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Autismo, quattro studi ne svelano i segreti. Tra genetica ed epigenetica


Due ricerche italiane dimostrano come tra le cause della patologia potrebbe esserci l’alterazione di due geni. Dagli Stati Uniti, invece, uno studio dimostra che il cervello dei bambini autistici presenta differenze non per forza legate al Dna. Ma il problema resta quello della diagnosi.

10 NOV - Sono bambini come tutti gli altri, ma nascosti dietro un muro invisibile. A volte considerati affetti da ritardo mentale. I bambini autistici sono uno ogni 10.000, affetti da una patologia genetica che si manifesta e viene diagnosticata intorno ai due o tre anni di vita. I loro sintomi sono alterazioni nella comunicazione sociale, un comportamento stereotipato, l’assenza di linguaggio, un progressivo isolamento. Talvolta iperattività, impulsività, aggressività, crisi di collera. O anche autolesionismo.
Ma quali sono le basi su cui si sviluppa questa malattia? E quali sono le difficoltà di diagnosi? Per rispondere a questa domanda ci vogliono quattro ricerche diverse, pubblicate tutte questa settimana su riviste di respiro internazionale. Di cui due condotte da ricercatori italiani del Cnr.
Gli studi italiani svelano la base genetica dell’autismo. Partiamo da noi, dall’Italia. Due studi realizzati dall’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Milano, pubblicati su Journal Biological Chemistry e Human Molecular Genetics tentano di capire le cause che determinano l’insorgenza della patologia. La speranza? Chiaramente quella di trovare approcci terapeutici mirati a partire da alterazioni neuronali.
I neuroni permettono di ricevere, elaborare e trasmettere segnali nervosi dei circuiti cerebrali attraverso una serie di prolungamenti chiamati dendriti, la cui superficie è ulteriormente estesa da spine  su cui  si trovano le sinapsi, fondamentali per la connessione neuronale. “Numero e struttura di spine dendritiche e sinapsi sono alla base dei processi di apprendimento e mnemonici;  varie  patologie del sistema nervoso centrale, tra cui l’autismo,  possono essere causate da loro alterazioni funzionali e morfologiche”, ha spiegato Chiara Verpelli, ricercatrice dell’In-Cnr di Milano.
Sono proprio i dendriti, secondo i ricercatori italiani, alla base delle disfunzioni che portano all’autismo. “Numerose patologie del sistema nervoso centrale, tra cui l’autismo appunto, possono essere causate da alterazioni funzionali e morfologiche a carico delle spine dendritiche e delle sinapsi del circuito cerebrale”, ha aggiunto Carlo Sala, anche lui ricercatore all’In-Cnr di Milano. “Quello che abbiamo fatto è stato di selezionare due geni, IL1RAPL1 (Interleukin-1 Receptor Accessory Protein Like 1) e SHANK3 (SH3 domain and ANKyrin repeats), entrambi essenziali al corretto funzionamento dei circuiti cerebrali e dunque alla base della nostra capacità di pensare, imparare e socializzare”. Da qui ha poi ripreso Verpelli: “Gli studi pubblicati hanno caratterizzato i difetti sinaptici indotti dalle mutazioni di IL1RAPL1 e SHANK3 e dimostrato, almeno in vitro, che un farmaco sperimentale è in grado di riparare il danno funzionale causato dalla mutazione del gene SHANK3. Bisogna ora capire meglio dove, come e quando è avvenuta l’alterazione da noi studiata. La speranza  è di poter arrivare a strategie terapeutiche comuni applicabili all’uomo nelle forme di autismo che colpiscono le sinapsi”.
Purtroppo la molteplicità funzionale dei geni identificati non consente ancora di teorizzare una strategia terapeutica comune a tutti i casi di autismo. “Continuiamo a lavorare: l’identificazione precoce della malattia aprirebbe la via a trattamenti terapeutici laddove i processi di sviluppo neuronale possano ancora venire in parte modificati”.
Da oltreoceano, invece, arriva la spiegazione epigenetica. Uno studio della Medical School dell’Università del Massachussets, pubblicato sull’ultimo numero di Archives of General Psychiatry del gruppo Jama, ha indagato in che modo i neuroni della corteccia prefrontale di bambini affetti da autismo mostrino differenze epigenetiche rispetto agli altri. Quello che in particolare cercavano gli scienziati, infatti, erano quel tipo di alterazioni chimiche delle proteine contenute nei geni che non intaccano il genoma stesso, ma che possono avere ripercussioni sulla sua espressione.
Lo studio infatti, ricercava a larga scala lungo il Dna geni che presentassero una sorta di “firma epigenetica” anormale: una modificazione chimica detta metilazione di alcune proteine dette istoni. Questi piccoli composti organici sono collegati al Dna e controllano, appunto, l’espressione e l’attività dei geni. Mentre l’informazione genetica è codificata nelle sequenze di Dna, la metilazione ed altri tipi di alterazioni a livello chimico regolano “epigeneticamente” l’organizzazione del genoma e l’espressione dei geni.
Lo studio ha rilevato che lungo il genoma dei bambini autistici, centinaia di loci (le “posizioni” occupate dal singolo gene all’interno dei cromosomi) mostravano la particolare firma, e di questi meno del 10% presentava mutazioni nel Dna. Secondo i ricercatori, queste mutazioni potrebbero essere causa della malattia, forse insieme ad altre mutazioni genetiche (come quelle scoperte dai ricercatori italiani e descritte precedentemente).
La difficoltà nella diagnosi. E i bambini autistici diagnosticati come affetti da altre patologie. Sempre sulla rivista Archives of General Psychiatry è stato pubblicato l’ultimo degli studi sull’autismo. Riguarda la diagnosi della patologia ed è stato condotto da ricercatori dell’Istituto per lo Sviluppo cerebrale del Weill Cornell Medical College e del New York Presbyterian Hospital. Qual è il problema secondo gli scienziati statunitensi? Che la diagnosi specialistica avviene spesso troppo in fretta. Lo spettro dei disturbi legati all'autismo è molto vasto, e spesso bambini con gravi problemi sociali vengono 'liquidati' con una rapida “sentenza”: quella di essere affetti da autismo.
La ricerca ha evidenziato che lo spettro dei disturbi che vengono classificati come autismo mediante le normali prove di comunicazione, di comportamento e di intelligenza, o avvalendosi delle osservazioni di psicologi e del confronto con i genitori, in realtà è molto ampio. Va da classificazioni più gravi, come la sindrome di Asperger, ad altre più lievi e meno invalidanti, come il PDD-NOS, il disturbo generalizzato dello sviluppo. In media, secondo lo studio, gli esiti dei test diagnostici risultano diversi a seconda delle diverse cliniche: ad esempio, alcune hanno riconosciuto a meno della metà dei bambini il disturbo dell'autismo; altre hanno diagnosticato autismo a tutti i soggetti e nessuna ha preso in considerazione la sindrome di Asperger o il PDD-NOS.
Autismo. Una patologia complessa. C’è ancora molto da studiare e da capire su questa malattia. Ma studi come questi, e molti altri pubblicati negli anni, dimostrano che la via della ricerca è quella giusta per sconfiggerla.
Laura Berardi

10 novembre 2011
© Riproduzione riservata

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