Carenza medici specialisti, ripartiamo dalle proposte della Stato-Regioni
di Manuel Tanda
12 GIU -
Gentile Direttore,come ormai è noto, il diritto alla salute sancito dalla Costituzione sta rapidamente venendo meno, sia per quanto riguarda l’assistenza territoriale che per quella ospedaliera. Recente è l’appello rivolto dalla Fossc (Forum delle Società Scientifiche dei clinici ospedalieri ed universitari) al Governo per salvare gli ospedali sulla scorta di dati allarmanti (carenza di 30mila medici, 70mila infermieri, 100mila posti letto).
La soluzione al problema della carenza di medici era stata prospettata già nel 2018 e nel 2019, dalla Conferenza Regioni e Province autonome; risultava profetica rispetto al disastro attuale e riguardava la revisione o la deroga per 3-4 anni dell’articolo 15 della legge 502 del 1992 (in pratica l’accesso al SSN da allora viene consentito solo ai medici specializzati).
La proposta sottostante è per gran parte una sintesi rispetto a quella presentata dalla commissione salute della Conferenza Stato Regioni e province autonome in data 12.07.2018 e in data 26.09.2019.
• adozione di una disposizione legislativa (e previsione contrattuale) per consentire l’accesso alle specializzazioni a tutti i neolaureati, consentendo contemporaneamente l’accesso al SSN;
• l’accesso al SSN andrà consentito anche ai medici privi di diploma di specializzazione, garantendo agli stessi la possibilità di conseguire un titolo di specializzazione, modificando in tal senso l’art.15 del D.Lgs. n.502/1992;
• tale disposizione dovrebbe valere per il prossimo triennio (rinnovabile), in attesa che l’incremento del numero dei laureati e di quello degli specializzandi, sia sufficiente a coprire il fabbisogno delle reti assistenziali;
• l'inserimento in una struttura sanitaria avverrà con la stipula di contratti a tempo determinato di “specializzazione e lavoro”, alternativo al percorso attuale di specializzazione;
• i medici assunti accederanno in soprannumero, per esigenze del SSR, ad una scuola di specializzazione sulla base di protocolli d’intesa tra Regione ed Università che disciplineranno il numero di accessi e le modalità di frequenza al corso;
• dovrà in particolare essere previsto lo svolgimento presso l’Università della parte teorica e presso l’Azienda di appartenenza, della parte pratica e di tirocinio, garantendo a quest’ultima almeno il 70% del complessivo impegno dello specializzando;
• il grado di autonomia dello specializzando nella presa in carico del paziente avverrà dopo un tempo variabile, a giudizio del direttore dell’unità operativa e del referente universitario;
• al riguardo sarà opportuno un provvedimento legislativo che consenta la presa in carico del paziente agli specializzandi, in termini di responsabilità professionale.
Gli oppositori a questa soluzione sostengono problematiche di rischio clinico dal momento che i medici neoassunti non avrebbero ancora conseguito la specializzazione. Invece si evidenzia che i medici neolaureati avrebbero un addestramento specifico in un’unità operativa e potrebbero nel caso del Pronto Soccorso, una volta ritenuti idonei dal Direttore dell’U.O. e dal Referente Universitario, gestire i codici gialli e rossi (“non consentita ai medici in affitto”)
Si fa notare, a proposito del rischio clinico, che attualmente, in assenza di provvedimenti efficaci, si registra un incremento della mortalità per mancata o ritardata assistenza (pari a circa 200 unità al mese, in Sardegna).
Si evidenzia, il risparmio per le casse universitarie, dal momento che i neolaureati verrebbero pagati dalle aziende sanitarie e il notevole vantaggio di inserire potenzialmente nel sistema sanitario nazionale circa 10000 medici per anno.
La pletora medica degli anni 90, con l’art. 15 della 502, ha fatto si che la laurea in medicina durasse non sei anni, ma dieci-undici, dato che senza il conseguimento della specializzazione non è possibile accedere alle strutture del SSN, così che gli specializzandi risultano considerati studenti e non medici, come invece accade nelle altre nazioni europee, dove possono accedere alle strutture assistenziali.
La criticità della carenza dei medici è un’emergenza di gravità pari a quella della pandemia, e richiede provvedimenti normativi eccezionali, perché in gioco è la sopravvivenza del sistema sanitario nazionale e la salute di tutti, soprattutto di quelli che non si possono permettere di pagare le strutture o le assicurazioni private (che si guardano bene dall’assicurare gli anziani o le persone già malate).
Non si capisce pertanto perché non vengano presi in considerazione i provvedimenti esposti, riguardanti neolaureati e specializzandi, che sono gli unici in grado di far invertire la rotta in linea di collisione del sistema sanitario; si insiste invece con misure tampone che avendo carattere di temporaneità, risultano spesso più dannose che efficaci.
Su tale tematica si rappresenta la necessità di decisioni immediate anche attraverso atti normativi, i cui interlocutori sono il ministero della Salute e
dell’Università.
Dottor Manuel TandaResponsabile della Cisl Medici di NuoroSpecialista in Medicina InternaEx direttore in quiescenza UOC di Medicina Interna del P.O di Sorgono (NU)
12 giugno 2023
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