20 novembre -
“Oggi viene lanciato un primo, forte, messaggio sul malessere che ormai da troppo tempo attanaglia chi lavora al servizio della salute dei cittadini. Un’astensione che è anche e soprattutto una richiesta d’attenzione affinché gli investimenti in sanità siano commisurati alle reali esigenze del Paese. Come lo sciopero di oggi, anche lo stato d’agitazione che la Medicina Generale sta portando avanti è il sintomo di una situazione ormai insostenibile se si vuole preservare un’assistenza di prossimità capillare e capace di rispondere alle sfide della cronicità”. A dirlo
Silvestro Scotti, Segretario Generale della Fimmg, che in una nota esprime “piena solidarietà e la vicinanza di tutta la categoria” alle ragioni che animano lo sciopero di oggi, indetto da dirigenti sanitari, infermieri e appartenenti ad altre professioni sanitarie.
Del resto, si ricorda nella nota, dal mese di ottobre, la Fimmg – dopo aver proclamato lo stato di agitazione – ha avviato una serie di confronti serrati volti a comprendere in profondità i bisogni insoddisfatti dei pazienti, ma anche condividere con loro le preoccupazioni per un sistema che “su questa strada non potrà che peggiorare il livello delle prestazioni offerte”. “Una situazione – avverte Scotti – che, nei prossimi mesi, se continuerà a muoversi su questo binario non potrà che sfociare in importanti azioni di protesta”.
A deludere e preoccupare i medici di medicina generale è in modo particolare la nuova Legge di Bilancio che “non prevede alcuna risorsa aggiuntiva per il raggiungimento degli obiettivi di politica sanitaria per l’area dei medici convenzionati e quindi per la Medicina Generale”. Il leader Fimmg stigmatizza il fatto che è rimasta inascoltata ogni proposta arrivata dalla categoria. Ad esempio, quella di individuare forme di detassazione delle quote variabili che sono oltretutto collegate agli obiettivi delle Regioni contenute nel Patto della salute e nel PNRR, utili a sostenere lo sforzo assistenziale prodotto dai singoli medici.
“È inoltre essenziale – prosegue Scotti - un investimento sul corso di formazione in Medicina Generale (unica disciplina formativa post-laurea con il maggiore rapporto di abbandono e senza copertura di posti messi a concorso) che in Manovra viene dimenticata. Anzi, se ne aumenta il gap, visto che il borsista già percepisce una borsa tassata e pari al 50% di quelle delle specializzazioni. Condizioni che ne riducono l’attrattività e bloccano un ricambio generazionale ormai non più rimandabile”.
Carenze che, per la Fimmg, emergono con drammatica chiarezza anche dall’ultimo rapporto OCSE, che dimostra come in Italia la spesa sanitaria pro-capite sia di 586 euro più bassa rispetto alla media europea e, soprattutto, che la carenza più marcata è quella dei medici di medicina generale. “Guardando ai dati 2022, in media nei Paesi dell’UE, solo circa un medico su cinque era medico di famiglia, mentre i due terzi erano specialist”. E il dato che vede i medici di medicina generale sotto la media europea, rispetto agli specialisti, è purtroppo confermato anche per il 2023. “Paesi come Portogallo, Finlandia, Belgio e Francia, sono riusciti a mantenere un buon equilibrio tra medici di famiglia e specialisti, con i medici di famiglia che rappresentano almeno il 30% di tutti i medici. In Italia questo non è avvenuto. Allo stesso modo, se il più dei Paesi europei ha aumentato il numero di posti di formazione post-laurea in medicina generale per far fronte alle carenze dei medici di famiglia, l’Italia non lo ha fatto”.