La “Quarta riforma”. Serve, ma il problema non è il definanziamento
di Tiziana Frittelli
24 NOV -
Gentile Direttore,
non ripeterò i rilievi che sino ad ora sono stati fatti su questo giornale al libro di Ivan Cavicchi “
la quarta riforma” (in particolare Mancin, Bartolini, Papotto, Nonis). Vorrei approfondire invece le sue implicazioni economico-gestionali.
Sono un Dg (Policlinico Tor Vergata di Roma), la cui costante preoccupazione è amministrare il proprio ospedale garantendo quella che, secondo me, è una tra le idee più pregnanti della “quarta riforma” e che Cavicchi definisce “compossibilità”: la rimozione delle contraddizioni, che spesso coesistono in un sistema sanitario, per la difficoltà di far combaciare etica, scienza, organizzazione, lavoro, prassi e costi, assumendo le contraddizioni come un costo, tanto per la qualità delle cure (disvalore), che per la tenuta dei bilanci (diseconomia).
La mia regione, nonostante grandi miglioramenti, è ancora in piano di rientro, come pure la mia struttura; pur tuttavia quest’anno, a proposito di “compossibilità”, grazie ad un importante e coraggioso investimento regionale in un’area con grandi necessità assistenziali, abbiamo attivato 44 nuovi posti letto, molti dei quali in area intensiva.
Nello stesso tempo, abbiamo ridotto il disavanzo del 15%, rispetto al 2014, riducendo i costi di produzione ed efficientando il sistema (abbiamo prodotto di più spendendo meno), migliorando costantemente gli outcome clinici, grazie al raccordo con il sistema di valutazione Esiti della Regione Lazio.
Anche per il 2016, continuiamo a perseguire la riduzione costante e progressiva del disavanzo, migliorando la nostra organizzazione e le nostre performances.
In tal senso, quindi, pur nelle “costrizioni” del piano di rientro, che sconta le risalenti criticità del passato, si è andati oltre le logiche della mera “razionalizzazione” dei costi, guardando, in prospettiva, alle “compossibilita’ di sistema”, tramite decise politiche di investimento, e presidiando costantemente l’efficacia e la qualità del servizio all’utenza, tramite il sistematico monitoraggio degli indicatori di processo e di prodotto.
Pertanto, mi trovo a riflettere spesso sulle tematiche affrontate da Cavicchi. Tutta la prospettiva strategica di Cavicchi si basa sulla distinzione compossibilità/compatibilità:
- nel primo caso, la rimozione della contraddizione disvalore/diseconomia è sempre qualcosa che implica un atto riformatore, piccolo o grande che sia, e che riguarda il modello;
- nel secondo caso, invece, si tratta di risolvere semplicemente un problema finanziario con la razionalizzazione, l’ottimizzazione, la riorganizzazione, i risparmi sulle quantità, cioè limitando sempre qualcosa ma a modello invariante.
Con questa distinzione Cavicchi ci dice tre cose importanti:
- rispetto ai problemi di sostenibilità di un sistema possiamo adottare solo politiche di miglioramento oppure politiche di cambiamento;
- in un sistema, rimuovere le contraddizioni tra etica e spesa non è la stessa cosa che risolvere i problemi di spesa tout court;
- in un sistema i problemi di spesa possono diventare opportunità di cambiamento.
E’ su questa base teorica che Cavicchi arriva a distinguere due idee di sostenibilità: quella che, in alto, si basa sulla compatibilità con il Pil e che ispira le politiche di bilancio e che, in basso, diventa compatibilità lineare tra sanità e spesa; e quella che, basandosi sulla compossibilità tra etica, scienza, economia, trasforma un limite finanziario in sostenibilità, ma a condizione di ricorrere ad un progetto di riforma.
Partendo da questi presupposti, Cavicchi ne deduce che, se la crescita della spesa sanitaria, nel tempo, sarà affrontata solo con politiche di compatibilità, la sanità pubblica nel tempo sarà relativamente negata, in parte perché le fonti di risparmio prima o poi si esauriscono (cioè il sistema non può essere limitato più di tanto pena il suo snaturamento) e in parte perché le risorse liberabili restano, tutto sommato, al disotto delle crescenti necessità finanziarie del sistema, mentre, se la crescita della spesa sarà affrontata con politiche di compossibilità (riforma dei modelli, delle prassi, della medicina, delle organizzazioni, ecc.), essa, nel tempo, potrà essere diversamente sostenibile, costando di meno e producendo più salute.
Cavicchi indica la strada dell’eliminazione delle contraddizioni storiche del sistema, cioè dei veri costi strutturali: quelli che derivano da una medicina “contro-tempo”, da un’organizzazione tayloristica del lavoro a sua volta anacronistica, da prassi professionali che sostanzialmente non cambiano mai, da modelli di servizi concepiti in altre epoche, nonché la necessità di intervenire sia per ripristinare equilibri compromessi (miglioramento), sia per sostituire vecchi equilibri con nuovi equilibri (cambiamento), riducendo il grado di regressività. Il tutto a condizione di superare “l’invarianza” o il “senso comune”, entrambi il nemico per antonomasia di qualsiasi riformatore.
Personalmente però, a differenza di Cavicchi, non credo siano in atto meccanismi di de-finanziamento del sistema. Il Governo ha avviato e implementato riforme settoriali importanti (il Patto per la salute, con la definizione di standard, sicuramente migliorabili, ma imprescindibili per un moderno sistema sanitario; le discussioni sulle tematiche dell’appropriatezza; la ridefinizione dei Lea; la responsabilità professionale; le tematiche dell’anticorruzione; l’innovativa introduzione dei “piani di rientro aziendali” previsti dalla legge di stabilità 2016, volta ad una consapevole razionalizzazione di “sistema” basata su una decisa responsabilizzazione manageriale e su un complesso set di indicatori di riferimento a rilevanza non solo “economica” ma anche, contestualmente, in termini di qualità e appropriatezza) e cercato, in una congiuntura economica difficile, di incrementare il Fondo Sanitario per quello che i bilanci pubblici hanno consentito di fare.
E’ vero, tuttavia, che il contesto sociale, demografico, epidemiologico, scientifico e tecnologico sta cambiando molto velocemente e sta mettendo in profonda crisi tutto il sistema socio assistenziale. I fattori che incidono maggiormente sono l’invecchiamento della popolazione e i costi delle nuove tecnologie. Pertanto, è plausibile ritenere che, senza un grande sforzo corale e riformatore, il sistema rischi di non tenere il passo in un futuro molto prossimo.
Per questo motivo ritengo il dibattito sulla “Quarta riforma” una occasione per riflettere in materia di etica, sostenibilità, cambiamento. Chiunque sia alle prese con un piano di rientro, sa che l’unica a formula efficace è il cambiamento dell’intera organizzazione e, ancor prima, la scelta etica di dove e come andare.
Amo profondamente la sanità pubblica e sono orgogliosa di essere al suo servizio. In un momento storico tanto difficile, di fronte ad una sfida così importante come la difesa del welfare, non ci possiamo permettere “invarianze” e, anzi, la sostenibilità del sistema va ricercata senza tregua.
Ben venga, dunque, questo dibattito, che mi auguro si trasformi in una riflessione e in un progetto corale.
Tiziana Frittelli
Direttore generale del Policlinico Tor Vergata, Roma
24 novembre 2016
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