Il Cotugno di Napoli, ospedale “modello” per il Covid 19? Ad oggi zero contagi tra il personale. Intervista al Dg Di Mauro
di Ester Maragò
Tanta esperienza nel campo delle malattie infettive, un rigido rispetto degli indirizzi internazionali sui percorsi infettivologici e una rete solida con le altre strutture. Ma anche Dpi avanzati e stanze a pressione negativa. Queste le carte dell’ospedale napoletano considerato dall’emittente televisiva Sky Regno Unito la migliore struttura in Italia per organizzazione e qualità del servizio offerto
03 APR - È napoletano uno degli ospedali modello nella cura dei malati di Covid 19. Con un record non da poco: al Cotugno, dove attualmente sono ricoverati circa 150 pazienti Covid positivi (ma la struttura ne può ospitare fino a 200), il numero degli operatori sanitari contagiati è pari a zero.
Non un caso, ma il frutto di percorsi organizzativi applicati in maniera maniacale e dispositivi di protezione all’avanguardia. Ed anche di un background importante sul fronte delle emergenze sanitarie: il Cotugno è infatti un ospedale ad indirizzo infettivologico ed epatologico, uno dei tre pilastri, insieme al Monaldi e al Cto, dell’Azienda Ospedaliera dei Colli. Il Colera, epidemia scoppiata a Napoli nel ’73, è nel suo Dna come anche l’Hiv e le malattie infettive non epidemiche, quali la meningite.
Ad accorgersi di questa eccellenza tutta campana è stata l’emittente televisiva Sky Regno Unito che, nei giorni scorsi, ha trasmesso in Gran Bretagna un lungo servizio sull’ospedale napoletano - indicato come la migliore struttura in Italia per organizzazione e qualità del servizio offerto - pubblicato poi sulla pagina Facebook della Regione Campania (con sottotitoli in italiano).
Un video dalle immagini più eloquenti delle parole. Dpi avanzati, con maschere simili a quelle antigas, schermi facciali riutilizzabili, tute ermetiche. Ancora, percorsi di disinfezione automatica, ma soprattutto una netta separazione tra le stanze del malato in rianimazione e il resto dei reparti. Stanze a pressione negativa. Le regole di separazione tra gli ambienti infetti e le aree pulite sono rispettate rigidamente. Il personale comunica solo attraverso una finestra.
Ne abbiamo parlato con Maurizio Di Mauro, Direttore generale dell’Aorn dei Colli Monaldi-Cotugno-Cto. Medico infettivologo o, come si è definito in questa intervista, “un operaio della sanità. Non un Direttore generale”. È rimasto stupito dell’attenzione che l’emittente britannica ha dedicato al suo ospedale: “Per me quanto facciamo è normale. Non siamo molto diversi dalle altre strutture” ci ha detto.
Dottor Di Mauro, come ha fatto la sua struttura a riconvertirsi in un ospedale Covid 19 raggiungendo risultati di eccellenza?
Tanta esperienza, un rigido rispetto degli indirizzi internazionali sui percorsi infettivologici, un gioco di squadra e una rete solida con le altre strutture dell’Azienda. Ma anche con un po’ di intuito, abbiamo infatti giocato d’anticipo, capendo fin da subito che a doverci spaventare non era solo la grandissima rapidità di diffusione del Sars-CoV 2 quanto la sua aggressività a carico delle vie respiratorie. Per questo abbiamo spostato immediatamente gli pneumologi del Monaldi in una nuova palazzina completata in tempi da record, dove abbiamo creato un reparto da 60 posti letto di terapia sub intensiva. Questa è stata una carta vincente perché ci ha consentito di assistere quei pazienti con un’insufficienza respiratoria grave ai limiti dell’intubazione senza doverli spostare in intensiva. Anche la possibilità di poter sperimentare il trattamento off label del Tocilizumab farmaco anti artrite reumatoide ci ha aiutato. Con risultati incredibili: sono già state trattate circa 80 persone, abbiamo visto pazienti migliorare nell’arco delle 24 ore, tanti sono stati estubati. Undici sono già stati dimessi. Negli ultimi tempi abbiamo anche osservato che il virus agisce sulla coagulazione con effetti trombotici, per questo c’è stato un grande utilizzo di farmaci anticoagulanti.
Protocolli applicati in tantissime strutture del Paese, ma quello che vi contraddistingue è il fatto che siete uno dei pochi ospedali in cui non è stato contagiato neanche un medico o infermiere
Il contagio zero nasce proprio dall’esperienza maturata nell’approccio con il paziente infettivo. I dispositivi di protezione individuali li utilizziamo tutti quanti e sappiamo come vestirci e svestirci in modo corretto. Nella svestizione se non si eseguono le indicazioni specifiche ci si può contaminare. Sono fasi fondamentali, così come è essenziale per il personale e per i pazienti avere attivato percorsi separati. Avere stanze a pressione negativa è stato essenziale: abbiamo lavorato giorno e notte per realizzarle, perché preservano i medici e gli infermieri. Senza di loro non si va da nessuna parte.
Parliamo di tamponi, la Campania ha accumulato molti ritardi su questo fronte, qual è la situazione.?
Abbiamo superato la fase critica. Siamo l’unico laboratorio accreditato dall’Iss, questo significa che i nostri test non devono essere validati dall’Iss, inoltre possiamo accreditare anche gli altri laboratori attivati dal presidente De Luca in Campania. Il bilancio aggiornato è di 2mila tamponi al giorno lavorati, con zero arretrati. Abbiamo quindi recuperato anche il pregresso.
Soprattutto diamo risposte immediate e ci stiamo adeguando di volta in volta ad una situazione che non so cosa ci potrà portare domani. Mi auguro di poter tornare alla normalità, ma francamente credo che bisognerà tenere alta la guardia ancora per molto tempo. Anche se si dovesse attenuare il fenomeno, dobbiamo essere allertati nel caso si verificasse una ulteriore ripresa.
La Sars CoVid 2 non ha cancellato le altre patologie, in particolare quelle che richiedono interventi di emergenza, penso alle malattie cardiovascolari e neurologiche. Come state gestendo anche questa emergenza?
Nel momento in cui abbiamo convertito il Cotugno in ospedale Covid abbiamo trasferito tutte le altre patologie negli altri ospedali. il Monaldi eccetto che per la terapia intensiva convertita in Covid rimane un ospedale ad alta specialità per le patologie cardiovascolari e per i trapianti.
E sempre al Monaldi il dottore Fiorentino responsabile della pneumologia si è sdoppiato, opera sia lì che al Cotugno dove ci siamo avvalsi della sua grande esperienza. Al Cto continuiamo a portare avanti l’attività traumatologica anzi riusciamo a trattare le fratture di femore addirittura in 24 ore.
Insomma la rete è la nostra forza. Anzi, la estenderei sull’intero territorio regionale.
Ora stiamo affrontando la fase uno, cosa prevede per la fase due?
Dobbiamo potenziare la rete sul territorio, con grande partecipazione dei medici di medicina generale. È lì che si dovrà lavorare per tenere a bada il virus finché non avremo cure specifiche e un vaccino.