra ... e alla destra ... e al centro”: sedetevi intorno ad un tavolo per provare a fare, insieme, un accordo bipartisan per il riordino del nostro Ssn pubblico, ripeto pubblico, e universale. E se per caso qualcuno non fosse disponibile o si tira indietro, oltre a fare sicuramente una brutta figura agli occhi di milioni di cittadini esasperati, e ne dovrà pagare le conseguenze con i propri elettori. Senza questo bagno di responsabilità e di umiltà comune continueremo ad assistere all’infinita serie di accuse reciproche che non portano da nessuna parte, e il tempo passa con il Ssn sempre più in crisi!
Il Ssn pubblico va rivisto per superare i suoi limiti attuali e adeguarsi ai nuovi scenari italiani, che sono molto cambiati dopo 45 anni dalla sua nascita. La sanità non è né di destra, né di sinistra e né di centro. La sanità riguarda tutti. Occorre che Governo, sinistra, destra e centro si chiudano in una stanza e si concentrino su un accordo bipartisan per riorganizzare il nostro sistema sanitario e per migliorare la salute delle persone e delle piccole comunità. L’obiettivo è comune per tutti, non serve litigare: minori sprechi. buona salute per tutte le Regioni e per tutto il Paese, senza alcuna distinzione geografica.
Abbiamo la necessità di una grande rivoluzione culturale che cambi il paradigma della salute, e che riproponga al centro del Ssn pubblico la prevenzione e la medicina territoriale, che sono in palese conflitto di interesse con il mercato della medicina specialistica e ospedalocentrica, oggi preponderante. Un riordino culturale che cominci dalla persona, dal territorio, dalla prevenzione e dall’educazione sanitaria nelle scuole, e bene ha fatto questo Governo in questo senso se la proposta poi va in porto. Sostengo, da tempo, che in sanità servono più risorse ma i soldi da soli non bastano. E per riorganizzare il Ssn pubblico e migliorare la sanità in questo Paese sono necessari anche urgenti cambiamenti culturali e nuovi progetti. Insomma passare dal dire al fare.
È vero che il finanziamento del Ssn pubblico corrisponde al 6,2 % del Pil Italia - circa quel famoso punto meno di Pil della media dei Paesi Ue - ma il Fondo sanitario nazionale sarà incrementato di € 2.520 milioni (+1,9%), di cui € 1.302 milioni sono nuovi stanziamenti e € 1.218 milioni già assegnati dalla manovra precedente, per l'importo complessivo per il 2025 di 136,5 miliardi. Per gli anni successivi è previsto poi l'incremento di 5.078 milioni di euro per l’anno 2026 (fondo dovrebbe salire a 140,6 mld), 5.780 milioni di euro per l’anno 2027 (fondo a 141,3 mld), 6.663 milioni di euro per l’anno 2028 (fondo a 142,2 mld), 7.725 milioni di euro per l’anno 2029 (fondo a 143,2 mld) e 8.898 milioni di euro (fondo a 144,4 mld) annui a decorrere dall’anno 2030.
Una buona notizia, e forse il trend sta cambiando ma al Governo chiediamo uno sforzo maggiore per salvare il Ssn che tutto il mondo ci invidia. Lo ripetiamo da tempo: non possiamo perdere il nostro Ssn pubblico e universale che tutto il mondo ci invidia. Mentre ci si continua ad accapigliare, si perde di vista il necessario riordino della sanità pubblica, indispensabile per dare efficienza al sistema e per utilizzare bene i soldi. E soprattutto si continua a rinviare, senza rispondere, ad aspettative e diritti dei cittadini di tutte le regioni del Paese, sud compreso.
La sanità non può essere sempre considerata solo un costo del bilancio statale: è invece un investimento importante per il futuro del Paese, in ricerca e posti di lavoro qualificato, in salute e benessere delle persone. Non è solo una questione di quante risorse ci mettiamo ma di benefici, di benessere, di felicità e di progetto Paese. Il nostro dovere di addetti ai lavori ci impone di fare chiarezza sui numeri che, in questo caso, sono semplici e da leggere: invitiamo quindi la politica a prendere in considerazione “concretamente” il diritto alla tutela della salute dei cittadini invece di continuare a litigare sulle cifre a beneficio di media e social.
Un po' più di serietà: la sanità non è né di destra, né di sinistra e né di centro, è di tutta la comunità e certamente un po' più di responsabilità da parte di tutti gli attori non guasterebbe. E voglio chiarire bene per non essere frainteso: il Servizio sanitario nazionale pubblico è un grande bene che non possiamo perdere, per noi e per chi verrà dopo di noi, perché non dobbiamo mai dimenticare che sono pochissime le persone che possono pagare centinaia di migliaia di euro per una chemioterapia antitumorale o pagare le spese di un trapianto cardiaco o di un intervento neurochirurgico. Chiediamo a tutta la politica, da destra a sinistra, meno polemiche e più concretezza!
Vogliamo continuare a parlare di numeri solo per dare spazio al teatrino della politica o vogliamo parlare di come dare concretezza al diritto alla tutela della Salute?
Emilio Didonè
Fnp Cisl pensionati
25 ottobre 2024
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