Salviamo la sanità. Da dove iniziare?
di Bruno Agnetti
01 LUG -
Gentile Direttore,come Organizzazione di Volontariato (Runts) composta da cittadini/assistiti/pazienti strettamente collegati, da più di 10 anni, alle necessità relazionali e sociali dell’ operatività quotidiana della Medicina di Base del nostro quartiere, abbiamo accolto con molto piacere la notizia della pubblicazione dell’ultima fatica del Prof. Ivan Cavicchi definita, dallo stesso autore, una proposta temeraria (“Salviamo la sanità. Una riforma necessaria per garantire il diritto di tutti”. Castelvecchi editore 2024).
Le analisi e le considerazioni argomentate (che per altro richiamano molte altre pubblicazioni, articoli, interventi, conferenze dello stesso Prof. Cavicchi) sono più che esaustive e non necessitano di ulteriori commenti. C’è il richiamo alla ragione ma anche un estremo appello accorato.
Alcuni temi chiave inseriti
nell’articolo di QS hanno sollevato interesse e dibattito all’interno delle associazioni di volontariato “sanitario”. Le ODV sono direttamente coinvolte in questa carambola globale proprio perché sperimentano sulla propria pelle le aporie relative alla sanità, alla salute e al prendersi cura. Tuttavia anche il terzo settore non è esente da contaminazioni neo-liberiste che tendono ad erodere molte virtù pratiche che si fondano sulla storia e sulle tradizioni delle associazioni stesse. Il rischio è che il volontariato deragli verso il baratro di una sub-cultura consumistica e dis-identificativa.
L’annullamento delle culture identitarie originali e innovative impoveriscono i ragionamenti liberi (e veri). Le sollecitazioni argomentate dal Prof. Cavicchi sono numerose (…i processi di controriforma sono andati troppo avanti per sperare di invertirli; …se continuiamo a confondere errori e tradimenti non ne verremo mai fuori…la ri-contestualizzazione dell’Art.32; …salvare il salvabile con un appello alla ragione; …chi vuole farsi curare nel privato lo può fare liberamente…). Il presente contributo verterà, per brevità, solo su due questioni.
“Non è vero che la salute non è una merce”: da tempo la salute è diventata un prodotto come tanti altri. Anche la medicina generale (medico di base) viene considerata, dalla normativa economicistica aziendale, una produzione. Nelle imprese private, sempre più spesso, la salute diventata oggetto di interesse ed è utilizzata come benefit/indennità accessoria (come l’auto o il telefono). Celate nelle pieghe di questi patti/contratti extra-AACCNN si nascondono, a volte, “concessioni” che confliggono con il concetto di diritto tanto da assimilare e confondere i diritti con i privilegi ( per pochi). Il recente convegno “il welfare del futuro” documenta una diffusa attività sanitaria a favore dei dipendenti delle imprese private ai quali vengono offerti, “sua sponte”, percorsi prestabiliti presentati come opportunità di prevenzione. Va da se che tutto ciò solleva non poche problematiche relative all’appropriatezza e all’eticità di queste formulazioni.
La globalizzazione e la libertà di mercato ha comunque decretato che la salute è merce. Una delle più efficaci definizioni di globalizzazione (Bauman) sostiene che questa forma permette all’economia e alla finanza di sottrarsi al controllo delle politiche degli stati e tende ad invertire il rapporto di potere. Senza politica o con una politica asservita non possono che aumentare le disuguaglianze e l’impoverimento (glebalizzazione o neo-feudalesimo). Il villaggio globale (McLuhan) crea il fenomeno della visione globale contestuale per cui ciò che avviene in una parte del mondo accade all’istante anche a livello locale (glocalizzazione).
Per quanto riguarda la crisi sanitaria, nessuna alta dirigenza può chiamarsi fuori dalle responsabilità specifiche e l’incapacità di compiere autocritica ha causato una orrenda confusione tra errori e tradimenti. Piano piano gli interessi di piccoli gruppi hanno invaso l’ambito dei diritti della collettività così da contaminarne il valore comunitario.
“Dalla sinistra …e dalla destra … si è pronti a fare un accordo”: l’appello bipartisan, bicamerale al fine di creare una azione riformatrice politica comune è una idea geniale, saggia, conciliatrice per affrontare la complessità e dovrebbe interessare molti. Chi dovesse rifiutare un impegno, in questo senso, per un'opera pubblica così importante farebbe una grama figura. Forse “è una ipotesi utopica quasi inagibile ma è una petizione di principio”. Necesse est. Sono a disposizione (indicati in pregressi interventi) menti e saperi abili, in grado di inserire l’art.32 della costituzione “dentro il nostro tempo e nella nostra complessità”. Senza questo passaggio si assiste solo all’infinita sequela di accuse reciproche, lamentele, spiegoni astratti o protocollari che avanzano pretese saccenti, definitorie od operatività estremamente sbrigative, settoriali condite da veri e propri capricci singolari.
Le posizioni manichee portano a disconoscere le complessità. L’appello alla ragione richiede di prendere in considerazione “nuovi contesti e nuove regole” così che la pluralità delle culture possa arginare l’irragionevolezza dei desideri illimitati e del pensiero omologato. L’istanza del Prof. Cavicchi e l’appello ad un neo-pragmatismo si ricollega alle migliori autorità filosofiche del XIII secolo (Giovanni Duns Scoto, Guglielmo di Occam) in grado di aprire nuove prospettive sociali. I loro modelli di vita, basati sulla consuetudine quotidiana e sulla sperimentazione personale della vita, permette alle comunità di sentirsi a proprio agio nel caos e nella complessità piuttosto che in un ordine rigido, prestabilito ed efficentista.
La situazione attuale del nostro SSN esige una struttura culturale in grado di sostenere operatività per nulla semplici e non immediate ma assolutamente necessarie. Il percorso deve però essere indicato immediatamente. In particolare a livello territoriale occorre superare alcune concezioni economiche secondo cui beni e servizi hanno un valore d’uso e di scambio finanziario. Un accordo politico bipartisan potrebbe condividere, nella prospettiva di migliorare di molto la salute delle persone e delle piccole comunità, la necessità di riattivare la storica spirale dare-ricevere-ricambiare. Il legame tra azioni di cura e risorse ha valore solo se è in grado di rinforzare relazioni sociali e creative. La solidarietà può quindi essere considerata una priorità e può fare convivere, con regole derivanti da una gerarchia di importanza, una sanità pubblica sempre più umana, forte e gratificata ed una sanità privata in leale, libera competizione.
Bruno AgnettiCentro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV
01 luglio 2024
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