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Osteopatia. Basta polemiche surreali

di Mattia Albertelli e Leonardo Michelin

06 NOV - Gentile Direttore,
siamo due giovani osteopati italiani di recente formazione quinquennale e internazionale. Dalle pagine del Suo quotidiano assistiamo in questi giorni a un dibattito sul futuro della nostra professione, surreale nei contenuti e incomprensibile nelle finalità. E vediamo perché:

1. La nostra esperienza formativa è riferibile a quanto descritto nel merito dai rapporti OMS, dai decreti legge dello Stato che ha conferito le nostre lauree al termine di studi autorizzati e dalla norma di standardizzazione della nostra professione per l'Europa "CEN 16686" (1). Quest'ultima, in particolare, all'art. 3 -"Descrizione", definisce il Trattamento Manuale Osteopatico come "preventivo, curativo, palliativo o adiuvante" dovendo avvalersi la pratica dell'osteopata "di conoscenze mediche, osteopatiche e scientifiche" acquisite mediante "formazione magistrale di almeno 4800 ore" (art. 6.2.3). Per contro, leggiamo nel dispositivo della bozza di accordo italiano che "l'osteopata è un professionista sanitario in possesso di laurea triennale che svolge il trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche non riconducibili a patologie, nell'ambito muscolo-scheletrico" (3). Come possono queste due definizioni tra esse inconciliabili essere state entrambe sottoscritte dalle stesse rappresentanze di osteopati, nel 2015 la prima e nel 2019 la seconda?

2. Nella nostra breve esperienza professionale, come altri colleghi prima di noi, abbiamo partecipato a ricerche mediche interdisciplinari pubblicate e relazionate presso congressi medici nazionali e internazionali (6). In tutti questi casi ci siamo occupati del trattamento sanitario interdisciplinare di patologie come la sclerosi multipla, la distrofia muscolare e il glaucoma, a dimostrazione che il Trattamento Manuale Osteopatico (TMO), adeguatamente integrato nei protocolli di cura, abbia interessanti prospettive in Sanità. Al riguardo abbiamo verificato, come ulteriore conferma dei nostri riscontri, la recente sentenza della Corte costituzionale che ha legittimato "progetti sperimentali finalizzati per l'inserimento dei trattamenti osteopatici nell'ambito delle discipline ospedaliere" (2). Come sarà possibile sviluppare altre opportunità sperimentali per la convalida sanitaria della nostra professione qualora la citata bozza di accordo diventasse legge (3)?

3. Come risulta dagli Ordini del giorno, la norma CEN 16686 al capitolo "Allegato A per l'Italia" riferisca che "Effettuare attività di insegnamento dell'Osteopatia essendo privi del relativo riconoscimento legale o di un'autorizzazione rilasciata dall'autorità competente è suscettibile di impugnazione legale" (1). Ci chiediamo, quindi, per quale motivo rappresentanti di interessi privati, assieme ad associazioni professionali non del tutto trasparenti nei loro intenti, possano aver condizionato i termini del citato accordo nazionale sul profilo del professionista, forti soltanto di un lunghissimo vuoto normativo e della tolleranza dello Stato (5). Accordo che, come sappiamo, ha generato nette obiezioni anche da parte della Conferenza delle Regioni (3).

Noi che stiamo dedicando la nostra vita alla dimostrazione del valore sanitario della nostra professione (6), testimoniamo che le competenze necessarie possano acquisirsi solo durante studi autorizzati e controllati ai sensi delle leggi. Da sempre nel nostro Paese è stata questa la premessa per l'istituzione di tutte le attività assistenziali sanitarie (4). Il nostro interesse è quello di tutelare la nostra professione senza suscitare ulteriori polemiche né discriminare o denigrare i colleghi che hanno fatto studi differenti dai nostri, prevedendo tra l'altro nella legge identificativa della professione, percorsi supplementari di recupero. Tuttavia, in assenza di risposte alle nostre domande, possiamo dedurre l'inadeguatezza legale e deontologica delle rappresentanze in gioco, al punto da comprendere alcuni legittimi timori e le rivendicazioni dell'albo dei fisioterapisti (7). A questi ultimi vorremmo dire che il possesso di competenza sanitaria legale ai fini dell'esercizio dell'osteopatia, diversa come la loro o specifica come la nostra, è un aspetto importante ma secondario di fronte al rischio attuale di rendere menomata fin dalla sua nascita la professione che tutti amiamo. Tanto meno la legittima richiesta di sanare tout court una prima generazione di professionisti senza accreditamenti pedagogici potrà mai giustificare il sacrificio presente e futuro della loro stessa professione, come giustamente denunciato sempre dalle pagine di questo quotidiano (4).

Mattia Albertelli
Leonardo Michelin

Osteopati D.O. esclusivi in Alessandria e Monfalcone.


Sitografia:
1) Norma CEN + Deviazione per l'Italia: http://www.univerosteo.it/frontend/iemo/public/file/Norma_europea_CEN-01_2015.pdf;
2) Sentenza Corte Costituzionale: http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=88670
3) Bozza di Accordo sul profilo dell'osteopata: http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=88180
4) Lettera Associazione ADOE: http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=89525fbclid=IwAR1UPJBUcIJTPAQI4BUzb9-3cPAsyPXxM5OwRt2-1AOOCHyabJNUkL0oKj8
5) Lettera Associazione ROI: http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=89447
6) Convegni scientifici partecipati: http://www.univerosteo.it/it/convegni
7) Rivendicazione Albo fisioterapisti: http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=89410   


06 novembre 2020
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