Creare terreno fertile per attrarre investimenti internazionali in Italia; nodo payback per le industrie farmaceutiche e biomedicali; proprietà intellettuale sui frutti della ricerca scientifica; nuovi strumenti normativi e politiche europee nel settore e, infine, rapporti fra le aziende e le Regioni. Sono i principali temi che, secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) Adolfo Urso, ruotano attorno al mondo pharma e biomedicale, convocato questo pomeriggio al nuovo tavolo di confronto a palazzo Piacentini, e che vanno affrontati con decisione per far sì che il nostro Paese primeggi in un comparto già fiore all’occhiello del mondo industriale tricolore. Presieduto dallo stesso Urso e dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, al tavolo erano presenti anche le associazioni di settore e rappresentanti delle industrie e sindacali. “So che è un’antica aspirazione del vostro settore – ha detto Urso introducendo i lavori, durati oltre due ore – essere considerati come imprese e non soltanto per il prodotto che, direi fortunatamente, realizzate a beneficio della salute e del benessere dei cittadini: non siete solamente produttori di farmaci, ma un’industria che fa scienza, tecnologia, produzione. Questo tavolo sarà concreto e produttivo – ha promesso – nel capire cosa possiamo fare di più e meglio per attrarre ancora più investimenti”.
L’industria farmaceutica in Italia conta più di 235 aziende; 68,5 mila addetti diretti nel 2022, il 90% dei quali laureati e diplomati, il 44% donne (53% nella R&S) e 150 mila addetti inclusi i fornitori. Vanta inoltre il +9% di crescita dell’occupazione negli anni 2017-2022, +16% per i giovani e +13% per le donne; nel 2022 ben 49 miliardi di produzione con 47,6 miliardi di export, a crescente valore aggiunto; 3,2 miliardi di investimenti in produzione (1,4) e R&S (1,8); 700 milioni all’anno investiti in studi clinici; il 2% del PIL rappresentato dal valore aggiunto diretto e nell’indotto di settore.
“Per l’Italia – ha proseguito Urso – questo è un settore strategico, che può fare anche di più nella composita realtà di industrie nazionali, talvolta familiari, che da tanto tempo operano nel comparto, e importanti realtà estere, talvolta presenti da oltre 100 anni qui da noi, grazie a un ecosistema che consente di sviluppare al meglio investimenti e produzione. Con questi lavori vogliamo riaffermare la centralità della farmaceutica, e vogliamo farlo qui in questo ministero perché si tratta di una vera e propria eccellenza del made in Italy. Occorre mettere a sistema gli strumenti che esistono e utilizzarli al meglio per valorizzare la competitività italiana a livello globale, europeo e nazionale. Dobbiamo sviluppare elementi che ci consentiranno di realizzare un piano organico per l'industria italiana. I tavoli che pre-esistevano, quello sulla moda, sulle telecomunicazioni, sulla chimica, sono stati riattivati. Oggi è il turno di quello sul pharma, presto avremo un confronto sull’agri-industria, tutti con la stessa logica: attraverso un confronto continuativo anche con i sindacati, vogliamo arrivare a un documento di politica industriale che presenteremo al Paese nella prima parte del prossimo anno, con direttrici di sviluppo in sinergia con l’Unione Europea”. Urso ha spiegato che “questo è un governo che ha 5 anni davanti: nei primi due di legislatura dovremo fare grande riforme di politica industriale, per poi mettere a regime tutto questo con i decreti attuativi necessari. La forza di questo Esecutivo è la coesione fra i ministri: abbiamo tutti la stessa ottica, che è quella del valorizzare il sistema paese, e collaboriamo per risolvere problemi e trovare soluzioni”.
