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Le liste d’attesa: una nota dolente che non accenna a guarire

di Fernanda Fraioli

20 NOV -

Gentile direttore,
la delibera 13 novembre 2024 n. 90/2024/G della Sezione Centrale di Controllo sulla Gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti – dall’evocativo titolo di “Riduzione delle liste di attesa relative alle prestazioni sanitarie non erogate nel periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19” – depositata in data di ieri 19 novembre, ripropone in tutta la sua gravità il problema, dolorosamente definito “criticità Covid e post Covid”, delle liste d’attesa in sanità.

L’arco temporale esaminato va dal 2019 al 2023, con qualche riferimento al primo semestre dell’anno in corso, e riferisce degli esiti delle istruttorie condotte riguardo all’indagine titolata “Riduzione delle liste di attesa relative alle prestazioni ambulatoriali, allo screening e di ricovero ospedaliero non erogate nel periodo di emergenza epidemiologia da Covid-19” e a quella, successivamente programmata, dal titolo “Disposizioni in materia di liste di attesa Covid”, aventi l’obiettivo di valutare l’adeguatezza dell’azione amministrativa del Ministero della salute, al fine di verificare l’attuazione delle disposizioni normative che hanno il precipuo scopo di dare continuità all’azione finalizzata al recupero delle liste di attesa per prestazioni non rese a seguito dell’emergenza pandemica.

Dall’analisi delle misure assunte dallo Stato per cercare di ridurre l’incremento delle liste di attesa conseguente all’emergenza pandemica e di quelle messe in campo nel corso del 2024, per cercare di superare le problematiche ordinarie, emerge che il complesso delle risorse stanziate ha raggiunto oltre 2 mld di euro in un arco temporale che va dal 2020 al 2024.

Inutile ricordare, anche se la delibera l’ha fatto, che l’abbattimento dei tempi di attesa per le prestazioni sanitarie è uno degli obiettivi prioritari del SSN e l’erogazione dei servizi entro tempi appropriati, rispetto alla patologia e alle necessità di cura, rappresenta una componente strutturale dei LEA, anche in considerazione dell’aumento della domanda di prestazioni, soprattutto chirurgiche, ulteriormente incrementata nel 2020 in seguito alla prima ondata della pandemia, che ha costretto il SSN a dedicare la maggior parte delle risorse per garantire l’assistenza ai pazienti affetti da COVID-19 che ha determinato l’esigenza di assumere iniziative tese alla modifica delle modalità organizzative e di offerta di prestazioni sanitarie.

Già prima della crisi pandemica erano in uso strumenti programmatori finalizzati al superamento delle liste d’attesa, basi pensare al Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021, peraltro ancora vigente, e all’istituito e successivamente rinnovato Osservatorio con compiti di monitoraggio da cui, però, emergeva una notevole discrasia temporale in ordine alla disponibilità di dati aggiornati relativi all’inclusione di tutte le agende nei sistemi CUP.

La parziarietà e la disomogeneità delle risposte pervenute, poi, da parte delle Regioni e delle Province autonome, non hanno contribuito a fornire un quadro aggiornato e completo dei dati e dei relativi adempimenti allo specifico fine.

L’assegnazione degli stanziamenti relativi al periodo precedente la pandemia (ovvero 2019, 2020 e 2021) era subordinata alla presentazione di un apposito Piano per il recupero delle liste di attesa e, dalla comunicazione effettuata dal Ministero, si evince che tutte le Regioni e le Province autonome hanno ottemperato formalizzando un piano operativo di recupero.

Purtuttavia, i dati si sono presentati non confrontabili a causa della disomogeneità delle metodologie utilizzate per la stima di ricoveri e prestazioni ambulatoriali perse nell'anno 2020, ma anche a causa del differente metodo di calcolo utilizzato per la quantificazione del recupero.

E tanto ha evidenziato la necessità di un’uniformità tra i diversi livelli di governo che consenta di acquisire i dati necessari alla valutazione delle misure adottate dal legislatore e consenta, al contempo, anche un serio riscontro del corretto utilizzo delle risorse finanziarie dedicate.

Situazione non dissimile con riferimento all’attuazione delle misure assunte durante la crisi emergenziale ove si è, parimenti rilevato che i dati autocertificati dalle Regioni e dalle Province autonome hanno continuato a mostrare discrasie come in passato proprio per l’impossibilità di usare flussi informativi nazionali con sistemi informativi strutturati.

Di assoluta necessità, ma inesistenti.

Da qui, la difficoltà per il Ministero della salute di operare una compiuta e soddisfacente opera di programmazione, conseguente alla preventiva attività di coordinamento e monitoraggio, oltre che alla verifica della capacità di raggiungimento degli obiettivi fissati – sia prima che dopo la pandemia – per la riduzione dei tempi di attesa inerenti alle varie tipologie di prestazioni sanitarie.

Sul piano strettamente gestionale, cioè della gestione finanziario-contabile delle risorse stanziate, è emerso un quadro ancor più desolante, se si può, in quanto molte Regioni hanno inteso l’apertura normativa ad una loro più ampia finalizzazione, a destinare le risorse in via prioritaria al ripianamento dei propri disavanzi sanitari regionali e, solo in via del tutto residuale, all’abbattimento delle liste di attesa.

