Gentile Direttore,
ha ragione il responsabile della sanità di FdI a criticare lo standard di 1 Casa della Comunità (CdC) ogni 45-50mila abitanti; soluzione adatta alle aree urbane ad elevata densità ma non certo per i piccoli comuni delle zone rurali o della montagna, dove la MG continuerà ad essere un punto di riferimento per gli assistiti ivi residenti. Se si vuole realizzare concretamente una sanità di prossimità, adatta ai bisogni della popolazione, ai contesti geodemografici, orografici e alle risorse professionali disponibili conviene adottare una strategia incrementale a partire dall'esistente, più che una soluzione rigida, con un unico modulo calato top down su territori diversi per storia, risorse, contesti socioeconomici e culturali.
Strutture distribuite a pioggia in base a standard ragionieristici potrebbero rivelarsi le classiche cattedrali nel deserto sganciate dall’organizzazione territoriale esistente. I cittadini residenti in piccoli comuni disagiati o frazionati in vaste aree distante dalla Casa, dove risiede il 40% della popolazione, non potrebbero di fatto fruire dei servizi sociosanitari.
Inoltre ben difficilmente i MMG accetterebbero di lasciare i propri studi diffusi capillarmente, per confluire in una sorta di neo poliambulatori INAM. Con il rischio di costruire mega-strutture non di prossimità ma di distanza, di impianto burocratico, di difficile integrazione con la rete della MG e alle prese con problemi gestionali per carenza di figure professionali necessarie al pieno funzionamento, che mette a rischio il Pnrr come paventato dai Governatori regionali.
Ogni Missione deve rispettare il cronoprogramma concordato, con scadenze intermedie e finali, ovvero obiettivi trimestrali (milestone) e traguardi (target), mentre le istituzioni europee effettuano una verifica sulla progressione dei lavori 2 volte all’anno. Fino ad ora sono stati sottoscritti i contratti istituzionali di sviluppo per la realizzazione delle strutture e i finanziamenti comunitari vengono erogati in base al rispetto degli step attuativi predefiniti. Dopo la tranche di aprile (24,3 miliardi) e di agosto di (24,9 miliardi) giusto il 27 settembre la Commissione ha approvato la valutazione preliminare per il versamento di ulteriori 21 miliardi nei prossimi mesi.
Insomma non sarà facile convincere la UE a rivedere di sana pianta la Missione 6A; l'aereo è decollato dopo aver superato il punto di non ritorno e per deviarlo su una rotta alternativa si rischia di rallentare se non di bloccare il viaggio. Ma ne vale davvero la pena, in una fase politica ed economica epocale a dir poco turbolenta?
Dott. Giuseppe Belleri
Ex MMG - Brescia