Sul 5G un allarmismo ingiustificato
di Marco Bella
11 MAG -
Gentile Direttore,
in questi giorni impazza sui social il dibattito sulla tecnologia 5G, come anche
sul suo quotidiano. Ci si potrà chiedere perché, di fronte a una minaccia reale e concreta come il coronavirus, tante persone si preoccupino delle radiofrequenze che invece non hanno effetti nocivi noti sul nostro organismo, al di là di un blando riscaldamento. Né esiste alcuna correlazione provata con quella che fino a ieri era la nostra più grande paura riguardo alla salute, ovvero le malattie tumorali (
vedi documento Iss).
La paura di qualcosa che non si conosce bene (le onde elettromagnetiche sono peraltro un argomento davvero complesso) è normale e comprensibile, soprattutto in considerazione della situazione particolare che stiamo vivendo. La paura dei cittadini va rispettata (mente va contrastato chi in cattiva fede semina allarmismo), ma chi studia questi temi ha anche il dovere di aiutare le persone a superare la paura con argomenti fondati su evidenze scientifiche e razionalità.
Ora, io sono tra coloro che in questi giorni difficili non vogliono semplicemente tornare al mondo com’era prima. Io vorrei costruire i presupposti per superare la crisi e stare tutti meglio di prima, prendendo spunto da alcune cose buone che questa esperienza ci ha insegnato. Una di queste è sicuramente che la qualità dell’aria delle nostre città è migliorata in modo incredibile in seguito al cosiddetto lockdown, che ha abbattuto l’inquinamento atmosferico. Inquinamento che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità è un agente cancerogeno di classe 1, uno di quelli con cui il legame con i tumori è certo: ogni anno nel nostro Paese è responsabile di decine di migliaia di morti.
Passate quindi le restrizioni, siamo sicuri di voler tornare a inquinare come prima le nostre città? O forse è meglio, per fare un esempio, fare in modo che buona parte degli italiani possano lavorare da casa riducendo il traffico? E ancora: quante persone potrebbero abitare e lavorare nei nostri borghi meravigliosi ma ancora poco connessi alla Rete?
Ebbene, per tutto questo abbiamo bisogno di una rete efficiente ed affidabile, come appunto quella che può garantire la tecnologia 5G.
Gli studi scientifici sul suo impatto sanitario devono senz’altro continuare, ma già oggi disponiamo di alcuni punti fermi. Intanto l’uso massiccio di telefoni cellulari dagli anni ’90
non ha aumentato l’incidenza di malattie tumorali nella popolazione.
Poi, gli studi che secondo alcuni proverebbero un aumento di tumori negli animali da laboratorio sono inficiati da evidenti errori di interpretazione dei dati. Queste sono
evidenze dimostrabili e documentabili e sbaglia di grosso chi contrappone ipotesi e voci prive di riscontri.
Perché, allora, rinunciare a qualcosa che con ogni probabilità non ha nulla a che vedere con i tumori (senza, ripeto, rinunciare a imporre limiti cautelativi e un monitoraggio costante, perché la scienza non può mai avere certezze assolute)?
Perché contrastare una tecnologia in base a timori non suffragati da prove mentre questa stessa tecnologia potrebbe tra l’altro aiutarci a ridurre fattori come il traffico che i tumori invece li causa di sicuro?
A questo punto, dobbiamo desumere che chi nonostante queste evidente continua a diffondere allarmismo ingiustificato sul 5G lo faccia per ottenere visibilità. Difficile rassicurarli se non si mettono in condizione di prestare ascolto ad argomentazioni basate sulla scienza e sulla ragione. Ma a queste persone chiedo di porsi almeno una domanda: si rendono conto dei potenziali danni ai quali ci espone la loro cieca opposizione al 5G?
Marco Bella
Deputato M5S, Docente Universitario di Chimica a La Sapienza di Roma e divulgatore scientifico
11 maggio 2020
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