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Sulla mobilità sanitaria anche con questa Legge di bilancio si continua a “cincischiare”

di Claudio Maria Maffei

24 OTT -

Gentile direttore,
non sto a sottolineare a chi legge Qs quanto siano significativi e critici nel nostro Ssn i flussi di mobilità sanitaria interregionale. Specie in tempi di dibattito sulla autonomia differenziata i dati su questo fenomeno sono frequentemente riportati anche nella stampa generalista, che dedica al fenomeno i soliti titoli ad effetto come “mezzo milione di malati in fuga”. Al pari di tanti altri fenomeni che affliggono il nostro Ssn la montagna di dati e di analisi partoriscono una montagna di atti e di intenzioni e un topolino di azioni e risultati. L’articolo 55 che la bozza di Legge di bilancio che Qs ci ha messo a disposizione in forma commentata è dedicato agli accordi bilaterali fra le Regioni sulla mobilità sanitaria e costituisce un buono spunto di riflessione su come il Governo nazionale e i suoi organi da almeno 15 anni continui sulla mobilità sanitaria a “cincischiare” e a riciclare provvedimenti inutili che prevedono tempi stretti che non vengono mai rispettati. E’ bene ricordare prima di andare avanti che la mobilità sanitaria continua a crescere come ci ha ricordato una recente analisi qui su Qs.

Vediamo cosa prevede sulla mobilità sanitaria l’articolo 15 della bozza della Legge di bilancio 2025 e confrontiamolo con le indicazioni di alcune precedenti Leggi di bilancio. Seguiranno alla fine alcuni commenti. L’articolo 15 prevede che:

E adesso vediamo facendo un viaggio a ritroso quanto previsto in alcune Leggi di bilancio precedenti. Nel comma 492 della Legge di bilancio per l’anno 2021 si prevedeva che la sottoscrizione degli accordi bilaterali tra le regioni per il governo della mobilità sanitaria interregionale di cui alla Legge di stabilità 2016 dovesse costituire adempimento ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale. Al comma 493 della Legge di bilancio per l’anno 2021 si prevedeva inoltre che il Comitato per la verifica della erogazione dei LEA predisponesse la adozione di linee guida e set di indicatori oggettivi e misurabili, anche attraverso i dati del Sistema tessera sanitaria, al fine di armonizzare i sistemi di controllo di appropriatezza degli erogatori accreditati. Sempre nella stessa Legge si prevedeva che lo stesso Comitato elaborasse un programma nazionale di valutazione e di miglioramento dei processi di mobilità sanitaria e specifici programmi destinati alle aree di confine nonché ai flussi interregionali per migliorare e sviluppare i servizi di prossimità al fine di evitare criticità di accesso e rilevanti costi sociali e finanziari a carico dei cittadini. Mi pare che tutto questo non sia stato fatto o mi è sfuggito.

Cinque anni prima l’articolo 1, comma 576, della Legge di stabilità 2016 prevedeva che gli accordi bilaterali fra le regioni per il governo della mobilità sanitaria interregionale di cui all'articolo 19 del Patto per la salute sancito con intesa del 3 dicembre 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 5 gennaio 2010, dovessero essere obbligatoriamente conclusi entro il 31 dicembre 2016. Il Patto per la Salute prevedeva a sua volta che le Regioni individuassero entro tre mesi dalla approvazione della presente Intesa adeguati strumenti di governo della domanda tramite accordi tra Regioni confinanti per disciplinare la mobilita' sanitaria. Anche questo mi pare che a suo tempo che non sia stato fatto. Per inciso sugli accordi di confine molte Regioni si era già mosse anni prima, tra cui l’Emilia-Romagna e le Marche che un Accordo quadro lo avevano già sottoscritto per il triennio 2006-2008 e poi rinnovato per il triennio 2009_2011.

In sostanza da 15 anni si reiterano senza alcun risultato proposte di inserimento degli Accordi bilaterali tra Regioni e Province tra gli strumenti di governo dei flussi di mobilità sanitaria, accordi che solo poche Regioni hanno sottoscritto. Da 15 anni si danno tempi strettissimi per definirli e applicarli e da 8 si attribuisce un ruolo fondamentale al Comitato per la verifica della erogazione dei LEA. Ma temo che ancora una volta questo Comitato non farà i compiti, visto che il Questionario LEA in cui dovrebbero confluire anche le verifiche sugli accordi sulla mobilità è, almeno nella sua versione ufficiale, fermo al 2021. L’azione di monitoraggio delle Regioni da parte di questo Comitato non funziona, come non funziona il misterioso (chi l’ha visto negli ultimi anni?) tavolo di monitoraggio dell’attuazione del DM 70, non funzionano (almeno visto dalla Regione Marche) la verifica e monitoraggio degli interventi di edilizia sanitaria se non nella parte (piccola) che utilizza i fondi dell’Articolo 20, come non ha funzionato il monitoraggio del Piano Nazionale Cronicità e in generale come non funziona il sistema di monitoraggio dei LEA col Nuovo Sistema di Garanzia NSG), tanto è vero che nella Bozza di Legge di bilancio 2025 si prevede all’Articolo 51 che nel NSG venga introdotta una dimensione di monitoraggio e valutazione delle performance regionali che riguardi gli aspetti gestionali, organizzativi, economici, contabili, finanziari e patrimoniali. Ovviamente anche qui c’è una scadenza: sei mesi.

Considerazioni finali sul tema specifico degli accordi sulla mobilità e sul ruolo e sul funzionamento del livello centrale del Ssn. Così com’è scritto l’Articolo 55 ha bisogno di un grande lavoro per definire nel dettaglio le sue indicazioni: quali sono i fenomeni distorsivi che gli accordi dovrebbero contenere? Gli accordi debbono prevedere tetti invalicabili o prevedere sistemi di abbattimento per la produzione oltre soglia? Quali sono le prestazioni di bassa complessità i cui flussi andrebbero calmierati? Come si individuano i “partners” delle Regioni con i flussi di mobilità più alti? In che modo gli accordi andrebbero verificati nell’ambito degli adempimenti LEA? Ma soprattutto gli accordi andrebbero ragionati anche tenendo conto del fatto che la mobilità è anche una risorsa e una opportunità per le Regioni con carenza di offerta e che per le Regioni del Mezzogiorno la soluzione non è tanto rappresentata dagli accordi, quanto dal potenziamento e dalla qualificazione dell’offerta.

Sul ruolo e al funzionamento del livello centrale occorre chiedersi senza tanti giri di parole perché non funziona? E’ un problema di competenze o di volontà politica? Io credo che ci siano entrambi i problemi e temo che a questo Governo non piaccia controllare le “sue” Regioni. Il che se fosse vero sarebbe gravissimo.

Claudio Maria Maffei



24 ottobre 2024
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