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Il ‘bisogno assistenziale gravissimo’: un altro (ennesimo) ircocervo selettivo per ridurre la coorte degli anziani non autosufficienti

di Fabio Cembrani

07 GEN -

Gentile Direttore,
l’esito dell’approvazione della legge 23 marzo 2023, n. 33, alcuni milioni di famiglie italiane hanno sperato nell’ammodernamento del nostro sistema di welfare. Per la verità la speranza era già nata qualche tempo prima con l’approvazione del PNRR in cui si annunciava (Missione 5) la riforma della non autosufficienza, la semplificazione dei percorsi burocratici, il potenziamento dell’assistenza domiciliare e la presa in carico della persona con l’obiettivo di favorire la sua permanenza a domicilio.

In brevissimo tempo la speranza si è poi rarefatta quando il Governo, nel dare attuazione alla delega parlamentare, ha approvato il decreto legislativo 15 marzo 2024, n. 29. L’art. 34 di quel decreto ha, infatti, parzialmente riformato l’istituto giuridico dell’indennità di accompagnamento tradendo, alla fine dei fatti, la delega parlamentare per due principali ordini di ragioni. Non solo perchè l’importo economico di questo nuovo trasferimento monetario è stato fissato in 850 Euro mensili fissi, senza alcuna graduazione dell’erogazione economica e con una integrazione, una tantum, dell’indennità di accompagnamento ma soprattutto perché la sua concessione è stata circoscritta ad un ridottissimo numero di persone anziane avendo, in un primo momento, il Governo previsto precisi vincoli anagrafici ed economici: su domanda dell’interessato possono, infatti, accedere a questo benefit i soli anziani over-80enni, già titolari dell’indennità di accompagnamento, in possesso di un indicatore economico equivalente per le prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria (ISEE) non superiore a 6 mila Euro/anno e che si trovano in un livello di bisogno assistenziale gravissimo. Requisito, quest’ultimo, che il decreto legislativo n. 29/2024 non aveva riempito di contenuti rinviando la sua definizione ad una Commissione tecnico-scientifica nominata dal Ministro competente, con la sola precisazione che ciò sarebbe dovuto avvenire tenuto conto di quanto stabilito dall’art. 3 del decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali del settembre 2016.

Le poche speranze residue si sono però dissolte a cavallo dell’anno nuovo alla luce dei contenuti del Messaggio n. 4490 del 30 dicembre 2024 del Direttore generale dell’INPS, a chiusura del cerchio del lavoro completato dalla Commissione tecnico-scientifica le cui conclusioni sono state tradotte nel decreto 19 dicembre 2024 approvato dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. L’All. 1, parte integrante e sostanziale di questo decreto, riporta i criteri-soglia che regolano la porta d’accesso a questo nuovo trasferimento monetario riferiti sia alla compromissione della salute della persona anziana non autosufficiente sia alle sue problematiche sociali.

Relativamente alla prima componente ciò che è di tutta evidenza è l’immobilismo di fondo in cui ha deciso di muoversi la Commissione tecnico-scientifica che altro non ha fatto se non confermare le infermità e le situazioni patologiche che, ai sensi e per gli effetti di quel decreto ministeriale del 2016, individuerebbero le disabilità di livello gravissimo quando sarebbe stato opportuno da lì partire per poi allargare il raggio d’azione tenuto conto delle caratteristiche clinico-epidemiologiche della popolazione anziana.


Visto e considerato che la gran parte delle situazioni cliniche confermate dalla Commissione, tra cui lesioni spinali da C0 a C5, la gravissima disabilità comportamentale dello spettro autistico, lo sato vegetativo o di minima coscienza e il ritardo mentale grave o profondo, sono di raro riscontro in questa fascia della popolazione visto e considerato che l’infermità più frequente in questa fascia d’età è sicuramente il disturbo della sfera cognitiva che, in Italia, colpisce oltre 1,48 milioni di persone con numeri destinati ad aumentare del 56% entro il 2050, quando le persone affette da una qualche forma di demenza saranno oltre 2.31 milioni. E che potranno accedere alla prestazione universale se (e sole se) il loro funzionamento rientra, sulla scala CDR (Clinical Dementia Rating), in un livello di compromissione ‘molto grave’, cioè in uno stadio uguale o superiore e 4 che precede la sola fase terminale della malattia (stadio 5) . Così escludendo, di fatto, quella folta schiera di persone dementi non istituzionalizzate ma ancora assistite al domicilio le quali, su quella scala internazionale, rientrano nel livello della demenza moderata (CDR 2) e della demenza grave (CDR 3) e che spesso richiedono un carico assistenziale, anche in termini di vigilanza e di supervisione, sicuramente elevato e di carattere continuo.

