Cercasi disperatemante una Dirigenza che sappia “dirigere”
di Umberto De Conto
21 GIU -
Gentile Direttore,
sono medico di famiglia da quasi quarant’anni e ancora mi piace farlo; odio la burocrazia e non sopporto la frase: “si rivolga al suo medico”; non sopporto nemmeno che qualcuno, senza conoscere quello che faccio, decida “come” devo farlo. Mi riferisco a tutta la dirigenza aziendale, regionale e ministeriale che continuamente emana le circolari e interviene con la loro correzione prima ancora che se ne siano comprese l’applicabilità e i criteri.
Mi disturba che qualcuno stia decidendo la dislocazione o la costruzione delle “nuove” Case della Salute (Hub = Perno) delle quali il mio ambulatorio dovrebbe divenire collegamento esterno (Spoke = Raggio), assegnatarie di mansioni altisonanti e nebulose e che saranno dirette da personale per il quale si stanno ipotizzando corsi di qualificazione specifica e prevedo nuove diversità interpretative di ruoli e funzioni.
Per di più le Case della Salute corrisponderanno alla missione 6 del PNRR e quindi a “Direzione Sanitaria”, la mano destra della mia Azienda, mentre il mio ambulatorio dovrà anche realizzare obiettivi della missione 5 quella a “Direzione Sociale”, la mano sinistra di questa Azienda nella quale, evangelicamente?, ho l’impressione che non si parlino. Soprattutto nessuna delle due mani ha relazione con la mia attività, il front-office missionario che gradirebbe percepire di essere parte efficiente del nostro Serivizio Sanitario. E invece ho relazione solo con esecutori acritici.
Mi è capitato più volte di vedere nascere nella mia Regione progetti assistenziali illuminati, tradotti in norme nebulose, trasferiti in circolari criptiche e applicati da dirigenti ottusi. Per di più il tempo passato tra l’idea e l’applicazione era tale che chi aveva pensato, non aveva scritto, chi aveva scritto non c’entrava con la divulgazione e chi applicava non conosceva né ideatori, né estensori, né, meno spesso, i divulgatori. E io, giovane entusiasta, che pensavo di avere capito lo spirito del progetto, mi trovavo a duellare con l’applicazione delle procedure e, per di più, a non avere interlocutori che confermassero o correggessero il mio pensiero, ma solo contabili di prestazioni, anziché valutatori e direttori.
Sì, mi piacerebbe, dopo quarant’anni essere diretto; precisamente: diretto, non comandato. Poter contare sulla presenza all’interno della mia azienda di qualcuno con il quale confrontare la mia attività, discutere le ragioni di alcune scelte, proporre azioni di miglioramento e accettare anche richiami o correzioni. Qualcuno che agisca con assunzione di responsabilità decisionale e non solo esecutoria o formale; una responsabilità che personalmente gioco ogni giorno quando devo scegliere una accertamento, una terapia, una consulenza e, in modo ancora più pregnante, quando non ritengo necessario un accertamento, una terapia, una consulenza.
Mi disturba sapere che i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) siano scritti altrove e applicati tout court nella mia ASL e che siano concentrati nel DT dimenticando la A; che si sappia che possono essere applicati a non più dell’80% dei casi di quella malattia, ma che nessuno comprenda come assistere l’altro 20%; che i PDTA riguardino solo le più importanti patologie che, per carità, rappresentano la più alta spesa sanitaria, mentre io mi trovo ad impiegare la stragrande maggioranza del mio tempo con le altre patologie o condizioni, meno importanti, ma enormemente più diffuse e ripetute e che sono quelle continuamente presenti nel mio ambulatorio.
Mi disturba essere misurato sulla prestazione anziché sulla clinica. Ricordo ancora la discussione, inutile, con la dirigente che alcuni anni fa si dispiaceva perché io non ero riuscito ad applicare compiutamente il PDTA diabete in due miei pazienti ai quali mancava il dosaggio della microalbuminuria; e io a dire che era inutile dosare la microalbuminuria nei due soggetti che avevano franca proteinuria. Le spiegavo che sarebbe come chiedere ad un idraulico di misurare il gocciolio di un rubinetto che cola a getto pieno. Non c’è stato verso; mancava il dato nella tabella di sintesi del PDTA!
Ci penso ogni volta che mi trovo in situazioni simili, ma continuo a non richiedere la microalbuminuria in caso di franca proteinuria.
Umberto De ContoMMG Treviso
21 giugno 2023
© Riproduzione riservata
Altri articoli in QS Veneto