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Assistenza sanitaria universale. Dagli Usa all'Europa. Lo speciale su The Lancet


E' ancora una volta uno dei terreni di scontro nelle elezioni presidenziali statunitensi. Ma anche in Europa, colpa della crisi e della necessità di tagliare la spesa pubblica, è uno degli argomenti di discussione più caldi. E la rivista britannica si chiede: perché l’universalità dell’assistenza è così importante?

11 SET - Ogni anno nel mondo 100 milioni di persone finiscono sotto la soglia di povertà per pagare le proprie spese mediche, perché non hanno assicurazione sanitaria. Per affrontare più da vicino l’argomento The Lancet ha pubblicato una speciale selezione di lavori che esplorano la questione della copertura sanitaria dal punto di vista sociale, politico ed economico. In particolare, tra questi, uno studio dell’Imperial College di Londra dimostrerebbe come la diffusione di un’assistenza sanitaria universale – definita dall’Oms come l’accesso per tutti in caso di bisogno alle giuste cure mediche, alla prevenzione, e alla riabilitazione, ad un costo accessibile a tutte le tasche – comporterebbe un miglioramento della salute globale della popolazione. Si tratta di un problema che in Italia per ora ancora non conosciamo bene, nonostante i continui tagli alla sanità pubblica, ma che in tempi di crisi potrebbe diventare più pressante anche per noi.
 
In molti paesi nel mondo, anche quando i pazienti hanno assicurazione sanitaria, possono dover pagare gran parte delle cure da soli quando si ammalano, a causa di clausole restrittive nelle polizze. A livello globale infatti, le spese mediche devono essere pagate dai singoli di tasca propria ancora nella maggior parte delle nazioni e l’Organizzazione mondiale della sanità stima che solo nel 2010 più di un miliardo di persone non ha potuto ricorrere alle cure sanitarie che necessitava a causa dei prezzi fuori portata. È anche su questo – ad esempio – che si giocherà anche l’eventuale rielezione di Obama negli Stati Uniti, visto che tra i cavalli di battaglia dell’amministrazione democratica c’è anche la riforma del sistema sanitario.
 
Un problema che è tale da molti punti di vista. Secondo lo studio, le nazioni in cui i costi sanitari vivi sono a carico dei singoli cittadini hanno di solito dei tassi di accesso alle cure peggiori e maggiori rischi – anche economici per l’intera società – che derivano dalle malattie. E il problema potrebbe estendersi anche a paesi che hanno un sistema sanitario pubblico ancora funzionante, almeno nominalmente. “I progressi che sono stati fatti verso un’assistenza sanitaria universale potrebbero oggi essere a rischio a causa del clima finanziario difficile”, ha commentato Rodrigo Moreno-Serra, autore principale dello studio. “Se le pressioni della finanza risulteranno nell’abbandono della copertura universale, questo avrà ripercussioni sulla salute dei cittadini, ma anche sul loro benessere più in generale. Un problema che si fa sempre più attuale ad esempio in Spagna e in Grecia, dove la flessione economica ha portato ad un aumento dei costi dei servizi sanitari per i singoli”. Una questione viva anche in Italia secondo le ultime rilevazioni del Censis, che parlano di una spesa privata salita del 18% nell’ultimo anno.
 
Se dalla diffusione del World Health Report del 2010 la richiesta di assistenza universale ha continuato a crescere, e ottimi risultati sono stati ottenuti in molte nazioni dalla Tailandia al Messico al Sud Africa, questo trend positivo potrebbe essere oggi dunque messo a rischio. Un pericolo che secondo gli esperti va scongiurato. “La copertura sanitaria universale è uno dei più potenti acceleratori dell’uguaglianza sociale e del miglioramento del benessere delle nostre società, e per questo dovrebbe essere messo all’ordine del giorno dell’agenda globale”, ha commentato Jeannette Vega, direttore del dipartimento della salute della Rockefeller Foundation. “È cruciale in questo momento prendere coscienza del fatto che dovremo occuparci dei 25 milioni di famiglie che ogni anno scavalcano la soglia della povertà per via delle spese sanitarie”.
 
Chiaramente, spiegano gli autori dello studio, oltre alla presa di coscienza dei policy makers servono anche dati su cui basarsi, ed ecco dunque il senso di questo approfondimento apparso su The Lancet e della richiesta di nuovi studi sull’argomento. In particolare, non è detto che l’assistenza sanitaria universale sia di per sé garanzia di progresso; ma quel che è evidente, da questi lavori appena pubblicati, è che sicuramente è un importante passo avanti. E che oggi bisogna capire non se, ma come farlo. “Quello che succederà a livello sociale ed economico nelle nazioni che assumeranno come centrale la transizione verso questo nuovo approccio alla salute pubblica non è prevedibile, ma di sicuro in quelle nazioni le famiglie saranno sollevate dalla paura di vedere la propria vita rovinata non tanto o non solo dalla malattia in sé, quanto dai suoi costi”, spiega ancora David De Ferranti, direttore del Results for Development Institute, organizzazione no-profit che si occupa dell’accesso alla sanità e all’educazione nei paesi poveri, in un commento agli studi scritto a quattro mani con Judith Rodin della Rockefeller Foundation.
 
Insomma, la portata della questione è lampante. Come ha spiegato Margaret Chan, direttrice generale dell’Oms, infatti, quel che è certo è che “la copertura sanitaria universale è il più potente concetto che la salute pubblica può offrire”.
 
Laura Berardi

11 settembre 2012
© Riproduzione riservata


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