Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 4 giugno 2024, ha scritto un nuovo spartito della sua politica sanitaria. Lo ha fatto in due tempi: con un decreto-legge e con un Ddl. Di fatto, entrambi mirati a fare guerra alle liste di attesa, che stanno massacrando la Nazione con meno mezzi per andare avanti.
Non è infatti più tollerabile l’essere accantonato nei corridoi dei pronti soccorsi, il “godere” di prenotazione a 2/3 anni per l’effettuazione di esami dall’esito dei quali può dipendere la vita delle persone e rinviare interventi chirurgici importanti a mesi se non ad anni di distanza.
Entrambe le iniziative saranno naturalmente destinate all’esame parlamentare, ove arriveranno pieni zeppi di emendamenti e con le naturali rivendicazioni delle relative coperture, che invero sono già carenti nel decreto-legge.
Ho trovato interessanti gli articoli apparsi su questa Rivista, soprattutto quelli che hanno analizzato, in progress e nel particolare, i dieci e i quindici articoli di cui si compongono, rispettivamente, il decreto legge e il Ddl.
Qui si intende fare altro: soffermarsi sulla ratio posta alla radice di entrambi e con questo comprendere quali siano le loro prospettive, finanche quelle più recondite.
Da subito in vigore
Il decreto legge, recante misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa da rendere efficaci nell’immediatezza, trova la sua aspirazione di intervenire sugli insopportabili tempi delle liste di attesa per l’erogazione delle prestazioni sanitarie,
Lo ha fatto prevedendo:
a) l’indispensabile contributo dei privati accreditati, in alternativa al pubblico incapiente e non rispettoso dei tempi, cui va corrisposto solo il ticket;Il tutto ovviamente assistito da capienti finanziamenti cash, ancora neppure immaginati dal legislatore.
Il Ddl esposto a raffiche di emendamenti
Diversamente è la composizione e la ratio del Ddl, destinato ad imporre misure a valenza (semi)strutturale.
La lettura dei suoi quindici articoli - fatte eccezione per l’art. 2 che tende ad istituzionalizzare un Sistema Nazionale di governo delle liste di attesa - è dimostrativa della continuazione della logica del rattoppo alla disciplina esistente. Un modo non affatto compatibile, peraltro, con il cambiamento del sistema di finanza che regge il Ssn: dalla spesa storia ai costi standard, uguali per tutti, e fabbisogni standard differenziati per le Regioni, con quelle deboli di gettito fiscale proprio da aiutare con una quota di fondo di perequazione. Da qui la gravità della assenza di coperture, senza le quali sarà davvero difficile rintracciarle in un bilancio statale a secco e con dodici miliardi di euro di ristrettezze imposte dal nuovo Patto di stabilità.
Il punto più critico è rinvenibile nell’immagine che offre il Ddl nel suo insieme. Appare infatti la mignonnette della riforma strutturale che ci vorrebbe.
Entrando nel merito, sono tuttavia da considerarsi corretti gli incentivi economici a medici e infermieri, impegnati nell’abbattimento delle liste di attesa, ed entusiasmante il coinvolgimento a pieno titolo dei giovani medici, in linea con quanto sottolineato dalla Anaao in tema di diversificazione dei siti istituzionali utili al conseguimento delle specializzazioni. Allo stesso modo è da apprezzare il pugno di ferro sui manager aziendali cui vengono rimesse, in caso di dimostrata inefficienza sulla diminuzione delle liste di attesa, le sanzioni della revoca e comunque del non rinnovo dell’incarico.
Legge della concorrenza e inadempimenti seriali delle Regioni
Quanto al punto del maggiore coinvolgimento dei privati erogatori accreditati/contrattualizzati è appena il caso di sottolineare che:
una delle leggi cui l’UE sottopone il godimento delle risorse del PNRR è quella annuale della concorrenza. Ebbene, in tal senso c’è stata quelle per il 2021 (legge 118/2022), che ha sensibilmente modificato, all’art. 15, gli artt. 8 quater e quinquies del d.lgs. 502/1992;
dalla vigenza della predetta legge del mercato e della concorrenza 2021 si è tuttavia registrata, da parte di tutte le Regioni, la mancata applicazione delle modifiche introdotte agli anzidetti articoli disciplinanti le procedure di rilascio dell’accreditamento istituzionale e quelle di selezione degli accreditati da contrattualizzare con il Ssn.
La legge per il mercato e la concorrenza per il 2021 ha cambiato tutto (sulla carta, però!) in tema di criteri di rilascio dell’accreditamento istituzionale e di stipulazione dei contratti degli accreditati con le aziende sanitarie.
L’accreditamento avrebbe già dovuto essere da tempo concesso in relazione alla qualità e ai volumi da erogarsi per il soddisfacimento del fabbisogno e, quanto al rinnovo e alla sua estensione, sulla base dei risultati dell’attività svolta, da doversi quindi misurare annualmente anche in termini di qualità erogativa.
I contratti sarebbero da stipularsi, da oltre due anni, con le aziende sulla base della programmazione sanitaria regionale, che quindi andrebbe fatta bene al fine di determinare il ricorso alla erogazione privata per tipologia di prestazione. Un valore non facile da ottenersi se non sulla base di attente verifiche periodiche e minuziosi monitoraggi dell’accaduto assistenziale. Dunque, con la nuova disciplina viene insediata una salutare procedura agonistica per selezionare il soggetto da contrattualizzare. Ma a fronte di tutto questo, tutto è rimasto come prima!
Extrabudget da problema a cambio di destinazione
Il tema dell’accreditamento/contratto in termini di esercizio pone il problema annoso del budget e del suo indiscusso rispetto.
Ed è proprio il tema dell’extrabudget, corrisposto indebitamente per anni dalla quasi totalità delle aziende sanitarie con il bene tacito delle rispettive Regioni, a suggerire una ipotesi utile a rimediare alle liste di attesa, quanto soprattutto a quelle di diagnostica chimico-clinica e per immagini nonché alle cure strumentali dedicate, nell’indispensabilità ai pazienti oncologici ma anche di interventi di routine in regime di ricovero, anche diurno. Ebbene, una buona idea sarebbe quella di destinare, quanto sino ad oggi pagato indebitamente a titolo di extrabudget agli erogatori - “bene appostato” (si fa per dire!) nei bilanci di aziende sanitarie e Regioni - a retribuzione premiale in favore di chi di loro contribuisce a diminuire concretamente i tempi di attesa dell’utenza, secondo le scansioni temporali e i risultati fissati da Governo e Regioni. Il tutto sottoposto alla vigilanza costante dell’istituito Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, di cui all’art. 2 del decreto legge del 4 giugno scorso.
Ettore Jorio