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Risonanza magnetica. L'Europa finanzia i "super scanner"

di Laura Berardi

All’Università di Southampton sono sicuri che unire insieme la biologia con la fisica potrà portare a strumenti di risonanza magnetica 100.000 volte più potenti di quelli esistenti. Il segreto? Sfruttare le proprietà della meccanica quantistica. La ricerca con i fondi europei per un toale di 2,8 milioni.

15 DIC - La risonanza magnetica è uno strumento largamente usato in medicina, come aiuto in campo diagnostico, soprattutto in ambito oncologico. L’apparecchio permette infatti di riconoscere abbastanza facilmente i tessuti sani da quelli danneggiati, ma produce immagini che hanno in generale una risoluzione piuttosto bassa, tanto che tramite questo strumento non è possibile osservare particolari più piccoli di una certa soglia (che in generale è di circa un millimetro). Presto questo problema potrebbe essere risolto, grazie ad uno studio che sta partendo all’Università di Southampton, grazie ad un ingente finanziamento da parte del Consiglio Europeo della Ricerca, pari a 2.8 milioni di euro. Secondo le previsioni la ricerca dovrebbe durare quattro anni.
 
Di solito i segnali prodotti dalla risonanza magnetica nucleare sono piuttosto deboli. Ci sono però dei metodi sviluppati di recente che possono migliorarne la potenza, permettendo di ottenere segnali anche 100.000 volte più forti del normale. Tutto ciò può avvenire grazie ad un fenomeno chiamato iperpolarizzazione che si verifica per brevissimi intervalli temporali sulle membrane cellulari (in media appena qualche microsecondo). Questo consiste in un aumento del valore negativo del potenziale elettrico, ovvero della differenza di carica tra l’interno della cellula e l’esterno, che può essere sfruttato per migliorare la potenza della risonanza magnetica nucleare.
La ricerca britannica potrebbe usare questo tipo di meccanismo proprio per migliorare gli strumenti diagnostici oggi in commercio, permettendo loro di fornire immagini più chiare e precise e – con ogni probabilità – garantire il rilevamento delle cellule tumorali molto prima che queste possano causare problemi.
 
La difficoltà che devono affrontare i ricercatori è di carattere temporale. Il fenomeno, come già detto, dura solo pochi microsecondi e il miglioramento tecnico degli scanner di risonanza magnetica, ad oggi, sembra poter durare solo un tempo limitato, fino ad un minuto solo nei casi più fortunati.
Il nuovo metodo, che i ricercatori sperano possa aumentare i tempi tecnici a disposizione per le analisi, si baserebbe sulla combinazione del fenomeno dell’iperpolarizzazione con una particolare caratteristica quantistica degli atomi di alcune sostanze. Alcune ricerche dell’Università di Southampton, infatti, hanno dimostrato l’esistenza di particolari particelle dalle proprietà inusuali: queste presentano “stati quantistici”, ovvero precise caratteristiche fisiche, che durano molto a lungo, per un lasso di tempo che si può estendere anche fino a mezz’ora per alcuni gas come il l’ossido di diazoto – meglio conosciuto come gas esilarante.
Gli strumenti che sfruttano questo tipo di sostanze sarebbero dunque capaci di offrire ai medici tempi di analisi più lunghi, ma questa non sarebbe l’unico vantaggio. “Il metodo potrebbe anche permetterci di analizzare i diversi livelli di ossigeno nelle cellule”, ha spiegato Malcolm Levitt, docente dell’Università di Southampton che parteciperà alla ricerca. “Quando questi livelli si abbassano troppo, può voler dire che il metabolismo è accelerato e dunque che le cellule potrebbero essere tumorali”.
 
La combinazione del mondo biologico con quello fisico potrebbe dunque dare risultati inimmaginati. “Potremmo sviluppare un super scanner a risonanza magnetica”, ha dichiarato ancora Levitt, già proiettato al futuro. “Quando si hanno strumenti più potenti si possono rilevare anche sostanze che hanno concentrazioni minori. Come ho già detto ci sono delle sostanze la cui presenza è normale nell’organismo, ma che se sono presenti in eccesso possono rivelare che è in atto lo sviluppo di un tumore. La nostra ricerca vuole proprio permettere di riconoscere queste sostanze. Cosicché si possano rilevare malattie in stadi veramente primordiali, il che aumenta enormemente le possibilità di sopravvivenza delle persone malate”.
 
Laura Berardi

15 dicembre 2011
© Riproduzione riservata

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