Gentile Direttore,
che la sanità pubblica sia un fondamentale ammortizzatore sociale lo ricordava esattamente l’ANAAO dieci anni fa quando affermava che era sua intenzione “salvare il Servizio sanitario nazionale per farci carico della difesa di un sistema pubblico e nazionale, della sua funzione di coesione sociale e di garante della esigibilità del diritto alla salute, che è uno e indivisibile, e non può essere declinato in base al Codice di avviamento postale.”
Da allora le cose non sono migliorate, ma in qualche modo il nostro sistema salute fino all’inizio della pandemia ha tenuto. Credo che siano da esaminare con attenzione i dati (al tempo confortanti) delle due Figure tratte da Health at a glance 2021.
La prima riporta un grafico in cui viene disegnata l’attesa di vita alla nascita (dati 2019) totale e per sesso nei vari Paesi. L’Italia è ai primissimi posti.
Figura 1 - Attesa di vita alla nascita nei Paesi OECD (dati 2019 o dell’anno più vicino)
La Figura 2 riporta invece la differenza nell’attesa di vita a 30 anni nei due sessi tra il livello di istruzione più alto e più basso. L’Italia è il paese che nel quadriennio 2016-2019 ha avuto la differenza più bassa. Questi sono gli effetti - finchè dura - di avere un Servizio Sanitario Nazionale, per quanto traballante da troppi anni.
Figura 2 - Differenziale nella attesa di vita a 30 anni tra uomini e donne nei paesi OECD (quadriennio 2016-2019 nel caso dell’Italia e della maggioranza dei Paesi)
Adesso la scelta del Ministro della Salute va vista alla luce di questa situazione di crisi post-pandemia (se di post si può parlare) i cui sintomi principali sono (ma non sono i soli) la crisi dei Servizi di Pronto Soccorso, l’allungarsi dei tempi di attesa e la fuga dei professionisti del privato.
Pochi giorni fa qui su QS il Collega Panti ragionava, come sempre in modo stimolante, sul possibile nuovo Ministro della Salute ricordando che “molti che hanno a cuore il Servizio Sanitario (forse indipendentemente da come han votato) si augurano che il Ministro della Salute appartenga alla cosiddetta destra sociale, insomma sia meloniano, per evitare il pericolosissimo regionalismo leghista o la tendenza alla privatizzazione prevalente in Forza Italia. Un’analisi che appare corretta nella misura in cui la visione statalista e antiliberista del socialismo legato al sovranismo può comunque condurre a esiti utili a garantire la sopravvivenza del sistema salute così come lo aveva disegnato la 833.”
Affermazione intelligente e condivisibile che però si deve confrontare - a mio parere - col fatto che dove già sta governando (le Marche), la destra sociale meloniana in tema di sanità si è dimostrata fortemente inadeguata, come ho già avuto modo di ricordare.
Nella sua analisi poi il collega Panti non ha tenuto presente che oltre che provenire dalla tre destre (sociale, sovranista e “più privato che si può”) il nuovo Ministro potrebbe essere un tecnico “covidologo” e cioè un tecnico emerso o riemerso agli onori della cronaca durante la pandemia.
Altra opzione rischiosa perché il tipo di emergenza che il Servizio Sanitario Nazionale deve affrontare va molto al di là del Covid e richiede un approccio che sia capace di farsi carico di una crisi complessiva in cui si intrecciano i temi più diversi da quelli relativi alla politica del personale a quelli relativi alla (ri)programmazione delle reti territoriali e ospedaliere.
Il salvataggio (chè di questo si tratta) del Servizio Sanitario Nazionale richiede una alleanza senza precedenti tra politica, cittadini, forze sociale e operatori. In sostanza, è meglio avere un Ministro della Salute che non sia espressione dei riti più prevedibili e scontati della politica.
La perdita del Servizio Sanitario Nazionale, uno dei più grandi ammortizzatori sociali che abbiamo, merita coraggio e fantasia nella scelta del nuovo Ministro.
Claudio Maria Maffei