Test antigenici rapidi. In Lombardia un sistema confuso e complicato
di Gregorio Mammì
05 NOV -
Gentile Direttore,
per continuare a complicare la situazione la Giunta Lombarda ha approvato una
Delibera (n. 3777 del 03/11/2020), contenente le disposizioni relative l’utilizzo dei test antigenici (c.d. tamponi rapidi). La confusione che c’è in Giunta si dimostra dal fatto che, se nelle prime righe del deliberato è spiegato che “Negli ultimi mesi, sono stati sviluppati nuovi tipi di test che promettono di offrire risultati più rapidamente, con minor costo e senza la necessità di personale specializzato”, in tutto il resto della delibera si parla di “tamponi eseguiti dai medici”.
La ricostruzione delle casistiche di effettuazione del tampone rapido è anacronistica rispetto alla realtà dove, fortunatamente, molti infermieri effettuano i tamponi sia presso i centri autorizzati e sia a domicilio.
La modalità di comunicazione dei dati relativi all’effettuazione dei test rapidi effettuati dai medici, viene ulteriormente complicata dall’obbligo di utilizzo di una piattaforma specifica (sMAINF), che è accessibile solo ai medici, provocando pertanto la perdita di eventuali tamponi positivi eseguiti nell’ambito screening effettuati privatamente da infermieri professionisti e in ambito lavorativo.
Inoltre, è previsto che “la decisione di effettuare test antigenico è conseguente ad una valutazione medica”, ma nella realtà i centri non richiedono alcuna prescrizione.
Non sono ancora note le procedure per la registrazione dei medici alla piattaforma sMAINF e per l’avvio dell’effettuazione dei test antigenici rapidi in forma privatistica in quanto queste “modalità verranno comunicate sui siti di ATS entro 15 giorni dall’emanazione dell’atto”, come si legge in Delibera.
Nel mondo reale, però, i centri privati già effettuano tamponi rapidi a pagamento e li fanno certificare dagli infermieri.
Un'altra assurdità che si legge in questa Delibera è quella che riguarda le attività produttive.
Si prevede, infatti, che “nel caso di utilizzo dei test antigenici in modalità di screening, per i soggetti in cui si rileva la positività, è necessario che l’esito venga confermato da tampone molecolare con prenotazione a carico del datore di lavoro”.
Quindi, invece di stimolare degli screening in ambito lavorativo, si va a gravare il datore di lavoro di ulteriori obblighi.
Sarebbe troppo facile permettere agli infermieri libero professionisti di fare i tamponi a domicilio, in forma privatistica, e dargli la possibilità di certificare la corretta esecuzione del test e la lettura dello stesso? Permettendogli, inoltre, di comunicare i dati ad ATS o ai Medici di medicina Generale che attiverebbero il protocollo Covid-19 già previsto?
Perché si è scelto di complicare l’utilizzo di tamponi rapidi che nascono, come ricordato nella premessa della DGR, per semplificare e rendere più rapido ed efficace uno screening della popolazione?
In Consiglio Regionale, ho già posto questi dubbi durante la discussione di una mozione che chiedeva di istituire l’obbligo di effettuazione dei test rapidi da parte dei Medici di Medicina Generale.
Gregorio Mammì
Consigliere regionale M5S Lombardia
05 novembre 2020
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