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Non sappiamo più cosa vuol dire “prevenzione”

di Pietro Cavalli

09 SET -

Gentile Direttore,
per le persone normali una parola definisce un concetto. Senza addentrarci nella querelle lacaniana sul rapporto tra “significante e significato” e restando con i piedi saldamente per terra, di solito quando si parla del “cane” si intenda il miglior amico dell’uomo, un animale che abbaia e guaisce, ti lecca dappertutto, perde il pelo ma non il vizio di mordere chi gli sta antipatico.

Se invece ci si riferisce ad un quadrupede domestico che miagola, fa le fusa, perde il pelo ma non il vizio di graffiare, probabilmente tutti comprendono che si sta sottintendendo il termine “gatto”. E così via. Certo, con il tempo anche alcune parole possono modificare il loro significato, ma in genere questo si verifica in tempi lunghi e non dall’oggi al domani.

E’ bastato invece un attimo di distrazione per accorgersi che la parola “prevenzione” in ambito sanitario sembra aver cessato di assumere il significato di “intervento atto ad evitare o ridurre, a monte, una particolare malattia/condizione” per diventare tutt’altra cosa. Che poi esistano differenti forme di prevenzione, da quella primaria, sopra descritta, a quella secondaria (es. screening), a quella terziaria (controllo complicanze/recidive), nessuno si immaginava che oggi con il termine ”prevenzione” si intendesse invece una puntigliosa registrazione degli eventi patologici ormai già avvenuti.

Magari una persona normale si immagina che la prevenzione delle malattie virali trasmesse dalle zanzare debba consistere nella lotta a quell’inutile insetto, sia nella forma adulta che larvale. Niente di più sbagliato. In alcune realtà viene in aiuto la semiotica di Umberto Eco, laddove il termine “prevenzione” assume un altro significato e non previene ormai un bel nulla, limitandosi ad una precisa contabilizzazione degli eventi.   

Ad esempio il giorno 7 settembre 2022, l’UO Prevenzione Malattie Infettive dell’ATS della mia zona comunica soddisfatta che nel territorio di pertinenza ci sono stati 12 casi di infezione da west Nile virus e due morti, una accertata e una sospetta. Come si diceva prima, una contabilità puntuale e precisa, ma cosa c’entra la contabilità con la prevenzione?

Una persona semplice e dall’intelligenza modesta come chi scrive magari pensa che, siccome la lotta alle zanzare è stata uno degli strumenti che hanno contribuito a debellare la malaria e che le zanzare non risultano nell’elenco delle specie protette, l’impiego di larvicidi e adulticidi possa venire utilizzato per la prevenzione delle malattie trasmesse da quelle fastidiose creature.

Però forse una persona semplice e dall’intelligenza modesta non è in grado di afferrare la complessità di pensiero di coloro che hanno il compito di gestire la sanità pubblica, magari un pò confusi dalla semantica e dove  i termini “promozione” della salute e “prevenzione” sembrano ormai utilizzati come sinonimi.  E’ pur vero che tutti siamo convinti che la salute vada sempre promossa e mai bocciata, ci mancherebbe altro, però sarebbe anche utile verificare che fine abbiano fatto le forme tradizionali di “prevenzione”.

Sempre nella mia zona e solo a seguito della notizia di una persona deceduta per infezione da virus del Nilo occidentale  è stata organizzata una distribuzione pubblica di prodotto larvicida nel Comune ove si è verificato il decesso. Però siamo ormai a settembre e, se arrivano giornate più rigide , anche le zanzare sono destinate a ridursi e scomparire.

Come si dice, sempre dalle mie parti, non è bello chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Resta quindi da comprendere se effettivamente il termine “prevenzione”  conservi ancora il significato di un intervento da attuare per “prevenire” una condizione sfavorevole, ossia da mettere in opera prima che si verifichi quell’evento.  Se così non fosse, dovremmo allora parlare di una “prevenzione a posteriori” e quindi affidarci ad una sanità pubblica basta sull’ossimoro. Che Dio ce la mandi buona. 

Pietro Cavalli

Medico



09 settembre 2022
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