C’è così da chiedersi, ammesso ma non concesso che il nuovo trasferimento monetario resti davvero un’incentivazione economica finalizzata a garantire la permanenza nel nucleo familiare o nell’ambiente di appartenenza degli anziani over-80enni, per quali ragioni non si sia voluto o potuto considerare la maggior parte delle persone dementi che, inevitabilmente, non potranno accedere a questo nuovo livello di tutela e dovranno continuare ad arrangiarsi attraverso le loro famiglie. A differenza delle persone con una deprivazione sensoriale complessa indicate, nell’All. 1 del Decreto ministeriale approvato a dicembre 2024, in quelle con una minorazione visiva totale o con un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore anche con eventuale correzione o con un residuo perimetrico binoculare inferiore al 10 per cento e in quelle affette da un’ipoacusia pari o superiore a 90 dB di media tra le frequenze 500, 100 e 2000 Hz nell’orecchio migliore, a prescindere dalla sua epoca di insorgenza. Con un ennesimo trattamento di favore a carico di queste disabilità sensoriali che reitera, purtroppo, le disuguaglianze del passato, la manifesta irragionevolezza e il differente trattamento che stride con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.).

Si potrà obiettare che il grande anziano ipoacusico o ipovedente grave può essere sempre affetto da altre patologie ma, pur accettando questa osservazione, resta aperto il problema di fondo: se le persone con una gravissima disabilità sensoriale richiedano un’assistenza personale continua e se il loro stato clinico realizzi la loro dipendenza vitale da terzi. Io non ne sono convinto constatando, purtroppo, che la disabilità è un grande e complesso palcoscenico in cui si muovono classi sociali forti accanto ad altre molto più deboli come confermano gli importi mensili della indennità di accompagnamento: 978,50 euro/mese per i ciechi assoluti e 531,76 euro/mese per gli invalidi civili che beneficiano della indennità di accompagnamento a cui si potranno aggiungere altri 850 euro aggiuntivi utilizzabili per pagare il lavoro di cura e di assistenza fornito dal badantato o da imprese qualificate del settore. Sempre che siano soddisfatti tutta un’altra serie di altri requisiti che compongono la valutazione sociale dalla persona e che, a loro volta, derivano: (a) dalla composizione del nucleo familiare; (b) dalle tipologie dell’assistenza già attivata fornita dalle strutture pubbliche locali; (c) da eventuali altri contributi economici riconosciuti dalle amministrazioni pubbliche locali i quali, tuttavia ed almeno per ora, non sono computati nel calcolo della soglia del bisogno assistenziale gravissimo. Requisiti che vanno autodichiarati dalla persona al momento della presentazione telematica della domanda utilizzando un’apposita modulistica nella quale sono riportati tutta una serie di voci e di punteggi numerici con un valore minimo di 8.

Questo è lo stato dell’arte anche se, più passa il tempo, più ci rende conto del come i buoni propositi del Parlamento siano stati disattesi, elusi per non dire addirittura traditi nella loro pratica attuazione. L’impressione che si avverte è che si sia inizialmente voluto scommettere sul potenziamento del nostro sistema di welfare con l’idea che questo iniziale buon proposito sarebbe stato poi progressivamente smontato per ragioni di finanza pubblica nell’assordante silenzio dei critici e di chi dovrebbe avere a cuore la salute e la dignità dei nostri anziani. Con grandissimo rammarico nutro questa convinzione perché la realtà che ci attende è che al nuovo trasferimento monetario potrà accedere una limitatissima coorte di persone anziane quando era stata prevista, a marzo del 2024, una platea di circa 25 mila nuovi titolari. Questo numero, esageratamente ottimistico, penso sia così destinato a restringersi ulteriormente a causa dei nuovi vincoli sanitari e sociali previsti dalla Commissione tecnico-scientifica nominata dal Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e fatti propri dal Ministro competente. Non so se chiamare il tutto una colpevole beffa o un vile inganno …

Fabio Cembrani,
Medico-legale, Professore a contratto Università di Verona



07 gennaio 2025
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