Il medico non si vergogna di mettersi in ginocchio
di Giovanni Leoni (Omceo Venezia)
12 GEN -
Gentile Direttore,
non c’è niente di cui vergognarsi se per curare un paziente lo devi mettere a terra e tu devi metterti in ginocchio. In urgenza succede, in particolare in esterno, basta chiedere a chi lavora al 118. Lo dico per esperienza diretta, dopo mezz’ora fai un po’ di fatica a rialzarti, tutto qui.
Se penso a medici ed infermieri in aree di guerra o in condizioni di terremoto … Nei social network si trovano scorci di vita vissuta da brividi e provo tanta ammirazione.
Basta cercarli o, se li trovi per caso, non passare rapidamente oltre, perchè anche se molti troveranno queste immagini sgradevoli, non è una fiction ma sono realtà, mescolate e messe in rapida successione, ne sappiamo qualcosa anche qui in Italia.
I colleghi di Nola se la sono vista brutta, pochi giorni fa, mentre stavano semplicemente facendo il loro lavoro come potevano e nelle condizioni un cui erano stati messi in grado di operare, ma penso che mai avrebbero immaginato che, dopo un turno pessimo, il peggio doveva ancora arrivare.
Negli primi articoli sulla vicenda la pietra dello scandalo era la foto con il paziente a terra. Vero, è la cosa che colpisce per prima la maggioranza degli osservatori che si immedesimano nel paziente, o vedono in questo un loro congiunto. A me è rimasta anche l’immagine di un operatore in arancione , medico o infermiere non lo so, in ginocchio a fianco. Erano un tutt’uno.
Solo questione di punti di vista naturalmente.
Ho trovato in rete
un articolo a questo link. Un'intervista del 2015, in tempi non sospetti, in cui il dott.
Luigi Caliendo, direttore della Cardiologia di Nola, definisce il suo come un ospedale di frontiera che fa fronte a 600.000 abitanti. Per confronto a Napoli per 1.200.000 abitanti, ci sono 12 ospedali. Il collega conclude che “nel nolano ci vorrebbero sei ospedali e non uno solo, per non dire mezzo”. Con 107 posti letto e relativo personale su un tale bacino d’utenza fai quello che ti è concesso di fare. Se poi si sommano vari fattori negativi come quelli elencati nei vari articoli dedicati, picco di influenza, psicosi meningite, periodo festivo etc. …
Ma purtroppo senza andare troppo lontano in tempo e spazio e nonostante i 12 ospedali la sistemazione “temporanea” su pavimenti e materassi (almeno…) non è una novità. E’ il 2012: “Non siamo un Paese in guerra, in questo modo viene messa sotto i piedi la dignità dei medici e dei pazienti",
dicono i medici del pronto soccorso.
Mi fermo qui.
In buona sostanza: nella vita professionale c’è chi sceglie di “fare” in prima persona con responsabilità ben visibile e diretta, come nel caso del medico di turno. Alla Scuola di Sanità Militare a Firenze mi insegnavano nel lontano 1984 che per un soldato che spara in prima linea ci sono 9 (nove) elementi che lo supportano a vari livelli. Se le cose sono cambiate si accettano smentite anzi sono benvenute.
Se nel lavoro si ricopre un ruolo amministrativo bisogna assolvere ai propri compiti senza nascondersi dietro impossibilità e rimandi vari, perché il risultato finale, la cura del paziente, è la sintesi di vari fattori. Cito un argomento ben noto a tecnici e giuristi: la responsabilità organizzativa.
Gli operatori finali, medici ed infermieri sono sempre esposti al pubblico, anche con nome cognome, ed immagini, e restano nell’immaginario collettivo come i responsabili di tutto il percorso diagnostico e terapeutico mentre ne governano solo una parte, che è sicuramente importante, ma il risultato globale è influenzato da ulteriori fattori indipendenti dalla loro volontà .
I pazienti con i loro problemi arrivano comunque, continuamente. Nel caso specifico spero che questa sia un’occasione di revisione della catena di comando e controllo perché esistono criticità locali note ed irrisolte da tempo ed in particolare nel preciso contesto di Nola.
Ovunque tutti gli operatori cercano di curare i propri pazienti mediante le proprie capacità derivate da anni di studio e con l’esperienza sul campo, impiegando i mezzi messi a loro disposizione dalla struttura di riferimento.
Nella programmazione sanitaria, sembra ridicolo scriverlo, ma purtroppo non lo è, non si può contare solo sulla buona sorte ma si deve sempre essere preparati al peggio nell’ambito dell’esperienza storica maturata nel contesto in cui opera.
Le necessità quotidiane sono a carico delle richieste di reparto ma quelle globali e prospettiche su dati epidemiologici sono a cura di chi studia e lavora a livello di direzione aziendale e salendo sempre più su fino alla politica regionale e nazionale. Piccola citazione “
La sanità italiana e la dura Legge del Pil”.
Ma torniamo alla prima linea, la vita del Pronto Soccorso è particolarmente dura, la conosco per averla vissuta , inutile che ce la raccontiamo, dà anche immense intime soddisfazioni, sempre pagate a caro prezzo. Trattiamo adeguatamente chi l’ha scelta: sia un lavoro e non una condanna.
Questa disamina, che deve restare nell’ambito tecnico, senza colori politici, è frutto anche di un lungo confronto su questo tema con il VicePresidente Nazionale della FNOMCeO
Maurizio Scassola, mio predecessore a Venezia. E’ sempre di grande conforto ritrovarsi uniti su argomenti così determinanti per la collettività medica, spero sia così anche per i lettori.
Un ringraziamento al Ministro Lorenzin, alla FNOMCeO ed a tutti coloro che si sono spesi a vario titolo in favore dei colleghi di Nola, dal direttore sanitario ai medici del PS, che saluto ed abbraccio, auspicando un rapido chiarimento formale delle loro responsabilità oggettive.
Un saluto ed un ringraziamento particolare anche alla
Federazione Campana degli Ordini dei Medici che ha sottolineato vari aspetti di uno stato di cose tuttora in attesa di essere migliorato ed a
Quotidiano Sanità che anche in questo frangente si dimostra essere la testata giornalistica più autorevole per la comunicazione delle opinioni degli operatori di settore.
Dr. Giovanni Leoni
Presidente OMCeO Provincia di Venezia
12 gennaio 2017
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