Tale situazione, lungi dall’essere una ricostruzione postuma, emerge direttamente dalla lettura dei dati consegnati dal Ministero relativi all’utilizzo delle risorse messe a disposizione al 31 dicembre 2023 che evidenziano come, a fronte di una loro notevole disponibilità, soltanto una più che esigua parte è stata destinata a tale nobile scopo.

Il livello delle competenze costituzionalmente assegnate alle autonomie territoriali attualmente vigente, non consente di imputare un tale stato di cose al Ministero perché gli elementi conoscitivi di cui lo stesso dispone per quanto attiene al monitoraggio dei flussi di finanziamento è da questo limitato, nonostante, per quanto attiene al recupero del ritardo delle liste di attesa, la conoscenza del dato relativo all‘effettiva tempestività in relazione alla quale i flussi di finanziamento vengono posti in disponibilità dei soggetti attuatori (Aziende sanitarie ecc.) consentirebbe di sviluppare modelli di coordinamento della relativa politica in grado di efficientare il complessivo processo.

Per questo la Sezione del Controllo nella pronuncia in commento ha ritenuto di scrivere che “sul punto, appare opportuno rammentare la potestà legislativa esclusiva assegnata allo Stato dall’art. 117 della Costituzione che al comma 2, riconduce alla competenza statale la materia del “..coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale” (lettera r) all’interno della quale appaiono pacificamente collocabili le attività di monitoraggio sopra richiamate”.

Il preciso fine è dichiaratamente quello di apportare un elevato sostegno al conseguimento degli obiettivi di riduzione delle liste di attesa e del proficuo utilizzo delle relative risorse, indipendentemente dal fatto che siano stati disposti in occasione dell’adozione di provvedimenti d’urgenza in epoca Covid o che siano stati individuati a seguito delle recenti iniziative legislative adottate per ridurre il fenomeno in oggetto, ad opera della legge di bilancio 2024 e dal recente DL 7 giugno 2024, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2024 n. 107, dall’inconfondibile rubrica di “Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie”.

Conclusivamente, allora, possiamo dire che, senza mezzi termini – non certo per una sorta di sottile perfidia, ma quale esito dell’approfondito esame effettuato che ha fatto emergere la problematica in tutta la sua drammaticità – il massimo organo di controllo contabile ha statuito che “il controllo sull’attuazione delle misure assunte durante l’emergenza pandemica, con oltre 2 miliardi di euro stanziati per la riduzione delle liste d’attesa tra il 2020 e il 2024, ha evidenziato criticità nella metodologia adottata, basata su dati autocertificati da parte di Regioni e Province autonome che appaiono non omogenei, stante il mancato utilizzo di flussi informativi nazionali e di sistemi informativi strutturati, allo stato non disponibili”.

Dalla lettura della delibera, che per constare di ben 180 pagine di dovizie di particolari ne contiene, emergono le difficoltà riscontrate nell’operare le attività di coordinamento e di monitoraggio da parte del Ministero della Salute, sia sotto il preliminare aspetto della programmazione che per quanto concerne la capacità delle autonomie territoriali a comunicare con tempestività il raggiungimento degli obiettivi programmati.

E per ciò, ha imputato le rilevate difficoltà alla parziarietà e disomogeneità dei dati che non hanno consentito una confrontabilità tra di loro per “le diverse metodologie applicate alle stime dei ricoveri e delle prestazioni non erogate, con informazioni che non forniscono sempre quadri aggiornati e completi, dai quali potrebbe emergere un utilizzo regionale delle risorse stanziate maggiormente orientato al ripianamento dei disavanzi sanitari e a un abbattimento solo residuale delle liste di attesa, stante l’ampia finalizzazione prevista dalla normativa vigente che potrebbe indurre le Regioni ad operare in tal senso”.

È, altresì, emersa l’assenza di un meccanismo di acquisizione dei dati capace di consentire la verifica del corretto utilizzo delle risorse finanziarie messe a disposizione con la fiscalità generale mediante la valutazione dell’effettiva applicazione da parte dei soggetti attuatori, quali ad es. le Aziende Sanitarie, delle misure previste in materia.

Tanto, ad avviso dei magistrati contabili, anche perché non risultano riscontri sull’operatività delle sanzioni previste per sollecitare le capacità di risposta delle autonomie territoriali alle richieste avanzate, a tali fini, dal Ministero per il monitoraggio sull’abbattimento effettivo delle liste di attesa.

Le problematiche rilevate dal Ministero come determinate dall’utilizzo di una metodologia di raccolta dati basata sull’autocertificazione degli stessi – assolutamente insufficiente, ma al contempo irrinunciabile, per l’inesistenza di sistemi informativi strutturati per la rilevazione delle informazioni – hanno giocato un ruolo anche sul fronte dell’attuazione delle misure assunte in epoca Covid e sull’utilizzo delle relative risorse.

Per questo la Sezione ha auspicato un miglioramento dell’apparato informativo per il monitoraggio in tale campo, anche in considerazione delle sostanziose risorse che sono state recentemente stanziate per la riduzione del fenomeno.

Fernanda Fraioli

Presidente di Sezione della Corte dei Conti
Procuratore regionale per il Piemonte



20 novembre 2024
© Riproduzione riservata

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