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Def 2013. Se il Parlamento "boccia" la selettività in sanità

di Ivan Cavicchi

A me sembra che il Parlamento abbia sostanzialmente bocciato il disegno contro riformatore contenuto nella “Nota” riconfermando il valore della sanità pubblica. Obbligando però il sistema a rimuovere le sue più grandi contraddizioni e quindi a mettere mano a profondi cambiamenti interni

14 OTT - In questi giorni sono stati ufficializzati i pareri e le risoluzioni del Parlamento sul Def e ieri sera nei telegiornali della tv le Regioni tuonavano il loro disappunto contro altri tagli.

La commissione Affari Sociali della Camera ha espresso un importante parere condizionato che ha posto quattro questioni importanti: 1) ha contestato la riduzione delle tutele quale presupposto per far nascere un sistema selettivo; 2) ha posto la questione se sia giusto che un governo,per quanto delle larghe intese, con una semplice “nota” modifichi “l'assetto del servizio sanitario nazionale”; 3) ha proposto al governo un'idea di governance quale soluzione ai problemi del sistema, quasi come se fosse una strada alternativa alla controriforma; 4)ha chiarito che la governance non serve solo a limitare, a restringere, la spesa ma serve soprattutto a governare un sistema insieme agli operatori e ai cittadini.

La Commissione quindi non si è limitata a “bocciare” il termine “selettivo” ribadendo il valore dell'universalismo, ma ha indicato diplomaticamente al governo un'altra strategia possibile.

Anche la commissione Igiene e Sanità del Senato a sua volta ha espresso attraverso una discussione importanti orientamenti :1) forti perplessità verso ulteriori tagli che non siano rigidamente ancorati al contrasto di sprechi e in appropriatezze; 2) forti perplessità nei confronti di un sistema sanitario "selettivo", in quanto preluderebbe a restrizioni della platea dei beneficiari o delle prestazioni di diritto; 3) i livelli essenziali di assistenza possono essere oggetto di aggiornamento, ma non già di mera decurtazione; 4) la questione della governante; 5)la necessità di una audizione del ministro della Salute.

Se questi sono i pareri delle commissioni di merito altra cosa sono le risoluzioni dell'assemblea della Camera e del Senato. Per loro natura, essendo giudizi complessivi sul Def, sussumono le settorialità. La risoluzione della Camera, sulla sanità, non dice direttamente niente ma moltissimo sulla spesa pubblica. Nel caso del Senato è praticamente la stessa cosa ma sulla sanità c'è un punto dedicato (4) e che prevede: il monitoraggio delle poste del bilancio pubblico,la razionalizzazione dei processi gestionali, la definizioni delle priorità di allocazione delle risorse superando il criterio della spesa storica, l'individuazione e l'aggiornamento dei livelli essenziali delle prestazioni nei singoli settori, la salvaguardia della spesa in conto capitale, l'aggregazione e la razionalizzazione degli acquisti per recuperare le risorse necessarie a sostenere e migliorare i servizi dell'assistenza sanitaria e delle prestazioni sociali.

Nella risoluzione inoltre si afferma che “l'approvazione della nota impegna il governo a tenere conto degli orientamenti delle competenti commissioni parlamentari”.

Quindi a me sembra che il Parlamento abbia sostanzialmente bocciato il disegno contro riformatore della “nota” riproponendo la sanità pubblica come valore universale espressione dell'art 32 della Costituzione. Esso,quindi, ha indicato al Governo la strada della riforma e non della controriforma che è quella della spending review analitica per intervenire sulle diseconomie, della governance quale condizione per un sistema complessivamente sostenibile, del miglioramento della qualità dei servizi, di una nuova allocazione delle risorse che vuol dire finanziare le regioni e le aziende per obiettivi di riforma del sistema, non più sulla base della spesa storica, quindi per obiettivi di cambiamento.

Quanto alla questione dei Lea il Parlamento non parla né di restrizione delle tutele né di costi standard ma di “aggiornamento” che vuol dire che la misura di universalità è salvaguardata in via di principio pur aprendo ad una necessità oggettiva di ricontestualizzazione, di svecchiamento e di rinnovamento.

Il Parlamento, in sintesi, ripulisce la nota del Def da una sovrastruttura ideologica, che da una parte risulta di fatto funzionale a certi interessi legati all'intermediazione finanziaria, dall'altra a logore e frustre ricette neoliberiste. Quindi il Parlamento riconferma il valore della sanità pubblica ma dentro un nuovo rapporto di compossibilità con l'economia, obbligando la sanità pubblica a rimuovere le sue più grandi contraddizioni e quindi a mettere mano a profondi cambiamenti interni.

Quanto alle Regioni che ora gridano all'unisono contro i tagli continuando a tacere sulla nota del Def ,il Parlamento offre loro una formidabile occasione politica. Ricordo che le Regioni sono state le prime a tradire malcelate tentazioni contro riformatrici (lea,mutue integrative ecc). La strada dice il Parlamento è di scambiare risorse con cambiamento, rifinanziare solo l'invarianza significa che, ancor prima della crisi, sono le Regioni che non cambiano a diventare l'alini per controriformare.

Domani conosceremo probabilmente la “legge di stabilità”. Il Governo ma anche le Regioni saranno rispettose delle volontà parlamentari? Vedremo.

Ivan Cavicchi
 

14 ottobre 2013
© Riproduzione riservata


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