Gentile direttore,
più di un’indagine ha confermato che “in un contesto di educazione sessuale e affettiva assente, frammentaria, approssimativa e geograficamente disomogenea, l’89% dei maschi e l’84% delle giovani donne si informa su Internet, meno della metà si rivolge agli amici, 1 su 4 ai familiari. I giovani chiedono al 94% che sia la scuola a fornire informazioni, il 61% già dalle medie o prima”. Oggi, anche dopo i recenti drammatici femmicidi è il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara a proporre l’educazione affettiva nelle scuole.
Personalmente sono favorevole all’inserimento di ore scolastiche in tal senso, canonicamente la mattina come facoltative il pomeriggio; del resto, dall’indagine sopraddetta risultavano interessati gli stessi studenti. Se la letteratura, la poesia e l’arte già svolgono una funzione imprescindibile nella formazione di quel bagaglio di esperienze passate nel quale la/lo studentessa/studente può trovare stimoli costituendosi il proprio è altrettanto vero che la presenza di uno psicologo non per forza psicoterapeuta e di una/o sessuologa/o che siano a contatto con i giovani possono fornire loro quelle emotional skills che risultano imprescindibili nella società odierna, del XXI secolo e dell’era post-pandemica. Questo in particolare per la presenza della Rete che mette chi è nell’età evolutiva e nella prima adolescenza nella posizione di fruitore di materiale, informazioni e possibilità di contatto che de-personalizzano il rapporto “reale” fungendo da “supporto” che a volte rischia di compromettere in maniera irreversibile le relazioni inter-personali.
Se la Pandemia da Covid-19, la Guerra in Ucraina e l’ecoansia dettata dal cambiamento climatico hanno messo i giovani di fronte a difficoltà psicologiche che mai si erano viste dal Secondo conflitto mondiale e la risposta non è potuta essere che Bonus psicologico (https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=118523) e nell’inserimento degli Psicologi nelle scuole (https://www.quotidianosanita.it/lazio/articolo.php?articolo_id=115096), per il quale recentemente si è attivata anche il Comune di Roma Capitale, diverso il caso della Violenza di Genere e del Femminicidio che impongono un cambio di paradigma che può e deve passare anche attraverso l’introduzione di ore di educazione affettiva.
Le perplessità però mi sorgono quando vedo come la politica dia una linea oppure un’altra, a seconda del colore del governo in carica. In questo caso vengono sentiti i gruppi pro-life. Mentre invece i primi interlocutori del Ministro Valditara dovrebbero essere gli operatori della salute, a cominciare proprio dagli Psicologi.
È certamente in atto nella società italiana, da molti anni, una sorta di “guerra civile strisciante” con vittime sia tra le donne che tra gli operatori della salute, come si è visto di recente sia con la guardia medica di Reggio Calabria come nel femminicidio di Giulia Cecchettin. Quest’ultimo caso, 105esimo del 2023 si è prestato meglio di altri alla narrazione giornalistica così da entrare nel vissuto nazionale italiano portando in qualche misura a un nuovo livello della consapevolezza degli italiani nei confronti della Violenza contro le Donne. Recenti gli interventi sul tema del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di Papa Francesco.
Bisogna però ragionare a freddo e, ripeto, con gli operatori della salute, della psiche e della scienza prima che con associazioni più o meno prossime al governo di turno. Sono cambiamenti sociali di lungo corso sui quali da decenni ormai si dibatte – e si agisce - e dove sono le studentesse e gli studenti per primi a vedere nel mondo della sanità e negli psicologi degli interlocutori affidabili. Siano pertanto i primi ad essere ascoltati, da loro si parta e passando per loro si decida dove e come intervenire.
Lorenzo Proia