“La decisione della Procura di Padova di impugnare 33 atti di nascita di figlie e figli di coppie omogenitoriali e di spezzare un legame ormai suggellato nei primi anni di vita in alcune bambine e bambini, deve spingerci ad aprire un dibattito serio sui diritti dei minorenni”.
Così l’Ordine degli Psicologi del Veneto e l’Ordine degli Assistenti Sociali del Veneto che, dopo essersi confrontati in questi giorni sui fatti al centro delle cronache, hanno scelto per la prima volta di assumere una posizione congiunta.
Il nodo del riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali chiama in causa infatti sia i professionisti del servizio sociale sia gli psicologi, chiamati a confrontarsi quotidianamente, da diversi punti di vista, con le conseguenze della negazione dei diritti.
Alla posizione dell’Ordine degli assistenti sociali, che per queste ragioni già nel 2022 avevano scelto di aderire formalmente ai Pride promossi in Veneto (scelta poi confermata anche quest’anno) si affianca quella dell’Ordine degli psicologi.
“Il vuoto normativo e gli orientamenti politici dichiarati in tema di gestazione per altri – spiega Mirella Zambello, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Assistenti Sociali - non devono avere ricadute potenzialmente traumatiche sulle famiglie e specialmente su bambine e bambini, che rischiano di subire discriminazioni e vedere gravemente leso il superiore interesse che hanno come minorenni di vivere serenamente nella propria famiglia, l’unica che abbiano conosciuto. Riteniamo fondamentale che ad ogni bambino venga garantito il riconoscimento legale delle figure genitoriali: per questo dichiariamo la nostra contrarietà rispetto ad una presa di posizione istituzionale che, anziché promuovere, lede i diritti dei bambini, ponendoli in una situazione di discriminazione”.
Sulla stessa linea l'Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi del Veneto, che aggiunge la propria preoccupazione in merito alle conseguenze psicologiche per famiglie e minori già coinvolti e per quelle che vivono ora in angosciosa attesa.
“Il benessere psicologico dei bambini e delle bambine – aggiunge il presidente dell’Ordine degli psicologi del Veneto Luca Pezzullo - è un diritto fondamentale, che va tutelato in tutte le realtà familiari. Ogni situazione che metta in discussione la legittimità e stabilità della propria famiglia può generare inevitabile confusione e stress, con potenziali ripercussioni sulla salute mentale dei bambini e anche degli adulti coinvolti. Il nome e il cognome rappresentano una prima forma di identità stabile che i minori introiettano ed esprimono pronunciando le prime parole. Un cambio di cognome, non voluto e non preparato, non può essere considerato un mero atto burocratico senza conseguenze. Mettere in una situazione di indeterminatezza identitaria che crea grave disagio in una situazione di impotenza e rifiuto, non può che avere ripercussioni psicologiche per gli adulti e a cascata sui figli e le figlie”.