A Urso ha fatto eco il ministro della Salute, Orazio Schillaci: “Si tratta di un tavolo molto stimolante e interessante - ha spiegato - la funzione del mio ministero è quella di assicurare efficienza al sistema sanitario pubblico per garantire il diritto alle cure a tutti i cittadini. Attraverso gli investimenti in ricerca e sviluppo e il sostegno alla ricerca si arrivano a ottenere nuove terapie e una crescita delle competenze del nostro Paese. Un recente studio Altems ha dimostrato che per ogni euro investito in trial clinici, se ne guadagnano 3 in termini di benefici diretti e indiretti. L’Italia ha bisogno di rafforzare la propria produzione per aumentare l’autonomia strategica” del pharma ed “essere pronta anche in caso di crisi sanitarie, ad esempio provocate dalla resistenza agli antibiotici. Salute, sicurezza, competenza, crescita e buona occupazione camminano di pari passo”.
Positivo il giudizio del mondo delle aziende del pharma sull’avvio del tavolo: “E’ una straordinaria opportunità, epocale direi – ha commentato Nicoletta Luppi, vicepresidente di Farmindustria – l’incontro di oggi e soprattutto il fatto che i punti illustrati dai ministri sono perfettamente coincidenti con i temi per noi importanti. Questo elenco di priorità va distinto su due assi portanti: una prima direttrice di visione strategica per il futuro, dove dobbiamo parlare di un patto su quella che sarà la revisione della legislazione farmaceutica europea, perché è chiaro che si deciderà nei prossimi mesi quello che poi avrà un impatto nei prossimi anni. Quindi è importante è che al centro ci sia l’opportunità di snellire la burocrazia inutile da una parte, e dall’altra preservare quello che è stato il vero ossigeno per l’innovazione, ovvero la tutela brevettuale e la difesa della proprietà dei dati. Questo è fondamentale e deve poter trovare un allineamento, e l’Italia potrebbe essere il Paese che guiderà la capacità dell’Europa di giocare la sua carta per continuare a essere un continente ancora più attrattivo. Poi ci sono tutte le questioni più contingenti, che devono poter essere risolte non nel giro di anni, né di un anno, ma rapidamente, quindi il payback: una manovra profondamente iniqua, che va al di là del comportamento nobile che abbiamo avuto finora come imprese. Senza tanti proclami: adesso non lo sosteniamo più. E la nostra proposta è molto ragionevole: chiediamo che tutto quanto oggi è già oggi allocato alla farmaceutica, resti alla farmaceutica. Lo sforamento della spesa diretta dovrebbe essere compensato da quelli che sono gli avanzi della territoriale e, anche ciò che all’interno nei fondi per i prodotti innovativi, circa 500 milioni di euro nel 2023, non viene utilizzato, dovrebbe essere impiegato per i farmaci con innovatività condizionata: non c’è una grande differenza, spesso è solo un’etichetta sfumatamente diversa. Questo a vantaggio anche dei pazienti italiani, che potrebbero usufruire ancora di più e ancora meglio di altri di tutta la straordinaria ondata di innovazione, un vero e proprio ‘rinascimento’ scientifico a cui fortunatamente stiamo assistendo. Altra cosa importante, dare la possibilità di dare importante al concetto di valore di una terapia, anche con la prossima riforma dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Al centro di tutte la negoziazione ci deve essere il valore dei farmaci e non solo il loro prezzo. Noi ci siamo, abbiamo bisogno di segnali forti subito, speriamo questa sia la volta buona. Mi piace pensare che questo allineamento possa essere prodromico rispetto a un governo che ha 5 anni davanti e la possibilità di dimostrare di fare e saper fare”.
“Questo incontro – ha aggiunto Lucia Aleotti, vicepresidente di Farmindustria - è un segnale importante, anche a livello europeo non molti Paesi avviano confronti con due importanti ministeri e il mondo del pharma. Questo significa volontà di attrarre investimenti, sostenere la crescita, l’attenzione al paziente. D’altro canto la nostra industria nel corso anche del 2022 ha ampiamente dimostrato di essere determinante e trainate non solo per la salute dei cittadini, dei pazienti italiani, ma anche per l’economia, per la crescita del nostro Pil, che a sua volta è essenziale per avere un sistema sanitario nazionale che possa essere finanziato e continuare a funzionare, a garanzia della tutela di tutti i pazienti”.
