Sono circa la metà le Regioni che hanno segnalato, ad oggi, la preoccupazione dei rispettivi Dipartimenti di Prevenzione delle ASL per interventi nelle scuole che non rientrerebbero tra quelli previsti dalle normative vigenti nei compiti propri.
Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 luglio 2022 vengono introdotte, infatti, le linee guida redatte sulla base del parere dell’Istituto superiore di sanità (AOO-ISS PRE16 n. 25450 del 30 giugno 2022), che contengono raccomandazioni operative relative alle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e agli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici.
Di particolare interesse è il richiamo per quanto riguarda le possibili controindicazioni nell’uso di dispositivi aggiuntivi: per il Ministero occorre valutare rumori, rischi per la sicurezza, costi di acquisto e di esercizio, eventuali emissioni e consumi energetici. Si sottolinea infatti che “l’utilizzo di apparecchi di sanificazione, igienizzazione e purificazione dell’aria provvisti di sistemi di filtraggio delle particelle e di distruzione di microrganismi presenti nell’aria e sulle superfici negli ambienti indoor per il contrasto alla pandemia deve essere finalizzato a integrare, e non sostituire, le principali misure anti-contagio e non può prescindere da o escludere la valutazione delle condizioni microclimatiche e della qualità dell’aria indoor e outdoor”.
Ed ecco la materia del contendere: “Il dirigente scolastico richiede alle Autorità competenti (Dipartimenti di prevenzione delle ASL e ARPA) di effettuare le attività preliminari di monitoraggio della qualità dell’aria e di individuare le soluzioni più efficaci da adottare …”.
Da quanto abbiamo appreso, moltissimi dei 118 Dipartimenti di Prevenzione evidenziano che tale previsione esula dall’ambito di delega e dalle finalità delle Linee Guida sulle specifiche tecniche dei dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di areazione e delle successive incombenze. Entrando nel merito della questione, viene osservato unanimamente che il coinvolgimento dei Dipartimenti di Prevenzione è francamente una “forzatura” in quanto si tratterebbe di un compito di “consulenza” a terzi, incompatibile per una struttura finalizzata a funzioni di vigilanza, controllo e autorizzative.
“Non mi sembra, ha precisato Tiziana Frittelli, Presidente della Confederazione Federsanità ANCI, che sia stato tenuto presente il notevole carico di lavoro che sarebbe in ogni caso non sostenibile per i servizi e gli operatori dei Dipartimenti di Prevenzione, sottovalutando anche gli impatti di natura economica che potrebbero discendere a seguito degli esiti dell’attività di controllo e del necessario coinvolgimento di altri soggetti istituzionali (Comune/Provincia in qualità di ente proprietario dell’edificio).”
Infine, in ultima analisi, ma non per importanza, non essendo prescritto un termine perentorio per procedere con la richiesta di monitoraggio e con le successive attività di controllo ed eventuale adeguamento, tale indeterminatezza comporta conseguenze sul regolare svolgimento delle attività didattiche.
Domenico Della Porta
Referente nazionale Federsanità ANCI per la prevenzione, igiene e sicurezza sul lavoro