Farmaci ospedalieri: 30% di risparmi se dispensati in farmacia
Lo rivela un’indagine svolta nella Asl Triestina dalla Fondazione Cref, in collaborazione con Federfarma. Il costo medio per confezione nel caso della distribuzione diretta è risultato pari a 20,02 euro. Con la distribuzione per conto, cioè attraverso le farmacie territoriali, scenderebbe a 14,14 euro.
11 SET - La distribuzione diretta dei farmaci – cioè quella attraverso il quale le strutture aziendali consegnano al paziente i farmaci necessari per continuare a domicilio la terapia prescritta in ambito ospedaliero o distrettuale – costa al sistema sanitario il 30% in più di quanto costerebbe lo stesso servizio svolto dalle farmacie pubbliche e convenzionate sul territorio.
È quanto emerge da una ricerca della Fondazione Cref (Centro Ricerche Economia e Formazione) svolta in collaborazione con Federfarma sui dati 2010 della Asl Triestina del Friuli Venezia Giulia e presentata oggi a Roma, presso la Biblioteca del Senato
Giovanni Spadolini, da
Damiano Degrassi, presidente Cref; da
Andrea Garlatti, docente di economia aziendale all'Università di Udine, commentando la ricerca; e da
Luca Anselmi, ordinario di economia aziendale all’università di Pisa
(scarica la sintesi della ricerca).
Uno studio che parte da un presupposto: le farmacie convenzionate chiedono ormai da tempo il passaggio della distribuzione di alcuni farmaci ospedalieri attraverso il territorio e da anni sostengono che questo comporterebbe risparmi per il sistema, oltre che vantaggi per il cittadino. Risultato che la ricerca sembrerebbe confermare, offrendo così alle farmacie una base su cui rinnovare la loro richiesta alle istituzioni.
Ma veniamo ai risultati della ricerca. “L'analisi - ha spiegato Garlatti – è stata svolta con la collaborazione tra farmacisti degli esercizi convenzionati territoriali e delle Asl e ha permesso di analizzare tutti gli elementi di spesa, non solo quella riferita ai farmaci, ma anche quella del personale, dei locali, delle attrezzature utilizzate nei due diversi contesti di distribuzione dei farmaci. Quello che è emerso è la possibilità di miglioramento. La distribuzione diretta, infatti, è nata sull'ipotesi che costasse meno perché si utilizzavano risorse interne. In realtà non è così”.
Parlando in cifre, dalla ricerca è emerso che il costo medio globale per unità di farmaco in distribuzione diretta (risultato di diversi elementi, tra cui il costo del personale, delle attrezzature e dei locali) nella Asl Triestina è stato, nel 2010, pari a 20,02 euro.
"Secondo le stime del nostro studio - ha spiegato Garlatti - la stessa voce di spesa si fermerebbe per la distribuzione per conto a 6,64 euro per singola unità, con un risparmio di costi pari, quindi, a 13,38 euro rispetto alla distribuzione diretta. Nella distribuzione per conto c’è però da aggiungere i costi delle remunerazione alle farmacie, valutati per unità in 7,50 euro. Ed ecco che è possibile fare il confronto totale dei costi medi per unità di confezione nei due contesti. Per la distribuzione diretta, come detto, è pari a 20,02 euro. Se invece si sommano i 7,50 euro di remunerazione con i 6,64 euro di costi interni, emerge che ogni unità distribuita per conto costerebbe al Ssn 14,14 euro, cioè 5,88 euro in meno che nel caso della distribuzione diretta che, in percentuale, diventa, appunto, il 30% in meno".
“La ricerca Cref – ha commentato
Annarosa Racca, presidente di Federfarma - fa emergere con assoluta chiarezza come la distribuzione diretta dei farmaci abbia dei costi aggiuntivi rispetto al puro e semplice costo di acquisto. Tali costi aggiuntivi sono stati finora sottovalutati. La loro quantificazione permette, invece, di valutare l’effettivo impatto economico della distribuzione diretta e di dimostrare come la distribuzione dei farmaci attraverso le farmacie costituisca per le Regioni e per il Ssn un vantaggio in un momento di scarsità di risorse. Un’opportunità di risparmio e razionalizzazione, che porta con sé benefici anche per i cittadini grazie a un più agevole accesso al farmaco”.
Della stessa opinione il presidente della commissione Igiene e Sanità del Senato,
Antonio Tomassini, che aprendo la mattinata di lavori ha affermato che la distribuzione diretta dei farmaci da parte delle strutture pubbliche può anche essere fonte di sprechi (ad esempio “con dosaggi per tempi a volte superiori al necessario”) e di errori terapeutici (sia perché a volte la dispensazione è effettuata da “mani non professionali”, sia perché questo sistema influenza in modo minore la compliance, cioè dell’adesione del paziente al piano terapeutico). L'unico risparmio reale nella distribuzione diretta, ha precisato Tomassini, “è quello a monte, cioè nell'acquisto dei farmaci. Ma questo sconto potrebbe essere utilizzato anche nella rete ordinaria, con un meccanismo al di fuori della convenzione con le farmacie".
“Le farmacie – ha aggiunto il presidente della commissione Affari Sociali della Camera,
Giuseppe Palumbo – è un organo del Ssn, non può e non deve essere considerato in altro modo”. Quindi da utilizzare e valorizzare per migliorare il Ssn.
Una considerazione ormai “innegabile” anche per
Claudio De Giuli, consigliere giuridico del ministro della Salute, che pur ricordando come su questa materia il Governo centrale abbia dei limiti di intervento, ha sottolineato come “lo studio ha il merito indiscutibile di aprire a nuove prospettive su richieste che le farmacie avanzano da tempo e che le istituzioni erano abituate a interpretare come la difesa di interessi corporativi. Invece – ha aggiunto De Giuli – si tratta di una riflessione su come rendere il sistema più efficiente ed economicamente sostenibile. Una prospettiva, quindi, a cui guardare senza i paraocchi”.
Da parte del presidente del Friuli Venezia Giulia,
Renzo Tondo, l’impegno a “presentare la ricerca in Conferenza delle Regioni” perché “quello del controllo della spesa farmaceutica è un imperativo di tutte le Regioni. Altrimenti sarà difficile garantire il controllo dei bilanci e rispondere agli impegni presi con i nostri cittadini”.
11 settembre 2012
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