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Esiste una Sanità dipendente delle Regioni, di serie A; e una alle dipendenze dello Stato, di serie B

di Gabriele Norcia

25 NOV - Gentile Direttore,
il 20 novembre scorso è accaduto un fatto di gravità senza precedenti. Dopo aver accolto e ratificato - il 28 ottobre - l’adesione dei Medici delle Funzioni centrali allo sciopero dei medici della Sanità, indetto da Anaao e altre sigle, la Commissione di Garanzia ha emesso un provvedimento di revoca la sera prima dello sciopero medesimo, con centinaia di colleghi già mobilitati e pronti a partire per la manifestazione di Roma.

Al di là delle responsabilità, tecnico-giuridiche ed etiche della vicenda, che ci riserviamo di approfondire nelle sedi opportune, resta scolpito plasticamente un principio aberrante, che non si trova il modo di sovvertire: nel Paese esistono due Sanità: una dipendente delle Regioni, di serie A, l’altra alle dipendenze dello Stato (Medici Inail, Inps, Aifa e Ministero della Salute), di serie B.

Contratti diversi, diritti diversi, collocazione per la prima all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, per la seconda all’esterno, con facoltà di guardare senza toccare, come un bambino fuori dalla vetrina del pasticcere. Il tutto in palese, franca, proterva violazione dell’art. 1 della legge 833/1978. Il paradosso che ne deriva è abominevole: un Paese la cui Costituzione dichiara solennemente essere fondato sul lavoro e sul diritto alla salute, si dota di un servizio sanitario pubblico e universale che si occupa di tutti i cittadini tranne che di quelli la cui salute è stata compromessa proprio dal lavoro. Di essi si deve occupare, invece, una Sanità ‘minore’ e minorata, nelle sue funzioni, nei suoi diritti, nel rispetto che riceve dal legislatore e, in ultima analisi, dai cittadini stessi. Una sanità di Paria intoccabili, appartenenti a una casta inferiore con la quale ogni commistione è severamente proibita.

Una vergogna senza fine, che potrà essere cancellata solo quando cesserà questa indecente sperequazione degli inquadramenti contrattuali.

Fino a che punto, Catilina, abuserai della nostra pazienza? Quanto a lungo, ancora, questa tua follia, si prenderà gioco di noi?

Una cosa è certa: la retorica delle pubbliche dichiarazioni sulla tragedia di infortuni e malattie da lavoro, le enfatiche orazioni funebri pronunciate nei Fori in morte di Cesare, continueranno a suonare lugubremente vuote di senso, di sincerità e dignità, finché non produrranno, senza che si perda altro tempo, un reale, definitivo, profondo atto di giustizia, che metta coloro che dei lavoratori si occupano per conto della Repubblica in condizione di fare tranquillamente il proprio lavoro.

Gabriele Norcia
Segretario Nazionale Associazione Medici Inail

25 novembre 2024
© Riproduzione riservata

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