Sanità laziale in crisi. Le proposte dello Smi
di Francesca Perri
17 GEN -
Gentile direttore,
in riferimento ai gravi fatti di cronaca recentemente riportati dalla stampa regionale (ritardi delle ambulanze, con annesso episodio di decesso per infarto; paziente visitato, dimesso per lombalgia che, dopo 5 giorni, muore per aneurisma addominale), Le scrivo per presentare una sintesi dei punti critici che affliggono, ormai da anni, la sanità del Lazio, poiché, noi medici "di trincea", che quotidianamente affrontiamo la malattia e il malato, spesso con abnegazione, cercando di sopperire alle carenze strutturali e organizzative, siamo sempre e puntualmente inascoltati e, a volte, anche sanzionati.
E’ assolutamente necessario che la gente sappia di chi è la responsabilità di questa realtà ormai al collasso. Tenga conto che ho scritto ed inviato i seguenti punti ben due anni fa ai vari esponenti politici ma, a quanto pare, la situazione non è affatto mutata. Per chi crede fermamente nella professione medica e cerca, ogni giorno, di agire secondo scienza e coscienza, per chi ha scelto di lavorare solo nel comparto pubblico, come tutto lo staff della segreteria regionale Smi (Sindacato Medici Italiani), è veramente intollerabile l'idea che, a pagare per le innumerevoli disfunzioni organizzative sia, in primis, il cittadino, e poi il medico, che si dedica alla professione con serietà e professionalità e che rimane inascoltato da chi avrebbe, invece, il sacrosanto obbligo di ascoltarlo.
Le criticità della Sanità del Lazio in 14 punti:
1) Inadeguata informazione alla popolazione sui servizi sanitari esistenti e su come utilizzarli al meglio;
2) Riduzione dei posti letto in Ospedale, senza valide alternative sul territorio;
3) Riduzione del personale medico e paramedico, con blocco del turn-over ormai settennale (dal febbraio 2007);
4) Studi medici di famiglia già aperti 10 ore al giorno con le Unità di Cure Primarie (Ucp), ma inadeguata informazione alla popolazione.
5) Impossibilità per i medici di famiglia di avere un accesso diretto per determinate analisi (Rx, Ecg, Tac, Rmn o visite specialistiche). Per cui, molti pazienti, pensando di far prima by-passano il medico di famiglia, si recano direttamente in pronto soccorso. Non solo: i medici di famiglia sono stati pesantemente burocratizzati. Ormai trascorrono più tempo al computer che a visitare i pazienti, in quanto obbligati a lavorare per l'Inps con l'invio dei certificati online. O a lavorare per il Fisco, dovendosi accertare che gli assistiti abbiano o meno il diritto all'esenzione.
Sono inoltre sottoposti a controlli costanti sulle prescrizioni farmacologiche e di diagnostica, mentre gli altri soggetti prescrittori (specialisti ambulatoriali, ospedalieri e universitari), non dispongono neanche di strumenti informatizzati per la prescrizione, poiché le Asl e/o le aziende ospedaliere non hanno mai provveduto alla dotazione strumentale di base (computer, collegamento internet, cartella clinica informatizzata). Queste carenze impediscono al sistema di potersi coordinare. Il medico di medicina generale non è in condizione di accedere ad una prenotazione diretta per un esame diagnostico, non è in condizioni di interloquire con un ospedaliero, laddove dovesse ravvedere una urgenza, né può avere aggiornamenti o informazioni su un proprio assistito ricoverato. Neanche i servizi di pronto soccorso sono in raccordo con le 800 Ucp (Unità di cure Primarie) dislocate sul territorio, nelle quali sono organizzati i medici di famiglia della Regione. Per non parlare del sistema di gestione della domiciliarità e del paziente cronico di cui tutti i politici, puntualmente, sollevano il problema, ma non lo risolvono. Ogni azienda utilizza sistemi differenti di accesso alla presa in carico, tutti i servizi Cad (Centri Assistenza Domiciliare), sono sostanzialmente dati in appalto a cooperative infermieristiche con esponenziale declino del livello qualitativo dell’assistenza sanitaria e relativo aumento di spesa. Gli orari sono limitati a poche ore settimanali e non riescono a coprire il fabbisogno.
