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Incontinenza nell'anziano. Indagine sull'assistenza in Italia


Nelle case di riposo, nelle residenze assistite e nelle corsie geriatriche fino al 70% dei degenti è incontinente. Il 27% di questi acquista di tasca propria prodotti aggiuntivi a quelli forniti dall’Asl perché insufficienti o di non buona qualità. La prima indagine italiana sul problema. 

17 MAG - In quello che è l’Anno Europeo dell’Invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni, ancor più importante diventa analizzare il funzionamento dei servizi e delle cure per gli anziani. Ecco perché uno studio presentato dalla Fondazione italiana continenza, insieme alla fondazione Istud, ha voluto indagare il tema dell’incontinenza per i pazienti più in là con l’età, soprattutto per conoscere e valutare l’incontinenza urinaria sotto il profilo dell’impatto socio-economico, sulle persone affette da tale patologia, sui loro familiari e su chi se ne occupa. E dunque sulla società.
 
Nell’indagine “Gestione dell’Incontinenza nell’anziano: appropriatezza e sostenibilità”, i pazienti e i loro familiari hanno infatti espresso un forte disagio sociale. Queste persone sono sottoposte a un elevato carico assistenziale ed economico, di cui non risultano consapevoli i responsabili delle ASL: in molti casi i pazienti non segnalano il proprio disagio, per paura di perdere quanto riconosciuto, ma anche le ASL, dal canto loro, mostrano scarso interesse a valutare la soddisfazione dell’utenza per servizi erogati. “Non dimentichiamo che l’incontinenza ha un impatto molto negativo sulla vita quotidiana della persona che ne soffre: la paura di bagnarsi, il disagio legato all’odore e alla sensazione di scarsa igiene provocano ripercussioni negative sullo stato di salute complessivo, nelle relazione sociali e nella qualità di vita, nonostante ciò spesso non si pone la dovuta attenzione alle fasi di diagnosi, di classificazione, di terapia e soprattutto di eventuale recupero”, ha commentato Aldo Bono, docente e componente del comitato scientifico della Fondazione italiana continenza che ha coordinato la ricerca, Primario Urologo Emerito dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese e già Presidente SIU, Società Italiana di Urologia.
L’incontinenza rappresenta dunque un problema socio-sanitario rilevante per il quale è importante trovare risposte soddisfacenti sia in termini di efficacia, sia di rapporto costo/beneficio. A maggior ragione dato che la popolazione mondiale sta di fatto invecchiando: nella sola Europa nel 2000 gli ultra65enni erano 71 milioni e si stima che arriveranno a essere 107 milioni nel 2025 e 165 milioni nel 2050. Chiaramente, il problema dell’incontinenza può interessare qualunque fascia d’età, ma l’insorgenza d’incontinenza urinaria cresce all’aumentare dell’età: per i soggetti non ospedalizzati di età superiore ai sessant’anni, infatti, la prevalenza di incontinenza urinaria varia dal 15% al 35%. Nelle case di riposo, nelle residenze assistite e nelle corsie geriatriche fino al 70% dei degenti risulta incontinente, senza contare le persone anziane che vivono al proprio domicilio e ne sono frequentemente colpite. Ad essere più colpite sono le donne, anche quando si considera una popolazione più giovane: nella fascia di età compresa tra i 15 ed i 64 anni, infatti, la prevalenza negli uomini varia dall’1,5% al 5% mentre nelle donne dal 10% al 30%.
 
