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Basterà qualche super ospedale in più a frenare la mobilità sanitaria in fuga dalle Regioni del Sud?

di Claudio Maria Maffei

13 GEN -

Gentile direttore,
in una lunga intervista pubblicata su la Stampa, il Ministro Schillaci ha risposto a una domanda sulla costituenda rete di super ospedali che dovrebbe “arginare la migrazione di pazienti da Sud a Nord”. Il Ministro ha risposto che “Al momento posso solo dire che siamo alle ultime battute e che non c’è un problema di finanziamento. Siamo ben intenzionati a fermare una migrazione sanitaria dal Sud verso il Nord che drena risorse ingenti e che non è più sostenibile né accettabile”. Di questo progetto e delle sue finalità si ricava un po’ più da un articolo di qualche mese fa sempre su la Stampa. Mi limito a ricordare da questo intervento che il Ministero della Salute sta lavorando ad un Decreto di costituzione di una rete di “ospedali nazionali di riferimento” che acquisirebbero uno status speciale e riceverebbero finanziamenti garantiti dallo Stato centrale e non più solo dalle Regioni, con lo scopo di garantire un elevato livello di cure nei campi più importanti, come quelli della cardiochirurgia, della neurochirurgia e dell’oncologia pediatrica.

Mi interessa riprendere qui il rapporto tra il progetto super ospedali e i flussi di mobilità sanitaria da Nord e Sud, tema toccato qualche settimana fa qui su Qs da Maria Triassi e Antonio Salvatore.

Per quanto generiche le affermazioni sul tema fatte dal Ministro nell’intervista a la Stampa confermano il rapporto tra la costituenda rete dei super ospedali e l’obiettivo di frenare i flussi di mobilità sanitaria. La risposta del Ministro lascia molto perplessi quando si lascia intendere che non c’è un problema di finanziamento, mentre è del tutto condivisibile quando si definisce la migrazione sanitaria da Nord a Sud un drenaggio, e quindi uno spostamento di risorse, insostenibile e soprattutto inaccettabile. Lascio perdere la questione del finanziamento, che sarà in realtà un problema molto grosso a partire dalla parte in conto capitale per le strutture e le tecnologie, per concentrarmi sulla ipotesi del Ministero che per frenare gli imponenti flussi di mobilità sanitaria da Nord a Sud basti qualche grosso ospedale in più, del tipo di quelli che saranno previsti nel progetto del Ministero. Si tratta di una ipotesi fondata, a mio parere un po’ semplicisticamente, sul fatto che i grandi ospedali stanno soprattutto al Nord e al Centro, mentre la migrazione sanitaria parte soprattutto dal Sud. Aggiungiamo, adesso sono io a semplificare, qualche grosso ospedale al Sud che faccia anche da hub (la parola magica) per gli altri ospedali della Regione e il gioco è fatto.

Per un confronto sul progetto super ospedali al Sud, occorre partire da alcuni dati relativi ai flussi di mobilità sanitaria da Sud a Nord per i ricoveri ricavabili sia dall’area dedicata del Portale Statistico dell’Agenas che dall’area dedicata più specificamente alla mobilità per le patologie oncologiche e muscoloscheletriche (in pratica la patologia ortopedica):

Se poi si guarda al numero di posti letto delle diverse Regioni (vedi la Figura 2.10 del capitolo del rapporto OASI del Cergas Bocconi del 2024 dedicato alla struttura e alle attività del SSN) si vede come alcune Regioni del Sud come Calabria e Campania abbiano una offerta di posti letto per acuti inferiore a quella di Regioni come Lombardia ed Emilia-Romagna, ma con differenze non così ampie da giustificare da sole l’entità dei flussi di mobilità.

Quindi in estrema e grossolana sintesi, perché il progetto super ospedali al Sud abbia efficacia nel contrasto alla mobilità sanitaria verso il Centro-Nord occorre che:

Sarà interessante vedere se il progetto super ospedali avrà tenuto conto di queste domande e soprattutto abbia previsto una risposta alle stesse adeguata e credibile.

Claudio Maria Maffei



13 gennaio 2025
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