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Salute mentale e diritti: superare lo stigma per un reale cambiamento sociale 

di Antonio Lasalvia

14 GEN -

Gentile Direttore,
mi rivolgo alla Sua testata per condividere alcune riflessioni in seguito a una serie di contributi pubblicati su Quotidiano Sanità in risposta all’intervento del Prof. Cavicchi riguardo la Seconda Conferenza Nazionale per la Salute Mentale.

Tra questi, l'intervento di Pietro Pellegrini sul tema dei diritti. La questione dei diritti è centrale in salute mentale, come evidenziato dal titolo della Conferenza stessa: “Riprendiamoci i diritti”. Non avendo partecipato all’evento, non sono a conoscenza dei dettagli del dibattito che ne è emerso, se non della dichiarazione conclusiva, apparsa su numerosi organi di informazione.

Vorrei qui soffermarmi sul titolo della Conferenza. A una prima lettura, sembra che gli organizzatori abbiano voluto evocare un periodo passato in cui i diritti delle persone con disturbi mentali erano pienamente riconosciuti, suggerendo un ritorno a quell’ipotetica “età dell’oro”. Il titolo contiene inoltre un invito collettivo: “Riprendiamoci”. A chi è rivolto questo invito? Agli operatori? Ai familiari? O ai pazienti stessi? Presumo che i destinatari principali siano proprio questi ultimi e le loro famiglie, ossia coloro che usufruiscono dei servizi di salute mentale. Tuttavia, se l’intento è quello di “riprendersi” qualcosa, dobbiamo chiederci se quei diritti siano mai stati davvero pienamente posseduti in passato. A mio avviso, la parola “riprendere” contiene un’ambiguità e rappresenta quasi un falso storico. Non mi risulta che vi sia mai stato, in Italia o altrove, un periodo in cui i diritti delle persone con disturbi mentali siano stati pienamente riconosciuti.


La L.180 ha rappresentato un passo avanti, abolendo il sistema manicomiale e restituendo diritti di cittadinanza a persone precedentemente recluse negli ospedali psichiatrici. Tuttavia, il vero nodo della questione è: le persone con disturbi mentali hanno realmente avuto la possibilità di esercitare quei diritti nella quotidianità e nei contesti fondamentali della vita come lavoro, istruzione, sanità, famiglia e società? Di quali “diritti” stiamo parlando? Evocare i diritti in modo astratto rischia di divenire un esercizio retorico; ognuno può interpretare quella parola secondo la propria visione. Se analizziamo alcuni di questi diritti, ci accorgiamo che, nonostante i progressi legali, le persone con problemi di salute mentale non hanno mai veramente potuto esercitare i diritti che la L.180 intendeva garantire.

Una società che discrimina le persone con disturbi mentali, pur essendosi dotata di leggi inclusive ed evolute, ne impedisce di fatto l'esercizio dei diritti. D’altro canto, una platea di utenti poco consapevoli dei propri diritti difficilmente potrà rivendicarli attivamente. Lo stigma, sia pubblico - riguardante le percezioni e i comportamenti della società nei confronti delle persone con disturbi mentali - sia interno, che porta i pazienti a interiorizzare gli stereotipi negativi diffusi nella società, è un tema centrale da questo punto di vista, ma poco trattato. Nella dichiarazione finale della Conferenza non trovo alcun riferimento esplicito alla necessità di combattere lo stigma in maniera concreta. Le persone con disturbi mentali subiscono discriminazioni in vari ambiti: nell’accesso all'occupazione, nell'istruzione, nei servizi sanitari, e persino nel godimento dei diritti familiari e sociali. Richiamo alcuni articoli chiave della “Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità” (CRPD), adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2006 e ratificata dall’Italia nel 2009. L’articolo 5 ribadisce il diritto all’uguaglianza e alla non discriminazione, mentre l’articolo 25 sancisce il diritto a godere del miglior stato di salute possibile, inclusa l’assistenza per la salute mentale. Tuttavia, molti operatori sanitari nutrono diffidenza verso i pazienti, sottovalutando le loro necessità e risolvendo rapidamente le problematiche, quando non le ignorano del tutto. Questa situazione si traduce in una scarsa attenzione alla salute fisica delle persone con disturbi mentali, con una conseguente aspettativa di vita inferiore rispetto alla media.