6) Mancata implementazione della pianta organica della Continuità Assistenziale (ex Guardia Medica), come sancito nell'Accordo Integrativo Regionale del 2005, che prevedeva quasi un raddoppio della pianta organica stessa, ma che è rimasto lettera morta. E si continua a lavorare con lo stesso numero di medici di notte, festivi e prefestivi, non tenendo conto che la popolazione è aumentata sia come numero, sia come aspettativa di vita, ed è quindi è aumentato anche il fabbisogno di salute;
7) Tra l'altro, in una città come Roma, definita Metropoli solo sulla carta, si calcolano ancora 3.500.000 abitanti, senza tener conto dell'afflusso turistico e che anche i turisti beneficiano, gratuitamente, del servizio sanitario regionale. Così come non si tiene conto dei pendolari, dei non residenti e degli extracomunitari. Aggiungendo tutti questi pazienti, solo a Roma, si contano oltre 5 milioni di assistiti;
8) Riduzione del Servizio di Emergenza Sanitaria (Ares 118), con meno ambulanze pubbliche e comparsa di un sempre più cospicuo numero di ambulanze private convenzionate con il 118; in cui gli infermieri e gli autisti sono sottopagati (infermieri 7 euro l'ora, autisti 5 euro l'ora), e senza alcuna tutela. Sempre più spesso, inoltre, per sopperire alla carenza di organico, si assiste all'invio di ambulanze a “due”, ovvero: con infermiere e autista, senza barelliere. Questo comporta notevoli difficoltà nel trasporto del paziente, con la necessità di richiedere l'aiuto dei familiari. In alternativa, è necessario attivare un'altra ambulanza, con annesso aumento dei costi da una parte e aumento dei tempi di attesa per i pazienti dall'altra. Per non parlare, poi, della drastica riduzione dei medici nelle ambulanze, medici che potrebbero trattare i pazienti a domicilio per patologie minori, senza intasare i pronto soccorso e che potrebbero portare il paziente all'ospedale più idoneo per le patologie più gravi, con un miglioramento non solo delle aspettative di vita, ma della stessa qualità di vita, senza esiti invalidanti e, quindi, con un minor costo per la società;
9) Riduzione dei servizi di psichiatria sul territorio, con tutto quel che ne deriva a cominciare dalle ricadute sulle famiglie che non sanno a chi rivolgersi. I pochi centri esistenti sono oberati di lavoro e non riescono a farsi carico di altro, né riescono ad attirare l’attenzione dei politici, salvo, poi, quando accade un fatto eclatante.
10) Sulla sanità regionale grava anche il servizio sociale. Ad esempio, molti senza fissa dimora o clochard, soprattutto durante il periodo invernale, non usufruiscono dei servizi sociali ma, bensì, del servizio sanitario, a cominciare dalla richiesta delle ambulanze.
L'ambulanza interviene e soccorre il clochard che vuole andare in ospedale per mangiare e per dormire al caldo, occupando una barella che servirebbe ad altri scopi. D'altra parte, se l'ambulanza non carica la persona riversa a terra, c'è sempre qualcuno pronto a denunciare; e allora ecco che gli ospedali, soprattutto quelli romani, si ritrovano tutti con almeno 3-5 barelle occupate;
11) Nomine politiche dei Direttori Generali e, a cascata, a volte, anche dei Primari. Questo incide, notevolmente, sul servizio sanitario considerando che nessuno si assume la responsabilità di denunciare quello che non funziona e cercare di porvi rimedio. Sarebbe ora di cominciare ad adottare un sistema meritocratico e di professionalità nella scelta dei manager, forse qualcosa potrebbe migliorare.
12) Aumento ciclico delle cliniche private convenzionate che, tuttavia, quando hanno un'urgenza chiamano il 118, poiché non hanno né cardiologi, né anestesisti di guardia, o hanno un solo medico di guardia per tutta la Clinica. In definitiva, in questo tipo di strutture sanitarie, non si registra mortalità perché, il paziente grave, viene sempre e comunque trasferito in ospedale.
13) Mancanza di posti letto di Breve Osservazione (Obi), che non andrebbero ad incidere sulla dotazione dei posti letto di 3/mille su base nazionale.
14) E ancora: che fine ha fatto il Centro Unico di Acquisto per Farmaci e Presidi? Ci sono prezzi diversi fra Regione e Regione, fra Azienda e Azienda e, molto spreco, è legato al passamano nei vari corridoi. Altro che spending-review!
Francesca Perri
Responsabile nazionale Smi per il 118 e Pronto Soccorso
17 gennaio 2014
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