Perché ricorrere sempre di più all’accomodamento ragionevole
di Domenico Della Porta
09 GEN -
Gentile Direttore,
con l’avvio in Italia della sperimentazione in nove province dell’applicazione del D.Lgs. 62/2024, occorre rilanciare l’Accomodamento Ragionevole previsto dall’art.17 anche come leva per superare l’approccio alla persona con disabilità attraverso un modello medico valorizzando piuttosto il modello sociale che affronta tale condizione non come deficit o deviazione dalla norma, ma come semplice diversità, da affrontare modificando le interazioni tra individuo e società.
Anche l’Ocse ha ribadito qualche anno fa che i Paesi delle Società avanzate devono contrastare la cultura degli interventi per la disabilità basati prevalentemente sulla concessione di benefici economici e favorire invece l’inclusione, (come confermato dal D.Lgs.62/2024) delle persone con una parziale compromissione della loro capacità lavorativa nel mercato del lavoro.
Gli obiettivi proposti sono:
- Superamento della prevalente medicalizzazione dei problemi connessi all’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Una riduzione della capacità lavorativa può rendere una persona meno competitiva in un contesto con ridotta disponibilità a creare nuovi posti di lavoro. Si tratta di un problema tipico del mercato del lavoro, ma tuttavia nella maggior parte dei paesi viene affrontata mediante benefici economici la cui concessione è basata sul modello medico della disabilità, che ormai con la marcata contrazione dell’importanza delle attività lavorative di tipo fisico, nelle quali l’estrinsecazione fisica e motoria viene ad essere del tutto sostituita dalle macchine dalle nuove tecnologie, finisce per essere spesso del tutto dissociato dall’effettiva capacità di svolgere un lavoro remunerato. Si ha così che un numero rilevante di persone con una parziale riduzione della capacità lavorativa venga etichettato come del tutto inabile.
- Modificazione dell’approccio negativo basato sulla disabilità a quello positivo basato sulle capacità. Recenti studi mostrano come il mettere in evidenza in una persona con ridotte capacità lavorative ciò che ancora può fare e nello stesso tempo inquadrarla come soggetto che può avere un ruolo attivo nel mercato del lavoro porta a dei risultati molto positivi.
- Attivazione, intesa come promozione della motivazione delle persone con una residua capacità lavorativa. I benefici concessi per una condizione di parziale disabilità costituiscono una sorta di incentivazione perversa che tende ad escludere il beneficiario dal mondo del lavoro. Alcuni Paesi hanno ottenuto risultati importanti mediante l’impiego di politiche attive di inclusione lavorativa (mainstream policy) volte a supportare le persone con una capacitò lavorativa parziale a rientrare nel mondo del lavoro.
L’inclusione nel mondo lavorativo, definito in Italia attraverso una legge fortemente innovativa, quale è stata la legge 68/99, facendo oggi ricorso all’accomodamento ragionevole esplicitato dall’art.17 del D.Lgs.62/2024 è uno dei più significativi banchi di prova per chi tenta di coniugare i doveri di solidarietà con l’effettiva possibilità di rendere concreto il diritto al lavoro, l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità.
“Se riusciremo a definire una valutazione della disabilità che non sia una mera descrizione, per quanto accurata, di una determinata situazione biologica, ma anche una precisa collocazione della persona in un ambito di tutela effettivo, garantito da una ricognizione certa, verificabile, delle sue condizioni personali e della realtà in cui vive, avremmo fatto certamente un grande passo in avanti, oltre la crisi incombente, verso un futuro più libero e giusto per tutti.” (dalla Lettera Enciclica Caritas in Veritatis del Sommo Pontefice Benedetto XVI).
Domenico Della Porta
Presidente OSMOA, Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali Università degli Studi di Salerno, già Primario di Medicina del Lavoro.
09 gennaio 2025
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