Una visione che il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato sembra condividere: “Credo che i tempi siano maturi per rivedere il tema dei silos” della spesa farmaceutica “con la diretta al 7,5% che sfora puntualmente di 2,4 miliardi l’anno e la convenzionata al 7% sotto soglia di 600 milioni. C’è un tema legato alla nuova governance del settore, che deve mettere al centro il cittadino garantendo un accesso facile al farmaco e la giusta compliance alla terapia. Nelle pieghe del pay back c’è uno spreco di risorse che non solo mortifica le aziende, ma rende inaccessibile il farmaco. Ritengo che i tempi siano maturi per affrontare questo argomento. La mitigazione del payback, silos armonizzati, porterebbero vantaggi ai cittadini e a tutta la filiera. Questo, insieme all’impegno forte per l’industria nel nuovo governo italiano, non può che vederci predisposti verso il settore, e l’incontro di oggi rappresenta una pietra miliare che ci porterà a una serie di soluzioni”.
Chi il payback lo sta ‘combattendo’ in queste ore è Confindustria Dispositivi Medici: la dg Fernanda Gellona ha ricordato che si tratta “del primo grande ostacolo allo sviluppo del settore, il Governo se ne sta occupando, ma anche se apprezziamo lo sforzo siamo lontani da una soluzione che sia compatibile con la sopravvivenza delle aziende. Siamo comunque fiduciosi di poterci confrontare da oggi per portare l’Italia ai primi posti del mondo anche in questo settore. Il mondo del biomedicale in Italia ha una filiera di 4.400 imprese, 118mila addetti e un fatturato di 17 mld comprensivo di export in Usa, Germania, Francia, Giappone, che significa qualità dei prodotti molto apprezzata. Abbiamo bisogno di una governance che garantisca lo sviluppo di un’area industriale che riguarda tutte le prestazioni sanitarie. Per questo vedremmo con grande favore l’istituzione di un tavolo ad hoc per i dispositivi medici, che hanno caratteristiche industriali diverse anche se alcune ci accomunano con il pharma”.
Infine per Fabio Torriglia, vicepresidente di Egualia, l’associazione dell’industria dei farmaci equivalenti e dei biosimilari, il tavolo della farmaceutica e del biomedicale voluto dai ministri Urso e Schillaci rappresenta il primo nucleo della cabina di regia chiesta dalle aziende in vista di un coordinamento nazionale delle politiche di settore che coinvolga tutti gli interlocutori della filiera del farmaco. Per le nostre aziende la prima vera sfida da vincere è quella della sostenibilità industriale, che per il comparto si declina in tre nodi: costi totali di produzione dei medicinali equivalenti, aumentati nel 2022 del 21% rispetto al 2021 (quasi un miliardo di euro di extra costi); prezzi di rimborso dei farmaci SSN: per oltre il 25% dei farmaci in lista di trasparenza (circa 2mila prodotti utilizzati da migliaia di persone) inferiori ai 5 euro; payback: i nuovi farmaci determinano il 76% della crescita complessiva della spesa per acquisti diretti e nel 2023 farmaci innovativi per una spesa pari a 300 milioni usciranno dal fondo dedicato, incrementando il ripiano a carico di tutti. Oggi il ripiano delle aziende di equivalenti e biosimilari quota oltre il 10% del fatturato: un onere non più sostenibile che mette a rischio la continuità delle forniture. È anche importante aprire un confronto sulle risorse disponibili per la spesa per acquisti diretti: per le imprese off patent che vendono in gara il payback è diventato insostenibile, mentre ci sono risorse non utilizzate per potrebbero servire a ridurre l’impatto per le imprese. È poi urgente mettere mano al sistema di preavviso delle carenze, riportando i termini, le procedure e le sanzioni a meccanismi più efficaci sulle reali carenze, più sostenibili e gestibili per le imprese e la PA. Siamo fiduciosi - hanno concluso i rappresentanti di Egualia - che il Governo vorrà sostenere le imprese con solide politiche industriali che agevolino investimenti produttivi locali e che garantiscano maggiore indipendenza strategica nell’approvvigionamento di farmaci e principi attivi per l’Italia. Urge quindi il coordinamento di tutte le misure da mettere in campo”.