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Per gli autori di reato serve un approccio “democratico”

di Federico Durbano

12 GIU -

Gentile Direttore,
mi permetto di intervenire con qualche commento sulla lettera del collega Pellegrini in merito ai "Nuovi riferimenti per gli autori di reato".

Premettendo che sono totalmente d'accordo su quanto il collega riporta, ricordando però che in Parlamento esiste una analoga proposta di dl da parte di un esponente di partito opposto a quello di Magi e che quindi sarebbe opportuno che le due proposte possano confluire in un progetto trasversale unitario che renderebbe ragione di un approccio veramente “democratico” dei nostri rappresentanti eletti, salvaguardando il contenuto se non le premesse della proposta innovativa, devo fare alcune osservazioni legate alla mia pratica forense.

Il corretto percorso attuativo di una legge di riforma così importante presenta alcune criticità che devono essere risolte: soprattutto che la visione olistica del soggetto e del suo percorso retributivo e riabilitativo deve essere condivisa da tutti gli attori, il che comporta quanto meno un importante impegno sia da parte del Ministero di Giustizia (revisione significativa dell’impianto normativo e adeguata formazione dei Magistrati che lo dovranno poi applicare, revisione delle funzioni del DAP e dell'organizzazione sanitaria carceraria), sia da parte del Ministero degli Interni (revisione di importanti aspetti legati alla sicurezza sociale, alla prevenzione dei reati, all'applicazione di misure di intervento delle varie forze di Polizia), sia da parte del Ministero della Salute (revisione di tutto l'impianto organizzativo della sanità penitenziaria, delle REMS, dei percorsi alternativi, della normative che possano equiparare i percorsi dedicati agli autori di reato con tossicodipendenza a quelli con malattia mentale), sia da parte del Ministero di Economia e Finanze (garanzia di copertura finanziaria per le necessarie acquisizioni di personale, investimenti strutturali eccetera).

Insomma, la posizione scientifica degli psichiatri, che nelle sue componenti più evolute sostiene giustamente la presenza di una quota di responsabilità in ciascun autore di reato ma altrettanto giustamente chiede rassicurazioni sui perimetri operativi (ruoli, compiti, responsabilità), deve essere solo la prima leva di un movimento che incardina numerosi ingranaggi, non sempre coerenti e non sempre allineati tra loro (sia in senso temporale sia in senso culturale: basti pensare ai tempi della cura e ai tempi della giustizia, assolutamente disallineati; oppure alla nozione di malattia in senso medico rispetto alla nozione di infermità in senso giuridico). Non ultimo il sentire comune della popolazione civile che con queste realtà convive e di cui spesso tutti noi ci dimentichiamo, sposando posizioni ideologicamente di elevato livello ma per le quali la gente comune non è ancora culturalmente ed emotivamente pronta.

Un altro elemento che emerge dalla proposta di legge è la netta perimetrazione delle diagnosi che possono accedere ai requisiti di non imputabilità, di fatto però con il pericolo di una nuova stigmatizzazione legata alla appartenenza ad una categoria diagnostica, contro cui invece abbiamo combattuto per decenni. Sarebbe anche un elemento che di fatto annulla la posizione soggettiva del reo, negando quindi valore criminologico alla perizia psichiatrica: basta incasellare il soggetto ed in automatico questo è capace o incapace. Invece una più raffinata ed adeguata lettura del suo comportamento (diagnosi funzionale) sarebbe lo strumento più opportuno. Ma anche in questo caso bisognerebbe "lavorare" sui clinici, spesso prodighi di diagnosi di "disturbo di personalità" che magari hanno un loro significato funzionale nel contesto dei percorsi clinici (anche se discutibile in ogni caso) ma che in un contesto giuridico hanno un potenziale detonante ben diverso. E questo è compito delle società scientifiche (sempre che i soci abbiano una capacità di penetranza e rappresentatività nella comunità medica sufficiente).

Infine, anche se non ultimo, è l'aspetto massmediologico. La modalità con cui le notizie dei fatti criminosi vengono utilizzate ha un impatto notevole sul mondo emotivo del cittadino comune (vedi sopra) che non percepisce tutte le raffinate disquisizioni giuridico-scientifiche che si stanno sviluppando. Percepisce solo paura, paura dell'imprevedibile (in quanto gesto di un folle), sviluppa senso di insicurezza e quindi alimenta i sentimenti di stigmatizzazione. Se non si modifca questa posizione, che privilegia il sensazionalismo sulla realtà dei fatti, non si riuscirà ad implementare un vero percorso di innovazione perché la paura lo bloccherebbe.

Quindi la abrogazione degli articoli 88 (la vedo difficile) e dell'articolo 89 (che vedo molto più facile e veloce) non è così tranquilla e scevra di complicazioni.

Molte altre sarebbero le considerazioni da fare: previsione degli esiti di una scelta così importante, adeguati investimenti sulle strutture, adeguati investimenti sul personale, revisione dei percorsi organizzativi dei servizi (non solo quelli sanitari), riforma complessiva dei vari codici e regolamenti, ma questo è stato tema di precedenti interventi e sarà sicuramente tema di successive riflessioni.

Dott. Federico Durbano

Direttore S.C. Psichiatria Martesana UOP 34
Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze
Azienda Socio-Sanitaria Territoriale Melegnano e della Martesana



12 giugno 2023
© Riproduzione riservata

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