Gentile direttore,
con l’avvicinarsi della legge di bilancio è ripresa la discussione sulle difficoltà, anzi sulla sopravvivenza. del servizio sanitario nazionale. Sono apparse, anche su QS, proposte assai dettagliate e tutte volte a individuare i principali problemi e a proporre soluzioni: a esporre quel che “dovremmo” fare per salvare il SSN da una crisi più che annunciata.
Al di là di qualche uscita del Ministro o del Sottosegretario, il Governo e la maggioranza tacciono, mentre abbiamo letto le proposte delle opposizioni politiche e altre formulate da esperti o da professionisti singoli o da associazioni professionali. Insomma, le idee non mancano.
Credo però che, nell’attuale situazione politica, sia più produttivo concentrarsi non su quel che “dobbiamo” bensì su quel “possiamo” fare: su quel che è possibile piuttosto che su quel che sarebbe doveroso o opportuno. Potremmo unire le forze di tutti coloro che credono nel servizio sanitario, tuttora il miglior sistema esistente per tutelare la salute sul piano assistenziale, economico, politico ed etico, con lo scopo almeno di arrestarne il crollo.
Intanto il servizio non finirà per crisi. Nessuna forza politica per quanto maggioritaria avrebbe il coraggio di modificarne la legge istitutiva. Il servizio cederà lentamente per lisi, a coda di topo, mediante la cessione surrettizia di successive porzioni al libero mercato, una privatizzazione strisciante.
Finora il Governo si è tenuto sul vago: nessuna idea coerente su come utilizzare i soldi del PNRR né su cosa fare. Si è solo aumentato il numero degli iscritti a medicina, con ogni probabilità futuri disoccupati.
La Premier afferma sovente che il Governo si orienta verso l’ideologia conservatrice, anche in vista di futuri equilibri europei. Ciò porta fatalmente a lasciare spazio al libero mercato anche nei grandi sistemi sociali come la sanità. Porta all’affidamento, chiavi in mano, di parti del servizio a privati, il che dovrebbe rappresentare, in quest’ordine di idee, la soluzione delle difficoltà economiche delle Regioni.
È inutile rivangare il passato per criticare ciò che poteva esser fatto e non è stato fatto. Siamo entrati in una dimensione politica diversa, democraticamente scelta e finora confermata dai sondaggi. Comprendo l’atteggiamento quasi attonito di chi era abituato a un diverso confronto politico, in uno spazio linguistico diverso: abbiamo cambiato schema di gioco e dobbiamo prenderne atto.
In questo guazzabuglio ideologico che è la politica oggi, le idee liberiste si sposano con il pensiero conservatore ma anche con sprazzi di malinteso corporativismo. Un quadro complesso che lascia spazio a iniziative che partano dal basso, quali potrebbero ancora esser prese dalle professioni sanitarie insieme alle forze politiche e sindacali che credano nella necessità di proteggere la gente dai costi altissimi della sanità nell’attuale sistema economico.
I problemi sono molti e tutti gravi ma alcuni sono facilmente percepibili da chiunque, come il finanziamento del servizio, che dovrebbe salire almeno al 9.5/10% come propongono la Toscana e l’Emilia, reperendo i fondi nella lotta all’evasione, se qualcuno la vuole davvero. Oppure la questione del personale, numericamente carente e sottopagato, il che non è un problema soltanto economico ma di coinvolgimento dei professionisti della sanità nella gestione del servizio.
Occorre cercare alleanze di scopo e farlo subito. Quando l’immaginario collettivo conta più dei fatti, la possibilità che hanno medici e infermieri di influenzare la gente spiegando i drammi cui possono andare incontro con la crisi del servizio sanitario potrebbe essere sfruttata per avere quelle risposte sulle quali finora il Governo non ha dato segni se non di confusione.