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Infermieri. Non si frammentino i tavoli di discussione

di Vincenzo Andretta

23 APR - Gentile direttore,
seguo anch'io da molto tempo la discussione fitta di passi in avanti e di ripensamenti che si è innescata sul riconoscimento o meno dell’autonomia professionale per le professioni sanitarie.
Tale argomento, a mio parere, è oramai superato, visto le sentenze della Corte di Cassazione sia civile che penale che nel sanzionare da un lato e nel liberare i professionisti dell'assistenza da responsabilità, nel secondo caso, ha chiarito "che l'infermiere risponde direttamente del ruolo per cui viene formato in ambito universitario, e ne risponde singolarmente".

Mutuare tali concetti alla diversità degli aspetti assistenziali è un "azzardo". Ma, la prospettiva è avvincente ed incentivante.

Da tempo oramai varie università Italiane hanno descritto scenari contestualizzabili nel nostro sistema così com'è. Come non da ultimo, il Cerimas dell'Università  Cattolica di Milano ha condotto uno studio sugli esiti dell'assistenza affidata coordinata e rendicontata da Infermieri del territorio Catalano verso risultati più che lusinghieri.

Si parla anche di intensità di cure, ma la nostra professionalità è tutta lì, dare risposte multifattoriali a situazioni di per sé imprevedibili con la massima efficienza ed efficacia possibile secondo i principi assunti nei percorsi formativi dell'appropriatezza delle cure erogate.

Il mio punto di vista, oggi, è di un infermiere prestato alla Programmazione e Controllo di Gestione che fa della sua formazione di base un vanto ed una peculiarità.
Lo spaccato nell'organizzazione risente delle carenze di quantificare il prodotto finale del "lavoro assistenziale " sia esso di corsia che di territorio il quale è tutto da pubblicare.

In tal senso può aiutarci quando vedrà pienamente la luce la riforma Brunetta , che per la parte accessoria del salario pone in risalto i "risultati" ad obiettivi affidati.
Le fonti ci sono com'e anche i dati epidemiologici di gestione e di esito sia in ambito ospedaliero che territoriale.

Mi chiedo: come si può rispondere ad una medicina fatta di comorbilità e trasversalità multidisciplinari, in assenza di figure professionali che pur non travalicando il confine sottile del contratto di agenzia fra Medico e Paziente, diano certezza delle cure e efficacia degli approcci per la risoluzione dei problemi di salute insorti?
Possono essere solo le norme a rivoluzionare la cultura dominante nel nostro sistema?
E' il momento di cogliere l'opportunità che si ha davanti, come dice il collega dell’Ares Lazio, senza timori e senza contrapposizioni.

Si continui pure a discuterne ma non si frammentino i tavoli di discussione per arenare e minare alle basi la vera discussione.

La via è chiara a tutti, ma nessuno vuole fare un passo "indietro" così da porsi in ascolto e poter andare avanti nel confronto.
L'auspicio e che la "notte " porti consiglio.

Vincenzo Andretta
UOC Programmazione e Controllo di Gestione
AORN Salerno

 

23 aprile 2012
© Riproduzione riservata

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