Se la sanità ha cominciato la propria spending review da tempo, forse lo ha fatto in una maniera poco intelligente – spiegano dalla Fondazione italiana continenza e da Istud – indirizzando le gare per l’acquisto dei presidi prevalentemente sul risparmio a breve termine. Questo atteggiamento ha distratto il focus dagli aspetti prioritari nella fornitura di ausili, ossia la qualità del prodotto e la capacità di migliorare la qualità di vita. Il prezzo infatti è risultato essere il primo criterio di valutazione all’interno dei capitolati d’acquisto nel 58% delle ASL che hanno aderito allo studio, in un caso addirittura l’unico parametro preso in considerazione. La qualità del prodotto e del servizio, in genere, rivestono un ruolo minoritario nell’ambito della gara: hanno rispettivamente un valore medio pari a 33,6% e 22,5%. “Si tratta di una modalità miope di risparmio, perché non tiene conto dei numerosi risvolti economici legati alla scelta di un ausilio piuttosto che di un altro e soprattutto non considerano gli aspetti principali per il paziente, il quantitativo e la qualità degli ausili fornito dall’ASL”, hanno fatto sapere le due associazioni. Dalla ricerca emerge infatti anche che per il 31% dei pazienti il quantitativo è insufficiente (14% per i cateteri) e il 27% delle persone acquistano di tasca propria prodotti aggiuntivi a quelli forniti dall’ASL, cui si sommano eventuali spese connesse a visite specialistiche e assistenza a pagamento da parte di una persona esterna (badante o infermiere). Oltre al carico di cura e assistenza le persone anziane fragili e il loro nucleo familiare devono spesso sostenere ulteriori spese aggiuntive rilevanti.
Anche l’aspetto informativo e la libertà di scelta, che non sempre comportano un aggravio nei costi, sono sottovalutati e più della metà dei pazienti dichiara di non essere stato coinvolto nella scelta di marca e tipologia di prodotto (61% per i prodotti assorbenti, 53% per i cateteri).
 
Ma la questione non è solo questa.Il sistema di distribuzione rappresenta un altro elemento importante per gli utenti, che varia da regione a regione. Solo un’esigua parte delle ASL/distretti del campione lascia la possibilità di scelta della modalità distributiva all’utente (11,8% per i prodotti assorbenti e 6,7% per i cateteri). Questo dato è in linea con quanto affermano i pazienti, che nella maggior parte dei casi (58%) non hanno potuto decidere come ricevere o ritirare gli ausili. Oltre a non essere coinvolti nella decisione del prodotto di cui poi usufruiranno, e a non poter scegliere la modalità di ritiro, i pazienti lamentano anche una scarsa informazione sulle caratteristiche e il costo degli assorbenti che ricevono (il 61% del campione ne è all’oscuro).
Questi dati, pertanto, evidenziano come la fornitura di ausili per l’incontinenza non sia vissuta dalle Aziende Sanitarie come un servizio offerto al paziente, bensì come una mera consegna del prodotto. “L’auspicio della Fondazione italiana continenza e della Fondazione Istud è che questa ricerca contribuisca a un ripensamento dell’approccio all’erogazione degli ausili per incontinenza che, per essere efficace ed efficiente, deve essere sistemico e porre il paziente sempre al centro”, ha commentato Roberto Carone, Presidente della Fondazione italiana continenza e Direttore della Struttura complessa di Neuro-Urologia dell’ospedale CTO/Maria Adelaide di Torino. “È necessario che l’attenzione evolva da un acquisto di beni al prezzo più basso verso l’erogazione di una prestazione sanitaria appropriata. Puntare alla reale appropriatezza prescrittiva, promuovendo anche attraverso la libera scelta una corretta formazione e informazione di operatori sanitari e pazienti, sembra essere la via da seguire, come evidenziano i dati della ricerca”.
 
“Questa ricerca ha rappresentato una grande opportunità nell’esaminare il vissuto dei pazienti rispetto alla qualità dei servizi offerti”, ha affermato Luigi Reale, dell’Area Sanità e Salute della Fondazione Istud. “Lo scopo non è stato solo fornire una base conoscitiva sulla quale valutare la migliore soluzione organizzativa per un servizio di fornitura degli ausili per l’incontinenza, ma migliorare la qualità di vita delle persone che soffrono di questa patologia. ‘La tecnologia aumenta tantissimo la qualità della vita quindi non tagliamo le risorse, semmai aumentiamo i controlli per evitare gli sprechi’ questo è il commento di uno degli intervistati, rappresentativo sia del sentimento generale sia del messaggio che lo studio esprime”.
 
 

17 maggio 2012
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