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Infermiera Generica si rifiuta di accompagnare i pazienti e viene condannata dal dal Consiglio di Stato. Ma se si trattasse di demansionamento formalizzato?

di Laura Rita Santoro

10 FEB - Gentile direttore,
ho letto la sentenza del 25/01/2016, n. 219, emessa dal Consiglio di Stato, sez. III, sul ricorso presentato da un’Infermiera generica che rifiutava di trasportare malati, voleva evitare di svolgere incombenze gravose per la sua schiena. Le disposizioni di servizio, impartite, sarebbero state in contrasto, secondo l’infermiera, con il suo stato di salute, formalmente riconosciuto attraverso visita medico-collegiale dalla stessa Azienda Sanitaria, ragione per cui si era rifiutata di eseguire la direttiva.

La sentenza è argomentata sullo stato di salute dell’Infermiera, che avrebbe enfatizzato il non essere nella condizione di poter trasportare pazienti non deambulanti, su lettiga o carrozzina. La collega si sarebbe rifiutata di accompagnare anche i pazienti autonomamente deambulanti per probabili, non documentate (così si legge nella sentenza), eventuali necessità assistenziali non programmabili.

L’Infermiera legittimava il rifiuto delle direttive sostenendo che il dirigente medico, avrebbe chiesto prestazioni lavorative lesive. Nulla si legge circa il demansionamento di dette direttive.

Ho letto la sentenza, ma, alcune cose non sono chiare. L’ambulatorio era privo di ausiliario? Il percorso da accompagnatore era da dove, a dove? Era lungo? La visita medico-collegiale ha definito,  la collega, idonea alla mansione d’Infermiera generica, ma non al trasporto di carichi.  

Forse la collega generica è stata consigliata male? Leggendo la sentenza non si può essere a conoscenza dei fatti nel dettaglio, ma io leggo una palese violazione delle mansioni?! La collega avrebbe preso un provvedimento disciplinare per essersi rifiutata di accompagnare pazienti, vale a dire si è rifiutata di eseguire un ruolo che spetta al portantino.

Il trasporto dei malati, da parte del personale Infermieristico Generico sembrerebbe istituzionalizzato, nella struttura, dal momento che sembrerebbe costante e ripetuto nel tempo, che si “aggiunge” ai problemi di salute della collega.

Il demansionamento, oltre a costituire un grave inadempimento contrattuale, può essere la causa di un danno non patrimoniale risarcibile (Sentenza n° 1302 del 6/10/2015 - Tribunale di Cagliari).  Il Giudice avrebbe potuto chiedere il riconoscimento del danno d’immagine professionale e della dignità personale del lavoratore, connesso ad un comportamento illecito da parte del datore di lavoro, se fosse stato chiesto?

Io, non sono una giurista, ma, una sindacalista e del Nursing Up, però l’interpretazione della sentenza mi fa pensare ad un demansionamento istituzionalizzato e/o mal difeso. Il demansionamento e la dequalificazione determinano una vera e propria “mortificazione” del lavoratore, lesiva della sua dignità e immagine personale e professionale. La struttura sanitaria ha reso istituzionale, per l’Infermiera generica, mansioni spettanti a profili professionali appartenenti alle categorie A, B, BS. Il ruolo dell’ ausiliario socio sanitario, ad esempio, “prevede” il trasporto degli infermi in barella ed in carrozzella ed al loro accompagnamento se deambulanti con difficoltà.

La collega, dice la sentenza, non avrebbe minimamente dimostrato di essersi rifiutata di “trasportare i malati”, quindi non avrebbe scritto nulla?  Avrebbe potuto contestare le direttive circa l’attività “demansionante”, per la quale, tra l’altro,  non era stata ritenuta idonea dalla Commissione medica.  Il rifiuto, scritto, del dipendente avrebbe potuto rappresentare un documento finalizzato all’autotutela.

 La stessa non avrebbe contestato, scrivono, il procedimento disciplinare, limitandosi a rinforzare  i problemi di salute, piuttosto che il demansionamento con le relative prove di merito.

La ricorrente era stata riconosciuta idonea alle mansioni specifiche di infermiera generica (D.P.R. 14 marzo 1974, n. 225), con consiglio di non adibirla a lavori di reparto e comunque di evitare il trasporto di malati o altre incombenze che avrebbero potuto aggravare la sua patologia alla schiena.

Nella sentenza, si scrive, che la richiesta della ricorrente sarebbe stata rigettata perché non c’era nulla di documentato circa le “possibili” difficoltà assistenziali che avrebbero potuto coinvolgere l’Infermiera generica. Probabilmente la collega avrebbe potuto essere consigliata diversamente?

Laura Rita Santoro
Responsabile Regionale Nursing Up Lazio


10 febbraio 2016
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