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Recovery Fund ed edilizia sanitaria

di Pietro Cavalli

07 DIC - Gentile Direttore,
se è vero che il sonno della ragione genera mostri, è altrettanto vero che il sonno delle Regioni ha generato il disastro (pandemico). Un sonno davvero profondo, in particolare sulla gestione del territorio, sul personale sanitario, sulle RSA, sulla raccolta e gestione dei dati, sulla risorse impiegate nelle sanità pubbliche, sulla impreparazione ed approssimazione ormai palesi a tutti i cittadini, sugli eventi che hanno portato ad una mortalità da primato.
 
E purtroppo non sembra finita: dopo il lungo sonno l’attuale dormiveglia non promette nulla di buono e, se il buongiorno si vede dal mattino, attendiamo con terrore il risveglio vero e proprio che, dopo la disfatta conseguente alle distrazioni che hanno governato la sanità pubblica (non solo lombarda), lancia segnali assai preoccupanti.
 
C’è infatti da essere sfavorevolmente colpiti a leggere quanto riportato su QS a proposito del “piano nazionale di ripresa e resilienza” della Conferenza delle Regioni presentato il 3 dicembre 2020 con lo scopo di fornire indicazioni per una corretta gestione dei fondi europei.
 
Limitandoci alle proposte regionali per la gestione e superamento della attuale condizione sanitaria (Missione Salute), vengono esposte con indifferenza concetti generici, parole prive di significato, affermazioni inutili e banali, assenza assoluta di analisi. Neppure troppo velato, l’unico concetto che si riesce ad afferrare è il seguente: arriveranno molti quattrini e non dobbiamo farceli scappare. Piatto ricco, mi ci ficco, ecco probabilmente il senso del progetto.
 
Sarebbe certamente da approfondire il significato dell’obbiettivo regionale definito “migliorare la gestione delle risorse umane”, se non nell’evidente sottinteso che fino a questo momento le risorse umane non sono state gestite nel migliore dei modi. Finalmente un’autocritica? Giammai, nessuna spiegazione sul percorso che le Regioni intendono affrontare per migliorare la situazione e la quantità/qualità del personale, nessun ripensamento sul fatto che quasi sempre i direttori generali sono nominati direttamente dalla politica per le loro caratteristiche di fedeltà e sottomissione e che, per la proprietà transitiva, questa oggettiva realtà determina una successiva cascata di eventi tesa a marginalizzare, spesso ad escludere, quello che una volta veniva definito pomposamente “governo clinico”.
 
Se andiamo poi ad analizzare il punto relativo al “rafforzamento della resilienza e tempestività di risposta del sistema ospedaliero”, scopriamo che in realtà di carenza di personale non si parla proprio, di falcidia di posti letto neppure, così come non si fa cenno ai recenti piani di riorganizzazione che hanno depotenziato la sanità pubblica spesso a favore di quella privata. E allora? Semplice, la soluzione escogitata dalle regioni è quella di “potenziare ed ammodernare il patrimonio immobiliare e tecnologico”. Non possiamo che essere d’accordo, condividendo il fatto che la sanità non la fanno i medici e gli infermieri e tutto il personale sanitario: secondo le regioni la soluzione per migliorare la “resilienza e tempestività” pare quella di costruire, costruire, e ancora costruire.
 
Magari dismettendo strutture ospedaliere relativamente recenti e perfettamente funzionanti per edificarne di nuove. Tutto molto interessante: se le soluzioni prospettate dalle migliori menti della programmazione regionale per garantire “resilienza e tempestività del sistema ospedaliero” sono queste, non possiamo che manifestare il nostro stupore davanti alla grande visione strategica, all’analisi raffinata, alla progettualità sanitaria che stanno dietro gli obiettivi della Conferenza delle Regioni.
 
Se poi la proposta Regionale per il “sostegno alla ricerca medica, immunologica e farmaceutica” consiste anch’essa nella realizzazione di infrastrutture (anche edilizie?), allora gli assessorati regionali alla sanità non devono aver compreso che le intelligenze sono più importanti delle strutture (edilizie?) e che magari è altrettanto importante operare al fine di trattenere nel nostro Paese alcuni tra i nostri più promettenti ricercatori che sono costretti ad emigrare all’estero.
 
Oppure realizzare che i ricercatori (quelli veri) percepiscono compensi da morti di fame e che magari alcuni tra i criteri di aggiudicazione di bandi regionali per la ricerca andrebbero rivisti. Nel dettaglio, sarebbe anche bello che la Conferenza delle Regioni spiegasse perché la ricerca immunologica debba venire considerata separatamente rispetto alla ricerca medica.
 
Interessante poi la proposta di una “digitalizzazione della assistenza medica e dei servizi di prevenzione”, laddove si parla disinvoltamente di telemedicina e digitalizzazione, probabilmente senza aver compreso che oggi, proprio a seguito di scelte regionali, la maggior parte delle strutture sanitarie viaggia per i fatti suoi dal punto di vista informatico e che magari l’assistenza on-line ai pazienti domiciliari non può riguardare la totalità degli assistiti dal sistema sanitario. D’accordo quindi che una progettazione seria e responsabile sarebbe opportuna, tuttavia non solo per compiacere le software house che lavorano sotto l'ombrello delle sanità regionali.
 
Invece il “rafforzamento della prossimità delle strutture del SSN” non sembra comprendere interventi edilizi. Tuttavia il progetto di completamento della rete di Case della salute, degli ambulatori infermieristici (assai più economici degli ambulatori medici), degli ospedali di comunità lascia intravedere comunque qualche interessante spiraglio
 
Anche al punto “integrazione tra politiche sanitarie e politiche sociali ed ambientali” ci si propone di incrementare la dotazione di posti residenziali e semiresidenziali: progetto fumoso. Che vogliano costruire qualcosa di nuovo?
 
In definitiva, a parte un impianto complessivo debolissimo, pare proprio che uno degli scopi principali delle proposte regionali in tema di ripensamento della sanità sia quello di dare una mano all’edilizia in crisi. Intenzione meritoria, non c’è dubbio, pur se nei fatti si tratta di entrare in competizione con la proposta dell’ecobonus del centodieci per cento.
 
Pietro Cavalli
Medico
 

07 dicembre 2020
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