Lo stigma non solo frena l'accesso alle cure, ma impedisce anche la partecipazione alla vita sociale. La CRPD, in articoli come il 19 e il 7, riconosce il diritto alla vita indipendente e alla partecipazione piena alla società. Purtroppo, la criminalizzazione dei comportamenti associati ai disturbi mentali e la detenzione involontaria limitano la libertà delle persone, così come il diritto alla sicurezza e l'autodeterminazione. Inoltre, l’articolo 17 afferma il diritto all’integrità personale, ma molte pratiche inumane, come la contenzione fisica o la coercizione delle cure, continuano ad essere una dolorosa realtà. Anche il diritto al lavoro (articolo 27) è ostacolato dallo stigma, con molte aziende che tendono a non assumere persone con disturbi mentali, preferendo pagare multe salate o assumere persone con altre forme di disabilità. In sintesi, il tema dello stigma e della discriminazione resta un ostacolo all’esercizio dei diritti delle persone con disturbi mentali. Credo che la lotta allo stigma debba diventare centrale. Per farlo, è necessario inserire la salute mentale tra le priorità politiche, sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi per la ricerca.

La ricerca, in particolare quella sui modelli assistenziali e sui determinanti sociali dei disturbi mentali, è un altro tema cruciale. Questo tipo di ricerca, che non trova adeguato supporto dalle aziende farmaceutiche e dalle istituzioni pubbliche nazionali, era stata definita da Michele Tansella come "ricerca orfana". Nel 2005, proprio Tansella aveva lanciato una campagna di fundraising in Veneto, una delle regioni più ricche d’Italia, per finanziare progetti di ricerca innovativi in salute mentale. Tuttavia, la risposta delle aziende pubbliche e private fu deludente, tanto che la campagna non produsse risultati significativi e la fondazione si estinse per mancanza di risorse. A distanza di vent’anni, la situazione non sembra essere migliorata. Recentemente, attraverso la fondazione "Anna e Luigi Ravizza" abbiamo contattato aziende del Triveneto per sostenere un progetto di ricerca su un intervento innovativo contro lo stigma interno nelle persone con disturbi mentali, senza significativa attenzione. Nonostante la disponibilità di alcune imprese a sostenere iniziative su cancro o malattie rare, il tema della salute mentale continua a essere visto come poco interessante. Lo stigma associato alla malattia mentale sembra tenere lontani anche investitori e aziende.

Un'iniziativa come la creazione di una "Telethon per la salute mentale" potrebbe forse fare la differenza. Da quando Telethon è stato lanciato, ha catalizzato enormi risorse economiche e un'attenzione mediatica senza precedenti, permettendo di finanziare ricerche all'avanguardia e sensibilizzare anche i giovani sulle problematiche legate alle malattie rare. Allo stesso modo, un'iniziativa simile per la salute mentale potrebbe contribuire ad abbattere lo stigma che ancora oggi segna la vita delle persone con disturbi mentali. Attraverso un evento nazionale annuale, si potrebbero raccogliere fondi destinati a progetti di ricerca sui determinanti sociali dei disturbi mentali, sul contrasto allo stigma e sul miglioramento dei modelli assistenziali.

Un'iniziativa di questo tipo rappresenterebbe anche una opportunità per educare il pubblico e le istituzioni sull'importanza di investire in salute mentale. Il successo di un "Telethon della salute mentale" potrebbe determinare un cambiamento radicale nella percezione e nel trattamento delle persone con disturbi psichici, contribuendo a trasformare un campo trascurato in un ambito di innovazione e progresso. Solo creando un movimento nazionale che coinvolga tutti i settori della società, potremo abbattere lo stigma e avviare un cambiamento culturale che restituisca dignità e diritti alle persone con disturbi mentali.

Prof. Antonio Lasalvia
Professore Associato di Psichiatria Università di Verona



14 gennaio 2025
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