Visite domicilairi dei mmg e Usca. Ecco perché lo Smi ha fatto ricorso contro la delibera del Lazio
di Cristina Patrizi
24 NOV -
Gentile Direttore,
le scrivo in qualità di cittadina di questa regione e in quanto firmataria, quale medico di medicina generale nonché Responsabile Regionale Area Convenzionata dello Smi, Sindacato Medici Italiani Lazio, che ha promosso e sottoscritto il
ricorso al Tar sulle USCAR di cui tanto a vanvera si sta parlando nei media in questi giorni.
La sentenza del TAR non esclude le visite domiciliari da parte dei medici di famiglia, né limita in alcuna maniera l'assistenza che i medici di famiglia effettuano con abnegazione da sempre, ed in questo terribile anno di pandemia con maggiore impegno di sempre, come tutti i medici italiani.
Dice altro e proverò a spiegarlo, certa che si possa concordare con me e con noi dello SMI, sulla bontà della nostra richiesta, che i magistrati hanno accolto.
La nostra richiesta nasce da una improvvida ed illegittima Delibera regionale del 2020 (Delibera Z00009) nella quale regione Lazio istituiva non le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) bensì le USCAR (USCA alla romana, evidentemente).
Cosa sono le USCA e perché il Governo (non noi, il Governo, su richiesta del Comitato tecnico scientifico) ha obbligato le Regioni, con una legge del 9 marzo 2020 ad istituirle entro 10 GG dall' emanazione di quel decreto?
Per consentire che sul territorio (quindi nelle nostre case, nei distretti, negli studi dei medici di famiglia etc.) vi fossero dei percorsi di sicurezza dedicati al contenimento delle malattie infettive, che potesse consentire proprio ed esattamente di effettuare visite Covid e a pazienti covid positivi e/o sospetti covid.
Dall’altra parte, in tutti gli ospedali sono state poste in essere misure di biocontenimento e percorsi dedicati: ossia, se un cittadino ha febbre o sintomi o altri segnali che possono solo far sospettare una possibile infezione da SARSCOV19, non potrà avere accesso in alcuna struttura pubblica (non potrà fare mai un esame del sangue, una rx, una visita specialistica).
Avete mai sentito dire che, ad esempio: "Gli ospedali si rifiutano di curare i malati in questo difficile momento?". Oppure: "In ASL non si può accedere per fare un controllo per esempio, cardiologico, geriatrico, da un ortopedico, se un cittadino manifesta segni o sintomi covid le viene impedito l'accesso", oppure "le ASL e gli specialisti ambulatoriali si rifiutano di assistere gli ammalati in questo difficile momento?", pensate che nelle ASL sono state bloccate per mesi, fino a maggio-giugno 2020 tutte le visite specialistiche che non fossero urgenti o di massima priorità (i codici U e B).
Nessuno ha mai ipotizzato che questi professionisti della sanita pubblica (ospedalieri, asl, specialisti ambulatoriali) stessero effettuando una violazione deontologica al loro primario dovere di assistenza medica. Cosa è accaduto invece per i medici di famiglia? È successo un po’ un pastrocchio all' italiana!
Il Governo ha predisposto la norma di cui prima, in base alla quale tutte le regioni erano e sono obbligate ad istituire le USCA proprio per supportare i medici di famiglia e di Continuità Assistenziale (quella che comunemente si chiama Guardia Medica).
Proprio per poter fare assistenza domiciliare ai pazienti e/o con sintomi covid. Tutto qua. Per far sì che fosse garantito anche e sul territorio (medici di famiglia) quella indispensabile separazione di percorsi tra pazienti infetti e pazienti non infetti, prevista per tutto il resto del Sistema Sanitario Nazionale.
Abbiamo assistito un po’ ovunque, tranne che in questa Regione Lazio, all'attività delle squadre (mai un singolo medico, le procedure obbligano ad essere almeno in due per completare le procedure di vestizione e svestizione, la macchina deve essere aziendale e sanificata, gli indumenti monouso devono essere smaltiti in sicurezza, non buttati nei rifiuti ordinari, magari in un cassonetto sotto casa...), ossia quei medici e infermieri, vestiti un po’ da marziani, che si muovono come astronauti per accedere al domicilio dei pazienti.
Queste squadre (mai medici da soli, pertanto), nella regione Lazio non sono state mai create, poiché questa regione (ed è solo per questo che i giudici ci hanno dato ragione) ha completamente, ma completamente, tralasciato la funzione della domiciliarità, correlata alla attività dei medici di famiglia, i quali avrebbero dovuto e potuto direttamente attivare le USCA, laddove fosse stata necessaria una visita domiciliare, per meglio assistere i cittadini Siamo stati privati voi e noi, di questo. pensi che il governo ha stanziato 770 milioni di euro per questo.
Nel Lazio non è stato fatto ciò: pensi che, completamente al contrario di quanto la normativa nazionale stringente imponeva, nel Lazio con le delibera che noi abbiamo impugnato ed una serie di atti conseguenti (regolamento USCAR, graduatoria, istituzione del coordinatore USCAR), si diceva espressamente che "solo in via marginale e residuale" le Uscar si sarebbero occupate di visite domiciliari (sono state impiegate in altro: RSA, aeroporti, residenze sanitarie etc.). È accaduto che ci siamo arrangiati, alla romana, alla buona, molti, troppi di noi si sono ammalati per provare a venire al domicilio senza le previste norme di sicurezza, senza essere in due, con la propria macchina, vestendoci per strada o nei portoni. Lo sa che solo in due asl romane, in questi giorni, abbiamo registrato più di 30 medici di famiglia positivi, oltre il personale di studio? Lo sa che non si riesce a trovare chi sostituisca questi colleghi?
Lo sapete che se un MMG si ammala non può continuare ad assistere tutte le altre centinaia, migliaia di pazienti? Chi prescriverà tutti i farmaci che necessitano ai nostri assistiti? chi ascolterà e visiterà tutti i pazienti cronici e/o con acuzie abituali che i MMG assistono?
Tutto questo è indegno di un paese civile!
Dott.ssa Cristina Patrizi
Responsabile Regionale Area Convenzionata SMI Lazio
24 novembre 2020
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